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Questo blog è nato come se fosse un'isola felice dove sperimentare una scrittura personale e condividere le mie passioni con qualsiasi internauta interessato alla bellezza. La sua dinamo propulsiva è la passione e l'amore per l'Arte. Ho realizzato uno spazio libero e autogestito, impostando tale contenitore come se fosse un potenziale Magazine cartaceo di approfondimenti culturali e artistici. Global Artistic Fusion è una sintesi della mia ricerca popolare e culturale: un mondo che vi offro nel My Ideal Blog 2.0

domenica 24 marzo 2019

La Stanza della Musica. La rubrica di approfondimento e recensioni musicali di My Ideal Blog : Enten Eller - Minotaurus ( Music Studio / autoproduzione 2018)




La Stanza della Musica è una rubrica relativamente nuova all' interno di My Ideal Blog, l' intento che mi sono prefisso è quello di raccontare un ascolto musicale per ogni mese dell' anno, cercando di " fermare " con le parole un flusso di suoni del presente, quindi legato alla nostra contemporaneità. Non si tratta assolutamente di recensire uno dei tanti e nuovi prodotti licenziati dall'indistinto oceano 
dell'attuale mercato discografico, infatti non mi sono imposto regole di uscita e pubblicazione dei supporti fonografici, ma più tosto di "pescare", con attenzione e passione nei "mari" del nuovo millennio, viaggiando nel globo terracqueo grazie a tutti quei suoni e quelle musiche ricche di significato e linfa vitale, e humus. Non sto utilizzando l' elemento dell' acqua per casualità, o per licenza poetica nella sua forma e maniera più pacchiana, visto che io con questa rubrica ho la necessità di scrivere di musiche e suoni che siano il più possibile liberi, senza confini e geografie ma con una forte identità, esattamente funzionali per essere parte di una cultura globale. Tutto può essere più chiaro con un esempio concreto e mirato, ascoltando e scrivendo di un disco come Minotaurus degli Enten Eller, che è nato come performance concettuale per uno spettacolo molto originale : un progetto per quattro musicisti e quattro danzatrici, il tutto dal vivo.  

Prima di sviscerare la trama di questo intrigante progetto in una forma esaustiva e chiara, vorrei ritornare all' elemento dell' acqua, e sopratutto spiegare il motivo perché ho scelto di associarlo proprio alla musica del nuovo millennio prendendo come esempio questa storica formazione di Ivrea. Abbiamo già detto che una musica è realmente necessaria qualora sia in grado di raccontare in modo evocativo il nostro attuale presente, per favorire un tema, un contenuto concretamente figlio dei nostri tempi, spesso culturalmente drammatici. In virtù di ciò l' ensemble Enten Eller si è posto di decade in decade come un' isola felice dell' avanguardia italiana, tenendo conto anche della tradizione e sopratutto di secoli e secoli di storia della musica, come anche della filosofia, della letteratura e della cultura, e nell' insieme tutti questi aspetti non fanno da contorno ma al contrario nell' insieme sono un buon collante per un idea di arte e  umanesimo globale del suono, che è un corpo sonoro fluido e fluttuante in trascendenza.
Enten Eller, all'interno del panorama musicale del Jazz italiano sono la formazione che più è stata, e continua ad essere rispettosa della natura afroamericana e politica del genere in questione, in quanto hanno appreso la più grande lezione culturale della nota " Blue" : l' essere parte di una cultura del popolo che sia universale, collettiva e inclusiva, con il sentimento e l' anima ma in continua trasformazione, come se le improvvisazioni e le composizioni fossero un lungo viaggio ma evitando accuratamente di scimmiottare i musicisti fondatori e la "negritudine" in senso deleterio, in sintesi cristallizzandosi in un estetica di superficie e di cliché.  Il collettivo di Ivrea ha attinto molto 
dall'Europa, ma sopratutto da tutti i mari che bagnano l' Italia, e ha sintetizzato il tutto in un suono che è la narrazione contemporanea della memoria storica.


[ - Minotaurus, il disco, la performance, il pensiero e il suono degli Enten Eller - ]

Minotaurus è un lavoro particolare e singolare, tra i più originali e innovativi che sia stato concepito in Italia dagli Enten Eller, ensemble fondato dal batterista Massimo Barbiero, che è l'ideatore e il pensatore, insieme al chitarrista Maurizio Brunod. Questo progetto artistico-musicale nato in quel di Ivrea nella seconda metà degli anni ottanta, che di decade in decade ha spesso mutato pelle con grande coerenza stilistica e umana, da gruppo "aperto" si è stabilizzato a quartetto con l' ingresso di Alberto Mandarini alla tromba e Giovanni Maier al contrabbasso.  Con tale riassetto dell' organico la storia degli Eller è giunta alla consacrazione di un percorso che ha visto fiorire nuove idee e risultati, attraverso molti riconoscimenti di settore, addirittura internazionali, senza nulla tagliere però lustro alle precedenti prove : Streghe, del 1987, Cassandra, del 1989, Antigone e Medea, rispettivamente 1991, 1996, più l' eccellente disco dal vivo che segna tale passaggio di consegna, Train d' Union, del 1998 ; tutti licenziati dalla Splasc(h).
Tale metamorfosi in quartetto non ha affatto escluso l' originale impostazione collaborativa voluta dal maestro e teorico Massimo Barbiero, al contrario ha permesso concretamente di affrontare progetti di largo respiro concettuale : i dittici con il sassofonista americano Tim Berne ( Melquiades, Auto da Fé) i dittici con il sassofonista e flautista argentino Javier Girotto ( Ecuba, Pietas) ma sopratutto il lavoro orchestrale E(X)stinsione, licenziato come Enten Eller Orkestra ( String Orchestra " B. Bruni" di Cuneo), aperto anche ai contributi dei grandi dell' improvvisazione italiana, da Carlos Actis Dato e le sue ance "militanti ", al più colto polistrumentismo di Giancarlo Schiaffini, memore di Luciano Berio, Luigi Nono, Franco Evangelisti e gli improvvisatori radicali europei, infine le narrazioni descrittive dell' arpa di Marcello Carbone, la voce popolare di Laura Conti, la scrittura letteraria di Franco Bergoglio, le immagini e la fotografia di Luca D' Agostino.  E(X)stinsione, doppio cd con corposo libretto è stato ovviamente progettato per una rappresentazione live, sound & vision nel 2012, ed è stato accolto dalle riviste americane come il " The Wall " del Jazz per le tematiche trattate, di cui in maniera indiretta ho scritto io stesso nella lunga introduzione di questo servizio.
Un altro grande momento culturale è lo spettacolo concettuale del " Settimo Sigillo " , progetto per musica danza e fotografia, ispirato al film eponimo di Ingmar Bergmam, con l' inclusione di Achille Succi alle ance, Lauro Rossi al trombone, la coreografia e la danza di Cristina Ruberto e Erika Martino, ma sopratutto della fotografia di Luca d' Agostino, ormai fotografo di fiducia. Chi ha buona memoria nel seguire My Ideal Blog : global artistic fusion 2.0 sa che ho sviscerato il tema di questa opera circa un anno fa, recensendo un dvd in relazione al cinema del regista svedese, ma saprà anche che  gli Enten Eller sono già di casa per via dei dischi Pietas ed Ecuba, perciò è con enorme piacere, da parte mia, ritornare sull' argomento, sperando sempre di avere ancora altre occasioni nell' immediato futuro. 


[ Minotaurus - La performance al Museo Garda, Ivrea, 17-03- 2018 - Open Jazz  Festival - ]


Minotaurus è una vera e propria opera concepita in concomitanza di una performance live audiovisiva all' interno delle sale del prestigioso Museo Garda, in data 17 Marzo del 2018, Ivrea. Minotaurus è un lavoro veramente interessante perché dal punto di vista concettuale ci permette di sviscerare molti spunti di riflessione e di conseguenza di essere vissuto al di fuori della sua rappresentazione live dove si è cercato di rendere contemporaneo, attraverso la performance multimediale, il linguaggio della musica e della danza con il mito di Arianna, Teseo, Minosse e del Minotauro in una narrazione descrittivo - sonora e visuale della metafora del labirinto, vista come una condizione inevitabile della vita che è anche una costante dell' umanità. Un mito forse più attuale di quanto si possa pensare, sopratutto ora che la rivoluzione tecnologica ha assorbito in maniera invasiva ogni campo della comunicazione, dal privato al professionale, "digitalizzando" la nostra esistenza, non ultimo la volontà di pensiero e di potere della scelta.  

Questo ultimo cd degli Enten Eller documenta, sempre per quel che concerna la sua parte audio, la performance integrale, ma forse è il caso di fare un tentativo nel descrivere il lavoro nella sua forma unitaria e complessiva, e quindi provare a raccontare che cosa sia accaduto al Museo Garda, il 17- 03- 2018 nell' ambito del trentottesimo Open Jazz Festival.


L' ensemble suonava questa articolata opera musicale in una stanza, mentre in altre sale del museo si muovevano tre danzatrici, e un danzatore, e ognuno di loro avevano il compito di relazionarsi, senza alcun contatto visivo, ma seguendo il tracciato sonoro dei quattro musicisti, il tutto mentre il pubblico si spostava di stanza in stanza, e da un punto all' altro della prestigiosa struttura prendeva così forma la metafora dell' oscuro labirinto, che in termini di paragone nel nostro contemporaneo coincide sia con un aspetto esistenziale, come anche multimediale.  Ciò che si è realizzato in tempo reale non è che una trasposizione moderna, e attualissima dell' intricato " dedalo " cognitivo, ed il pubblico si è trovato di fronte ad una coinvolgente performance interattiva dove la danza e la musica, in 57 minuti e 4 secondi, hanno riportato nel presente, ma sopratutto in una nuova veste e luce, le gesta di Teseo, il filo di Arianna, e l' uccisione del temibile e oscuro Minotauro.


[ - Minotaurus, il suono vibrante e danzante degli Enten Eller rigorosamente dal vivo - ]


Per quel che riguarda il supporto fonografico ci troviamo di fronte ad un vero e proprio concept album strutturato come se fosse una suite di Jazz creativo e di musica totale, anche se i termini e le etichettare nel descrivere il suono degli Enten Eller restano un tentativo inutile ma sopratutto fuorviante, come lo sarebbe per Igor Stravinsky, Iannis Xenakis, Art Ensemble of Chicago, Henry Cow, Company, Derek Bailey, Giorgio Gaslini, Andrea Centazzo, Keith Tippett, i King Crimson, Frank Zappa, Modern Jazz Quartet, John Cage.   
L' ensemble non è assolutamente derivativo, non pecca di esterofilia e tanto meno di mancanza di idea e di contenuto da sopperire con perizia e tecnica strumentale fredda e fine a se stessa, perché vive di tutto il patrimonio " popolare " dell' antico mestiere del fare e del comporre la musica, un concetto caro sia a Charles Mingus che a Duke Ellington, in maniera sicuramente viscerale e contrastante, ma anche rigorosamente mentale, cosi come lo è stato per Arnold Schoenberg.

Minotaurus è suddiviso in quattro "interludi" e  quattro "temi ", più un classico del repertorio, la storica " Per Emanuela ", perciò è sicuramente errato parlare di musica improvvisata, perché il lavoro si regge molto sulla composizione e vive del tracciato concettuale su cui poi si regge tutta la performance. E' un opera godibilissima anche come ascolto privato da casa con un buon impianto Hi-Fi perché c'è molta " fisicità " e anima, aspetto che si evince nel suono " live " ma sopratutto intercettando ogni singola vibrazione dell' inter-play, una caratteristica che negli Enten Eller ha raggiunto l' apice, e basterebbe ascoltare i precedenti cd : Euclide, Atlantide,Tiresia ( quest' ultimo, per il mio gusto personale è il loro capolavoro.)

Minotaurus è la seconda prova licenziata e venduta sul mercato attraverso l' autogestione,  insieme a Tiresia, rappresenta il nuovo corso di carriera ; tutto il resto della produzione è parte di un catalogo importante; stiamo parlando della Splasc(h), attualmente attiva sul mercato solo attraverso l' utilizzo delle piattaforme digitali, consultabile come ascolto digitalizzato in forma "liquida". Un vero peccato per noi cultori del disco e dell' alta fedeltà.
Io stesso ho acquistato tutta la discografia direttamente dal maestro Massimo Barbiero, che vi ricordo, artefice di tante altre esperienze e situazioni musicali interessanti, in solo, in duo, in trio, come fondatore degli Odwalla, nei Marmaduke, con Daniele di Bonaventura, e tanti altri grandi musicisti.

Il mio intento, più che di entrare nel dettaglio dell' intelaiatura sonora di questo eccellente cd, dove Massimo Barbiero, Maurizio Brunod, Giovanni Maier e Alberto Mandarini si confermano tra i migliori musicisti che l' Italia possa al momento offrire al mondo, resta quello di invitarvi all' approfondimento e alla conoscenza diretta  di tutto il loro percorso artistico, musicale e umano.  A breve sarà finalmente disponibile un supporto cartaceo " Il suono ruvido dell' innocenza", un tomo enciclopedico ed esaustivo scritto da Davide Ielmini, certosino per quel che concerne tutta la filosofia del suono e del pensiero filosofico Enten Eller, mutuato dall'opera " Aut Aut " di Soren Kierkegaard.  Soren è un filosofo danese illuminato di grazia propria, esattamente come Minotaurus e tante altre storie e gesta sonore, oppure se preferite, performance visuali e danzanti : Enten Eller è sopratutto una dimensione completa della musica, che non esclude assolutamente l' arte, la cultura, la politica, la filosofia, la spiritualità, 
l'umanesimo, e l'universalità di ogni disciplina manifestata come atto trascendentale della creatività. 




ODWALLA PERCUSSION
Pubblicato il 8 giu 2018


Minotaurus / Enten Eller - Clip  Progetto per quattro musicisti e quattro danzatori. La performance al Museo Garda, Ivrea, 17-03- 2018 - Open Jazz  Festival.


TESEO
danza:
Tommaso Serratore
chitarre: 
Maurizio Brunod

MINOTAURO

danza: 
Roberta Tirassa
percussioni: 
Massimo Barbiero

MINOSSE

danza: 
Sara Peters
tromba: 
Alberto Mandarini

ARIANNA

danza:
Giulia Ceolin
contrabbasso:
Giovanni Maier

Riprese video: 

Valentina Corrado

Montaggio video:

Valentina Corrado 
Rodolfo Colombara





venerdì 22 marzo 2019

Mataro da Vergato, cetaredo, cantore e pittore digitale, artista e performer multimediale.


[ - Mataro da Vergato, cetaredo, cantore e pittore digitale, artista e performer multimediale - ]

Introduzione al servizio, Mataro da Vergato. • a l t re c o n n e s s i o n i • Radio Città Fujiko ( aka Radiocittà Fujiko)

Mataro da Vergato è un artista di Bologna che ho conosciuto attraverso un interessante contenitore radiofonico impegnato nel promuovere 
l'arte dell'odierno panorama culturale post moderno, sto parlando di • a l t r e c o n n e s s i o n i • in onda in diretta streaming presso le frequenze di Radio Città Fujiko ( a volte Radiocittà Fujiko) nata nel lontano 1976 per merito dei fermenti della sinistra universitaria più libertaria, e per iniziativa di un gruppo di giornalisti bolognesi provenienti dalla redazione di un quotidiano locale, "Il Foglio" diretto da Luigi Pezzadri.   
Questa fascia radiofonica di circa un' ora, ogni lunedì si occupa di raccontare di tante situazioni e realtà artistico culturali che animano Bologna e dintorni, ed è strutturata a conduzioni aperte, come nel caso di " RadioKinodromo ", quando si affianca all' associazione Kinodromo, impegnata nella diffusione del cinema indipendente, i documentari, i cortometraggi e i Low budget.  
In • a l t r e c o n n e s s i o n i • le tematiche trattate vanno dalla musica al teatro, al viaggio, alla moda, fino alle realtà del web, come il mondo dei Social Network e dei Blogger.  

A questo piccolo ma interessante contenitore della radiofonia alternativa e universitaria, che si muove lontano dalle lusinghe commerciali del maistream, io devo un passaggio telefonico in diretta radio che mi ha permesso di parlare di cinema e musica, e letteratura, nel raccontare la figura di un musicista come Gato Barbieri in relazione con la nostra Italia, Bernardo Bertolucci e P.P. Pasolini, e di conseguenza ho avuto la possibilità di promuovere My Ideal Blog : global artistic fusion 2.0, ma sopratutto di sopperire ad alcune mie lacune di formazione con l' acquisizione di un background culturale moderno di cui ignoravo l' esistenza, tra cui l' artista di cui mi sto per occupare. 
Ricambio dunque la cortesia.

  Mataro da Vergato, cetaredo, cantore e pittore digitale, artista e performer multimediale 


  

Ho memoria e interesse per Mataro da Vergato relativamente da poco tempo, più o meno da circa due anni, entrando nel merito sono rimasto indubbiamente colpito per la completezza della sua proposta in quanto musicista, performer e videoperformer, attore di teatro, danzatore, coreografo ma sopratutto per il lavoro da lui svolto come Digital Painter, il cui immaginario rispecchia una tipologia di sensibilità che sento affine, e consiste nel partire dalla tradizione, e quindi dalle proprie radici culturali, per fare un discorso di innovazione fra il sacro e il profano,  trasmutato in una sorte di dissacrante "gnosi " artistico culturale e sincretica.  Nel compiere tale rivoluzione artistica, Mataro è in grado di utilizzare strumenti ancora vergini e di conseguenza inesplorati, come lo sono le nuove tecnologie digitali e lo stesso web, il tutto senza scadere nel sensazionalismo fine a se stesso e nella spersonalizzazione del background, acquisito attraverso lo studio e la pratica. 


In Mataro da Vergato percepisco la cultura greco-latina, cristiana, rinascimentale, illuminista, modernista, grosso modo tutto il DNA tipicamente Mediterraneo della nostra Italia, rivisto però attraverso un neoclassicismo ( Pop) d' avanguardia; volendo definire la sua mano, l' artista ha un approccio sicuramente trasversale, almeno nell' ambito delle arti contemporanee post moderne. 

La proposta di Mataro da Vergato è convincente, è radicata in questo nostro tempo presente, pur nell' attingere a piene mani dal passato.  La pittura digitale che da tempo propone non frana in un eccesso di radicalità neo modernista, ma non si fa nemmeno oscurare dalle briglia del conservatorismo accademico più prossimo al passatismo filo anacronistico ; oggi è raro incontrare un discorso come il suo. 

Nel raccontare questa storia voglio cercare di aprirmi a tutta la pluralità delle arti che l' artista bolognese ha studiato, rinnovato e promosso, che vi ricordo, includono la danza, la musica, il teatro, e la ricerca multimediale. Non solo Digital Painter ma anche cetaredo, ovvero il suonatore della cetra e della lira classica, di cui oltre a essere un professionale conoscitore, è anche un ottimo esecutore; basterebbe seguirlo nelle sue suggestive performance accompagnate dai canti evocativi, che ne rivelano il senso del teatro e della tragedia antica.  



Che dire? Quest'ultimo aspetto andrebbe sondato attraverso una fruizione diretta dello spettacolo live, dove l' elemento antico e popolare incontra il linguaggio della trasposizione moderna, attraverso la scenografia, la fotografia, 
l'assemblaggio delle luci nei teatri, come nelle gallerie d' arte, oppure tramite le installazioni e altre situazioni perfomative eterogenee nel contesto dell' arte contemporanea nazionale e internazionale, 2.0

  Mataro da Vergato, cetaredo, cantore e pittore digitale, artista e performer multimediale 



Stefano Armati si avvia al mondo della creatività artistica, diplomandosi all'Istituto d' Arte e successivamente frequentando l'Accademia delle belle Arti di Bologna, mentre il curioso nome Mataro da Vergato resta un collegamento con le proprie radici familiari, perché gli viene conferito dal nonno paterno, anche per un tributo al paese natio. L'incontro con il mondo  del Computer però avviene dopo aver vissuto un periodo di formazione in quel di New York,  come conseguenza di un fruttifero periodo di performer artistico internazionale; siamo nel 1990, e già il suo nome si è consolidato ma la gavetta richiede ancora un lungo tempo di attesa, e di studio : la rivoluzione digitale è dietro l' angolo. 

Mataro da Vergato inizia ha studiare 
l'interconnessione tra la fotografia e tutte le risorse grafiche offerte dal computer, e  questo periodo è riconosciuto nella biografia come la fase " grafico digitale " ( 1990, 1996) a cui fa seguito la sua concreta evoluzione artistica, la fase della " pittura digitale ", sviluppatasi dal 1996 fino al nuovo millennio, per giungere ad oggi, era e anno corrente 2019.

In un estratto estrapolato dalla pagina Facebook, Mataro da Vergato - Digital Painter , la pittura digitale di Stefano Armati viene riassunta e sintetizzata in maniera più tosta chiara ed esaustiva : 

 " La Pittura Digitale nasce come termine e come definizione dalla poetica artistica e di ricerca svolta dal 1992 da Mataro da Vergato. Tale ricerca ha portato a trovare, attraverso l'uso dei nuovi mezzi tecnologici, quella stessa fascinazione artistica che la pittura classica otteneva attraverso il disegno e/o la tavolozza dei colori. Mataro ha sostituito il gesto romantico del segno grafico, come documentazione della realtà ottenuto con lo scatto fotografico, unendolo all'infinita gamma di colori e di possibilità creative del computer. L'equazione quindi è: la foto sta al disegno come il computer sta alla tavolozza dei colori. Il risultato, che l'artista ne ricava, può ricordare nella forma la pittura classica ma nel contenuto la sua opera è priva di materia fisica perché fatte di pixels e di sequenze numeriche. "


Mataro da Vergato ha continuato anche a svolgere il dipinto su tela, per commissione, nel contempo si è ritagliato degli spazi culturali di prestigio per dei ruoli di insegnamento e workshop sul canto, la danza, la regia, la recitazione ; ha lavorato nel teatro ( Giulietta e Romeo, La fabula di Bacco, Lago dei cigni, L' Iliade di Omero, Amleto ecc ecc) ed è apparso anche in televisione, per la Rai, in " Tutto il mondo è teatro " di Vittorio Gasman, Il Commissario Sarti di V. Questi, ma anche nel film di Alessandro Benvenuti, " I miei più cari amici ".  


Numerose sono le performance a cui Mataro ha preso parte a cavallo della fine degli anni settanta e per tutto il corso degli anni ottanta,  e che poi, complessivamente sono rimaste negli annali della neo avanguardia artistica bolognese : Improvvisations, Ciakra, Callas in Disco ( Bologna 1977/80) Il Sonnambulo Meraviglioso,  Contemporanea, Biennale d' Arte di Bologna, nel 1986, l'Orfeo da Poliziano, Giardini del Guasto, Bologna 1986. 

Tra le tante iniziative va menzionata la proficua collaborazione con la poetessa Patrizia Vacinelli, attraverso una serie di performance portate in scena nei teatri, e nei circuiti alternativi nazionali nel corso della seconda metà degli anni ottanta : Ca + Ca : poema sonoro in due giorni, Teatro dell' Arte di Milano, 1987; Musiké : Danzatori, Teatro Trianon, Roma, 1987; Il Fido Giardiniere, Villa Medici, Pratolino ( Fi), 1987; Piazza Verdi , Bussetto ( Pr) 1988; Poesie Danzate, Piazza Margana, Roma, 1989.



Ritornando nel mondo della pittura digitale ciò che io trovo interessante sottolineare è sicuramente l' aspetto dissacrante che permea tra il sacro e il profano, sia nella sua rappresentazione più trasgressiva che in quella paradossale; una metamorfosi culturale che avviene nel rileggere il classicismo della tradizione in una lente sperimentale di antiaccademia creativa, come nel caso dell' esaltazione di certi significati  "gnostici"  traslati in alcune trasposizioni post moderne delle raffigurazioni del vecchio e del nuovo testamento nella serie " L' altro Adamo " e " L' altra Eva" ma anche le figure di Salomé, il Giovan Battista, la Maddalena, la Madonna e il Cristo. La pittura digitale di questo artista gode di una fascinazione concettuale di indubbia pregnanza erotica, e nel contempo eretico - dissacratoria, come lo è stato il processo di " sacralizzazione " del sesso che è avvenuto a cavallo di due mostre portate in esposizione presso lo Spazio Testoni - Galleria d' Arte Contemporanea di Bologna : " Holy Eros " del 2008 e  " Royal Eros " nel 2018.


“Composto da venticinque opere realizzate con la tecnica della pittura digitale, questo progetto ha richiesto tempi di elaborazione molto lunghi – dal 2008 al 2018 – e il recupero di una meticolosa artigianalità in dialogo con l’innovazione della tecnica. Con Royal Eros Mataro da Vergato prosegue la sua ricerca sul corpo inteso come scultura, come architettura, come Arte. Dopo la sua “sacralizzazione” in Holy Eros, in questa mostra il corpo-performativo, catturato dalla fotografia per rientrare all'interno dello spazio bidimensionale del quadro, è nuovamente utilizzato come elemento costruttivo: un bio-tassello dal naturalismo analitico ad altissima definizione, reiterato per creare motivi geometrici e decorativi, che compongono gioielli preziosi dalla grande forza icastica e di straordinaria qualità…”   Isabella Falbo (dal testo in catalogo Royal Eros)

Tuttavia l' opera di pittore digitale di Mataro da Vergato non si può chiaramente ridurre e circoscrivere in un unico solco monotematico ed espressivo, perché il background dell' artista è molto ricco, ed è palese che io mi stia concentrando sull'aspetto che di più mi ha attratto. Basterebbe un accurata e attenta indagine dell' opera omnia per trovare tantissimi riferimenti e temi di carattere " ludico ", tra cui l' omosessualità e la transessualità, dove è la giocondità dell' erotismo il fulcro del dipinto digitale, ma anche le tante modelle con la cetra e la lira, una visione che nell'insieme va a riassumere tutto il percorso dell' artista : la performance, la poesia, il teatro, la danza, la musica, la fotografia, la pittura su tela. 

Mataro da Vergato ha esposto le sue opere in ambiti e contesti nazionali e internazionali; possiamo menzionare la Biennale Internazionale d' Arte di Venezia, nel 2011, e il Leslie Lohman Museum di New York, dl 2012. 


Non si contano le prestigiose collaborazioni

conseguite con successo  in ogni ambito artistico, di alcune ne ho già fatto menzione,  e visto che lo spazio che ho a disposizione è per sua natura riduttivo, non mi è possibile un ulteriore approfondimento certosino e completo, mi limito dunque a menzionare il lavoro condiviso con alcuni artisti, o curatori  d' arte, tra i quali Enrico Baji, Luigi Ontani, Nino Migliori, Peter Weiermair, Vittorio Sgarbi e Philippe Daverio


My Ideal Blog : global artistic fusion 2.0, attraverso la mia scrittura, si è limitata a raccontare solo una parte di questa storia, soffermandosi su di alcune suggestioni, più tosto che su di altre, aiutandosi anche con i siti ufficiali del maestro Mataro da Vergato, e della galleria d' arte contemporanea Spazio Testoni di Bologna.  

Questo special nasce per il neofita, ed è stato scritto e pensato esattamente da un neofita con il piacevole " vizio " della curiosità. L' approccio che mi sono posto verso l' arte del maestro è di massima umiltà. Il mio intento è stato di rendere condivisibile ai più una piccola parte di un indagine privata. Indagare la bellezza, condividendola con gli animi più sensibili e ricettivi nei confronti dell' arte, e della cultura.

Il mio consiglio è di approfondire in presa diretta, cercando di vivere di prima persona l' affascinante e meraviglioso mondo dell' arte del maestro Mataro da Vergato.

 ( Patrizio De Santis













Mataro da Vergato - Digital Painter


MATARO da VERGATO  - Digital Painter

[ FLORA by Mataro da Vergato - Digital paint on wood - 90 x 120 - 2005 - Sole edition ]

" La Pittura Digitale nasce come termine e come definizione dalla poetica artistica e di ricerca svolta dal 1992 da Mataro da Vergato. 
Tale ricerca ha portato a trovare, attraverso l'uso dei nuovi mezzi tecnologici, quella stessa fascinazione artistica che la pittura classica otteneva attraverso il disegno e/o la tavolozza dei colori. 
Mataro ha sostituito il gesto romantico del segno grafico, come documentazione della realtà ottenuto con lo scatto fotografico, unendolo all'infinita gamma di colori e di possibilità creative del computer. 
L'equazione quindi è: la foto sta al disegno come il computer sta alla tavolozza dei colori. Il risultato, che l'artista ne ricava, può ricordare nella forma la pittura classica ma nel contenuto la sua opera è priva di materia fisica perché fatte di pixels e di sequenze numeriche. "



martedì 19 marzo 2019

La Stanza della Musica : Rubrica di approfondimento e recensioni musicali ( Mantra Informatico - Of Voice and Men, di Gianni Venturi)

Mantra Informatico - Of Voice and Men, di Gianni Venturi

Gianni Venturi è un indubbiamente un personaggio eclettico e trasversale della musica del nuovo millennio, in quanto agitatore e saltimbanco anarchico perennemente in bilico tra la poesia, la narrazione letteraria, la forma canzone sperimentale, la politica libertaria e l'elettronica,  ma sopratutto si muove coraggiosamente 
all'interno del mondo  
"liquido" dell' attuale rivoluzione tecnologica, portando schegge di umanesimo radioattivo, fluttuando nell'etere di questo immenso e oscuro, e monolitico corpo elettrico che è il web, e lo fa combattendo la distopia del nuovo millennio, tenendo sicuramente nella mente ben saldi i riferimenti mutuati dai romanzi simbolo:  i preveggenti 1984 di George Orwell, Mondo Nuovo e Ritorno al Mondo Nuovo di Aldous Huxley, Fahrenheit 451 di Ray Brandbury. 
Mantra Informatico è un titolo programmatico, un vero manifesto di intenti ma anche una coraggiosa esposizione mediatica della "voce" e dell' "uomo", come sottotitola l' opera di cui oggi voglio parlarvi. Voglio scrivere di questo lavoro discografico scrivendo qualcosa che sia il più possibile lontano dalla consueta recensione e il più vicino possibile alla folle anarchia artistica di Gianni Venturi, che a mio avviso merita tantissima attenzione e visibilità. Mantra Informatico è uno dei rari casi di album ideato per essere anche un supporto fisico, a differenza delle intenzioni iniziali dell' autore, abituato a muoversi libero soltanto nelle piattaforme digitali, quali Bandcamp ( https://gianniventuri.bandcamp.com/releases). Stando ai fatti la piccola M.P. & Records per volontà di Vannuccio Zanella ha voluto dare una possibilità di supporto e crescita 
all'artista bolognese, che entrando in questa scuderia ha definitivamente preso cittadinanza nel movimento neo- progressive 2.0.  Gianni Venturi resta però un corpo estraneo all' interno di questa galassia, sopratutto per via del provincialismo italiano, che soffre molto la mano invasiva del luogo comune in musica e del peccato veniale di esterofilia, un errore che nel bene come nel male abbiamo tutti ereditato, anche chi come me ne è insofferente. 
La musica di Mantra Informatico è quanto di più lontano possibile dalla musica progressiva canonica, al contrario è quanto di più vicino possibile alla musica elettronica, minimal o kraut,  e la New Wave più sperimentale. Citando il maestro Battiato, con molta ironia, visto la formazione di Venturi, questo album potrebbe avere per background " i cori russi, la new wave italiana, il free jazz punk inglese ", lo stesso influsso di Franco e un benevolo sguardo alla figura di Demetrio Stratos. 
Molti punti in sospeso di questa esperienza possono essere spiegati da Gianni stesso, che ha il merito-demerito di disarmare il mondo attraverso la sua nudità artistica che mi ricorda l'esposizione mediatica di Eugenio Finardi, oppure un personaggio ancora più estremo, ovviamente nei suoi esordi, mi riferisco a Juri Camisasca e alla controversa esperienza discografica del 33 giri " La Finestra Dentro " ( Bla Bla, 1974), per essere più chiaro vi girò qui la sua biografia ( https://giannijonathanventuri.it/gianni-jonathan-venturi/9). Ecco che ritornano i paragoni con la vecchia scuola, il mondo della Cramps di Gianni Sassi, Sergio Albergoni e Franco Mamone, dove cantautori particolarmente illuminati e sensibili, quali l' italo americano Finardi, Andrea Tich, Alberto Camerini e Antonietta Laterza, si ponevano con la stessa nudità artistica, di solito scomoda perché in un paese cattolico e perbenista come l' Italia il senso del pudore sopravvive in tutti i campi, anche in un contesto musicale che si prefigge apparentemente di rompere con gli schemi.

[ - Mantra informatico Of Voice and Men, un Blues Liquido per una rivoluzione post moderna elettro cibernetica 2.O -]


Mantra informatico è dunque una narrazione di parole e pensieri scomodi, all' interno di un involucro sonoro elettronico inclassificabile, dove la voce di un uomo canta la disperazione e l' alienazione del nuovo millennio [...] e se questo concept album poco allineato non obbedisce ad alcuna regola e classificazione utile al mercato come alla stessa critica, così è anche per l' animo del musicista, e non ultimo il vivere quotidiano dell'uomo che c'è dietro al progetto. 

Mantra informatico Of Voice and Men di Gianni Venturi è un Blues Liquido per una rivoluzione post moderna elettro cibernetica 2.O  essenziale per navigare liberi con la connessione internet nei labirinti del Web, cercando sopratutto di districarsi nell' effimero mondo dei Social Network, sempre più ridotto ormai a delle discariche umane dove la storia del 1900 viene triturata e dispersa in un flusso selvaggio di dirottatori Fake e pirati virtuali fantasma, senza dimenticare tutte le presenze occulte e distopiche interessate al business del neo capitalismo liberale più avanzato  [...] Mantra Informatico è un disco terribile, perché è maledettamente umano, vivo e incisivo, quasi un' ancora di salvezza su cui aggrapparsi durante la navigazione Internet. Mantra Informatico è un brandello d' amore che sopravvive in un opera di cui si parlerà domani, come essenziale documento di un epoca controversa e di profonda trasformazione.

Che altro aggiungere a questo mio flusso emotivo di parole ?

E' doveroso chiudere citando tutta la crew di lavoro che ha reso un grande progetto Mantra Informatico - Of Voice and Men di Gianni Venturi : Valerio Venturi, al basso e all' elettronica, Emiliano Vernizzi al Sax, Deborah Longini, al Sax, le voci del fedele compagno di avventure Lucien Moreau, infine gli arrangiamenti curati dal fonico Daniele Bagnoli.

Io penso che questo album vada supportato in tutti i modi possibili. Questo è il mio contributo alla causa del Mantra Informatico !

lunedì 18 marzo 2019

La Graine et le Mulet - Cous Cous, un film di Abdellatif Kechiche. (2007)

La Graine et Le Mulet - Cous Cous, un film di Abdellatif Kechiche (2007)


Cous cous (La Graine et le Mulet) è un film francese del 2007 scritto e diretto dal tunisino Abdellatif Kechiche, nato a Tunisi il 7 dicembre del 1960, e in seguito naturalizzato in Francia.
Stando al titolo originario La Graine et le Mulet , il regista ha realizzato questa opera come omaggio a suo padre poiché la traduzione corretta è difatti esplicita "Il grano (di semola) e il cefalo", l'ingrediente di base per un buon cuscus di pesce, che nella storia del plot è un elemento indispensabile per meglio comprendere il senso di tutto il film. 
La curiosità della curiosità, tuttavia resta che il regista in questo profondo tributo e omaggio alla figura paterna e alle radici, per circostanze sfavorevoli si vede costretto a stravolgere parte della lavorazione perché i due attori che originariamente avrebbero dovuto interpretare i ruoli fondamentali del film , vengono a mancare durante le riprese. 
Di conseguenza, a posteriori, la pellicola diventa anche un riscatto in onore di chi ha offerto il proprio contributo alla riuscita del lavoro, anche nella circostanza avversa del destino.

Il film è una produzione francese ed è stato girato a Sète e a Lattes, in Francia, dal 5 settembre 2005 al 16 gennaio 2006. Cous Cous narra essenzialmente le tristi vicende dello sfortunato Slimane, un magrebino  che fa il muratore ma con una situazione privata poco rosea, in quanto è un divorziato che si appoggia nell' albergo di proprietà dell' attuale compagna, e la figlia di lei, Rym, alla quale è molto legato.  
La ex moglie, dalla quale ha avuto diversi figli, è un ottima cuoca di cuscus, e per peculiarità tradizionale è solita organizzare festanti cene in cui si riunisce tutta la famiglia. Slimane però si trova costretto a rivedere drasticamente la sua vita che scivola sempre di più verso la povertà, perché per la sua età si trova costretto a dimezzare gli orari di lavoro ed è allora che tenta l' azzardo del cambiamento, cercando di trasformare una barca da rottamare ancorata nel porto in un ristorante dove servire il cuscus cucinato dalla ex moglie. Inizia questa nuova impresa con l'aiuto di Rym, e si impegna nel chiedere i permessi e i finanziamenti necessari, purtroppo invano visto l'estenuante serie di rifiuti burocratici. 

Molto coraggiosamente decide di preparare comunque il ristorante con l'aiuto dei figli, e di dare una cena "dimostrativa" dove invitare i vari funzionari dai quali dipende la realizzazione del progetto, e proprio in questa circostanza la fatalità giocherà ancora a sua sfavore ma l'intervento di Rym farà la differenza attraverso una spettacolare danza del ventre. Fin qui tutto sembra convergere verso una risoluzione favorevole, ma niente è come sembra [...] lascio il momento migliore del film, quello inaspettato, il più profondo e carico di significato agli occhi vergini di un possibile neofita. 
Per chi invece ne conserva la memoria, il mio suggerimento è di rispolverare uno dei migliori momenti della cinematografia del nuovo millennio, con il sentimento dell' empatia e della fratellanza tra i popoli, sopratutto in un momento storico e socio culturale come è quello che stiamo vivendo, di profonda e drammatica trasformazione. Cous Cous richiede il linguaggio dell' umanesimo per essere assimilato come pellicola testimone di un tempo presente, dove l' amore e l' umanità non devono assolutamente mai venire meno. Ho scritto questo servizio nella maniera più semplice e diretta possibile, il resto lo fa la visualizzazione di un buon home video.

Titolo originale La Graine et le Mulet

Lingua originale francese
Paese di produzione Francia
Anno 2007
Durata 151 min
Genere drammatico

Regia Abdellatif Kechiche
Soggetto Abdellatif Kechiche
Sceneggiatura Abdellatif 
Produttore Claude Berri
Produttore esecutivo Pierre Grunstein
Casa di produzione Pathé Renn Productions
Fotografia Lubomir Bakchev
Montaggio Ghalia Lacroix
Scenografia Benoît Barouh
Costumi Mario Beloso Hall
Trucco France Rossi


Habib Boufraes: Slimane 
Hafsia Herzi: Rym
Farida Benkhetache: Karima
Abdelhamid Aktouche: Hamid
Bouraouïa Marzouk: Souad
Alice Houri: Julia
Leila D'Issernio: Lilia
Abelkader Djeloulli: Kader
Olivier Loustau: José
Sabrina Ouazani: Olfa
Mohamed Benabdeslem: Riadh
Bruno Lochet: Mario
Cyril Favre: Serguei
Sami Zitouni: Majid
Mohamed Karaoui: Lafita
Henri Rodriguez: Henri 
Nadia Taoul: Sarah 






sabato 16 marzo 2019

Sarah Kane, Crave + 4 : 48 Pysichosis. Tutto il teatro in un canto di morte e amore. La vita, la scrittura e il teatro contemporaneo in una tabula rasa.



[ - Sarah Kane, Crave + 4 : 48 Pysichosis. Tutto il teatro in un canto di morte e amore. La vita, la scrittura e il teatro contemporaneo in una tabula rasa.- ]

" Cosa sono?

la bambina dei no. 
da una camera della tortura all'altra
una terribile sequenza di errori imperdonabili 
ogni gradino della via su cui sono caduta "

" Sono così. Esisto in questo oscillare. Mai ferma, mai solo una cosa o l’altra, mi muovo costantemente da un lato al limite più estremo dell’altro. "






«Non c’è niente che non si possa rappresentare in scena: affermare di non poter raccontare qualcosa, dire che non se ne può parlare, è un atto di ignoranza terribile. Volevo essere sincera fino in fondo sull’abuso e sulla violenza. Tutta la violenza presente nel testo è stata inserita attentamente nel plot ed è stata strutturata secondo un punto di vista drammaturgico che mi ha permesso di dire quello che volevo sulla guerra. La logica conclusione dell’atteggiamento che produce un caso isolato di stupro in Inghilterra è la violenza etnica in Bosnia. E la logica conclusione di come la società si aspetta che gli uomini si comportino in guerra» 

 (Sarah Kane, Blasted)

Sarah Kane ( Brentwood, 3 febbraio 1971- Londra,  20 febbraio 1999) è stata una scrittrice e drammaturga inglese dalla breve esistenza, tormentata dalla depressione e dal pensiero costante della morte, come si evince anche dalla sua opera, dove la solitudine e la drammatica assenza d' amore ammantano il teatro di un limbo nero molto intenso, a tratti espressivamente " forte " e contrastante, violento ma nel contempo poetico, seppur in taluni casi perverso e disturbato, follemente malsano. la Kane non ha di certo goduto di una vita artistica facilissima, lottando contro gli ostracismi, le censure e il boicottaggio mediatico, in quanto autrice di cinque testi teatrali controversi, dove temi come il cannibalismo e lo stupro, la malattia mentale, la stessa piaga fisica, fanno da cornice alla parola attraverso una tetra rappresentazione scenica, e la propria crisi depressiva.

In " Febbre " la drammaturga riesce a sintetizzare con poche ma essenziali parole il senso della propria idea di arte nel' ambito della scrittura per il teatro :  " un orrore così profondo può essere frenato solo da un rito "

Il teatro di Sarah Kane è all' insegna degli eccessi scenici e nell' opera d' esordio " Dannati " oltre a far gridare allo scandalo, riesce a segnare un nuovo passo nella drammaturgia inglese, ponendosi come paladina e fautrice di una tabula rasa estrema e visionaria. In molti le devono qualcosa.

Blasted ( Dannati) lavoro del 1995, traccia un interessante parallelismo tra l' Inghilterra e la guerra in Bosnia, attraverso uno scenario 
di disturbanti visioni di stupro, cannibalismo e brutalità di genere. Ad oggi, è il più grande scandalo teatrale avvenuto a Londra dopo Saved, un opera del 1966 di Edward Bond, celebre per  una terribile e brutale scena con lapidazione di un bambino. In più di un occasione Bond ha pubblicamente difeso l' opera della Kane,  anche perché tra i due c'era profonda ammirazione, la stessa che può esserci tra un' allieva e un maestro. Gli esordi di Sarah Kane sono dunque contraddistinti dai ripetuti linciaggi mediatici, ma 
il tutto è avvenuto in concomitanza di un piccolo ma crescente culto. I postimi di Blasted hanno inciso pesantemente sulla sua precaria salute mentale, favorendo sempre di più il disagio della crisi depressiva; il Daily Mail, attraverso la penna critica di Jack Tinker, liquidò, il primo teatro dell' artista come " un disgustoso banchetto di sporcizia" La situazione è iniziata a cambiare in positivo soltanto con la quarta opera, un lavoro molto ambizioso e di taglio psicologico che porta il nome di Crave ( Febbre).  C'è da dire che Crave fu pubblicata e portata in scena con lo pseudonimo di Marie Kelvedon, una strategia voluta, necessaria per fare in modo che la critica valutasse il lavoro senza i preconcetti ereditati dai precedenti Blasted - Dannati, L' amore di Fedra e Purificati.


- Crave ( Febbre) 1998 -

Crave è una delle migliori opere di drammaturgia teatrale negli anni novanta, venuta alla luce a suggello del millenovecento, un secolo molto generoso e ricco in tutti i campi dell' arte da un punto di vista di ricerca e d' avanguardia, sopratutto per quel che concerne il mezzo artistico come strumento per sviluppare dei linguaggi di rottura attraverso delle radicalità necessarie per abbattere i confini, gli steccati umani e culturali, i muri sociali e psicologici nella società convenzionale, tradizionale e morale. 

Il lavoro si sviluppa su quattro personaggi, che hanno come nome una sola lettera, A (uomo) - Abusatore, B (uomo) - Ragazzo, C (donna) - Bambina, M (donna) - Madre, la cui profondità di legami li mette in relazione l'uno con l' altro in un disegno psicologico avvincente e  misterioso, tale da essere comprensibile solo dopo diverse chiavi di lettera. Crave è un testo teatrale molto psicologico e profondo, richiede la giusta attenzione, e compenetrazione.  
Per certi versi è una " febbre " che nel proprio divenire vuole farsi contagio nello stesso pubblico, che sia lo spettatore del teatro, intento ad ascoltare la parola e a visionare il gesto visivo del dramma, oppure il lettore, attento nella muta indagine di una scrittura emotiva ma densa di inquietante e torbida profondità sinistra.  
Una vera "suite musicale" per quattro voci, due maschili e due femminili, che nell'insieme sono il canto generazionale e apocalittico di un' anima lacerata che si fa presagio nell'annunciare, con una visionaria preveggenza, l'alienante condizione umana, sociale, culturale e artistica che tende a sfaldarsi nel nuovo millennio.
Sarah Kane è fondamentalmente una scrittrice di epitaffi culturali, dove la parola sanguina la disperazione emotiva di un disagio e uno smarrimento socio culturale crescente, che letto attraverso una lente di ingrandimento psicologica e analitica brutalmente lucida, vive in maniera incisiva ed efficace nella parola scritta e nella drammaturgia teatrale proprio nel suo volere toccare gli estremi. 
Tuttavia Crave va visto come un lavoro a se stante, completamente diverso dagli eccessivi e truculenti esordi tra cui il discusso e controverso Blasted. Realizzato con lo pseudonimo di Marie Kalveldon si tratta probabilmente del suo testo più ambizioso e colto, con possibili rimandi alle strutture fluide di Thomas S. Ellioth e alla prosa di Virginia Woolf, il tutto con la citazione esplicita del vecchio testamento ebraico, nella ripresa dei passi conclusivi dell' Apocalisse, che chiude il sipario, destando stupore, sensazione e interesse di pubblico e critica.

“Monologo di A” , estratto : " Crave " di Sarah Kane



E voglio giocare a nascondino e darti i miei vestiti e dirti che mi piacciono le tue scarpe e sedermi sugli scalini mentre fai il bagno e massaggiarti il collo e baciarti i piedi e tenerti la mano e andare a cena fuori e non farci caso se mangi dal mio piatto e incontrarti da Rudy e parlare della giornata e battere a macchina le tue lettere e portare le tue scatole e ridere della tua paranoia e darti nastri che non ascolti e guardare film bellissimi e guardare film orribili e lamentarmi della radio e fotografarti mentre dormi e svegliarmi per portarti caffè brioches e ciambella e andare da Florent e bere caffè a mezzanotte e farmi rubare tutte le sigarette e non trovare mai un fiammifero e dirti quali programmi ho visto in tv la notte prima e portarti a far vedere l’occhio e non ridere delle tue barzellette e desiderarti di mattina ma lasciarti dormire ancora un po’ e baciarti la schiena e carezzarti la pelle e dirti quanto amo i tuoi capelli i tuoi occhi le tue labbra il tuo collo i tuoi seni il tuo culo il tuo …
… e sedermi a fumare sulle scale finché il tuo vicino non torna a casa e sedermi a fumare sulle scale finché tu non torni a casa e preoccuparmi se fai tardi e meravigliarmi se torni presto e portarti girasoli e andare alla tua festa e ballare fino a diventare nero e essere mortificato quando sbaglio e felice quando mi perdoni e guardare le tue foto e desiderare di averti sempre conosciuta e sentire la tua voce nell’orecchio e sentire la tua pelle sulla mia pelle e spaventarmi quando sei arrabbiata e hai un occhio che è diventato rosso e l’altro blu e i capelli tutti a sinistra e la faccia orientale e dirti che sei splendida e abbracciarti se sei angosciata e stringerti se stai male e aver voglia di te se sento il tuo odore e darti fastidio quando ti tocco e lamentarmi quando sono con te e lamentarmi quando non sono con te e sbavare dietro ai tuoi seni e coprirti la notte e avere freddo quando prendi tutta la coperta e caldo quando non lo fai e sciogliermi quando sorridi e dissolvermi quando ridi e non capire perché credi che ti rifiuti visto che non ti rifiuto e domandarmi come hai fatto a pensare che ti avessi rifiutato e chiedermi chi sei ma accettarti chiunque tu sia e raccontarti dell’angelo dell’albero il bambino della foresta incantata che attraversò volando gli oceani per amor tuo e scrivere poesie per te e chiedermi perché non mi credi e provare un sentimento così profondo da non trovare le parole per esprimerlo e aver voglia di comperarti un gattino di cui diventerei subito geloso perché riceverebbe più attenzioni di me e tenerti a letto quando devi andare via e piangere come un bambino quando te ne vai e schiacciare gli scarafaggi e comprarti regali che non vuoi e riportarmeli via e chiederti di sposarmi e dopo che mi hai detto ancora una volta di no continuare a chiedertelo perché anche se credi che non lo voglia davvero io lo voglio veramente sin dalla prima volta che te l’ho chiesto e andare in giro per la città pensando che è vuota senza di te e volere quello che vuoi tu e pensare che mi sto perdendo ma sapere che con te sono al sicuro e raccontarti il peggio di me e cercare di darti il meglio perché è questo che meriti e rispondere alle tue domande anche quando potrei non farlo e cercare di essere onesto perché so che preferisci così e sapere che è finita ma restare ancora dieci minuti prima che tu mi cacci per sempre dalla tua vita e dimenticare chi sono e cercare di esserti vicino perché è bello imparare a conoscerti e ne vale di sicuro la pena e parlarti in un pessimo tedesco e in un ebraico ancora peggiore e far l’amore con te alle tre di mattina e non so come non so come non so come comunicarti qualcosa dell’assoluto eterno indomabile incondizionato inarrestabile irrazionale razionalissimo costante infinito amore che ho per te.


- 4 : 48 Pysichosis ( 1999)  - 





4: 48. Secondo le statistiche è il momento in cui avviene il maggior numero di suicidi e si tratta di un arco temporale dove si apre una voragine dell' anima per vivere in un tempo di sospensione fino all' epilogo, la cui estrema conseguenza consiste nel congiungersi per sempre con il silenzio, come nel caso della voce narrante di 4 : 48 Pysichosis. 
Si tratta dell' opera più radicale di Sarah Kane in quanto il suo testo è un' intenzione della realtà, è nato per essere trasposto in un fatto compiuto e definitivo. 4 : 48 Pysichosis è stato completato e rifinito postumo, almeno per quel che concerne la trasposizione come monologo da teatro, grazie ad alcune indicazioni lasciate a posteriori. L' autrice subito dopo aver terminato la stesura dell'opera, fu ricoverata in ospedale psichiatrico a causa di un' overdose di sonniferi. la Kane si impiccò una volta lasciata sola, dopo tre tormentate ore all' interno della struttura, con i lacci delle sue stesse scarpe. 4 : 48 è palesemente un testamento artistico e biologico.

" La lucidità si trova nel centro di convulsione, lì dove la folla viene consumata dall’anima spaccata in due.

Mi conosco.

Mi vedo.

La mia anima è presa in una ragnatela di ragioni
tessuta da un dottore per aumentare il numero dei sani.

Alle 4 e 48


dormirò. "

La scrittrice drammaturga britannica sceglie una forma di scrittura teatrale radicale e a soli 28 anni, nel 1999, si consegna alla morte con uno dei monologhi più intensi e drammatici che si ricordi, crudo come un pugno nello stomaco.  Si tratta di un monologo dalla durata di circa 
un'ora, dove la protagonista parla in una " stanza interiore ", che è la solitudine della propria mente, in attesa dell' ultimo atto, contrassegnato dalle ore 4 : 48, che le darà libertà eterna.

" Mi farò un overdose, mi taglierò le vene, infine m' impiccherò. Che nessuno pensi che il mio gesto sia un grido d' aiuto "

Un lavoro sicuramente più lucido e analitico di quando si possa pensare, poiché si pone come un' indagine brutale, senza alcun filtro, sul vero volto della depressione, erroneamente accostata all'apatia della tristezza, alla lamentazione vanificata dall'autocommiserazione della propria esistenza. Sarah Kane invece si offre al mondo e sceglie di violentarlo, annunciando la nuda indagine di tutti gli anfratti oscuri del disagio mentale che si sta per impadronire del nuovo millennio, sotto forma di pandemia sociale. C'è una cura, si chiama amore. Viviamo in una società priva di amore, e questo la scrittrice britannica lo ha vissuto dall'interno di un settore dove le cose sarebbero dovute essere diverse, che è il mondo del teatro contemporaneo, perché soltanto con " Crave " , portato in scena con il libretto accreditato a Marie Kalveldon, le è stato riconosciuto un merito artistico di grande pregio.


Lo scandalo si ripete, il mondo dell' arte e del teatro sono di nuovo in difficoltà  perché come era accaduto nel 1995, con Blasted si trova impreparato e sconcertato di fronte 4 : 48 
 Pysichosis.  " Per favore non tagliatemi tutta per scoprire come sono morta ve lo dico io come sono morta. Cento di Lofepramina, quarantacinque di Zoplicone, venticinque di Temazepam e venti di Mellerin "

Sarah Kane questa volta ha attaccato con ferocia inaudita tutto il settore, attraverso la massima forma di oscenità, perché di fronte al suicidio il senso del pudore è definitivamente disarmato in uno stato di assedio.  La chiave di lettura per comprendere questo " mantra " psicotico, dove la reiterazione incontra molto la musicalità in un monologo attraversato da nevrotici turpiloqui e vuoti, strutturati come dense sospensioni della parola, potrebbe essere che la memoria offesa, sofferente e umiliata dell' autrice è dopo tutto un blues post moderno. c'è anche del sentimento, un frutto ammaccato che chiede di essere amata con tenerezza e passione, e in questo aspetto Sarah Kane mostra allo spettatore di essere più normale della presunta gente normale, e meno " bestiale"  e oscura di quanto si sia potuto pensare in vita, travisando il senso delle sue prime trasversali opere.

" Nel nero e freddo stagno del mio io.
L'abisso della mia mente immateriale.
Come posso ritornare alla forma,
ora che il mio pensiero materiale se n'è andato?
Non è una vita che possa sopportare.
Mi ameranno per quello che mi distrugge.
La spada nei miei sogni
La polvere dei miei pensieri
La malattia che si riproduce nelle pieghe della mia mente."

Sarah Kane è stata una voce senza compromessi del teatro contemporaneo, impegnata nella costante lotta contro la sindrome di disturbo comportamentale depressivo bipolare, ma nel contempo intenta
alla creazione di un nuovo linguaggio creativo e sperimentale, da cui poi hanno attinto in molti, e non necessariamente nel circoscritto ambito della neo drammaturgia teatrale.
Nei cinque testi concepiti nel suo breve arco artistico produttivo è riuscita a creare delle immagini di grande forza espressiva in grado di descrivere nel dettaglio più minuzioso gli estremi di un' umanità giunta alla rovina, dove il disagio esistenziale non è una semplicistica patologia della mente, ma la " decomposizione " etica  di un paesaggio apocalittico che è costante e disumana marcescenza d' amore, dove le persone si sopraffanno esercitando senza alcuna pietà l' esercizio della violenza, in
risposta a un disagio esistenziale collettivo. Sarah Kane ha narrato tutto ciò nella sua opera-omnia, cercando di raccontare questo cruciale passaggio che ha
contraddistinto la fine del millenovecento e l' avvento del nuovo millennio. In " Tutto il teatro di Sarah Kane ", un pregevole ed esaustivo tomo edito dalla Einaudi per merito della certosina e appassionata traduzione di Barbara Nativi, e dei commenti professionali nelle note introduttive di Luca Scarlini, tutti noi abbiamo la possibilità di leggere la nostra attuale contemporaneità, perché la scrittura di  questa incompresa autrice non è affatto invecchiata, ma al contrario è ancora fresca, moderna, drammaticamente incisiva e presente, e proprio per questo continua a vivere in svariate rappresentazioni del teatro post moderno, per merito di compagnie volenterose e amorevolmente grate, consapevoli di preservare un eredità importante, offerta ai posteri con l' estremo sacrificio della vita.

" Tagliatemi la lingua
Strappatemi i capelli
Mozzatemi gli arti
Ma lasciatemi l’amore
Preferirei aver perduto le gambe
Che mi avessero strappato via i denti
Cavato gli occhi
Piuttosto che aver perduto l’amore "

S. Kane.

Ciò che in vita non fu compreso è il presente. Sarah Kane è ancora la testimone del nostro tempo.

Tutto il suo teatro ci offre delle preziose chiavi di lettura per leggere la decadenza della modernità contemporanea e agire, nel nome dell' amore. Perché tutto ciò di cui abbiamo bisogno è l' amore.

Nel 2001 il Royal Court Theatre, che aveva messo in scena tutte le prime degli spettacoli di Kane eccetto uno, ha dedicato una stagione intera alla sua opera. Grazie alle traduzioni e all'interesse di Barbara Nativi, la sua arte fu portata per la prima volta, in Italia al Festival Intercity London del 1996, a Sesto Fiorentino prima e a Firenze nel marzo 2012 in seguito.



4 : 48 ( estratto : La psicosi delle 4 : 48, Tutto il Teatro di Sarah Kane, Einaudi, traduzioni di Barbara Nativi)


Alle 4 e 48
quando la lucidità mi fa visita per un ora e dodici minuti sono in me.
Passata quell'ora sarò di nuovo andata, marionetta in pezzi, ridicola
folle.
Ora sono qui e riesco a vedermi
ma quando sono rapita da basse illusioni di felicità
l'orrendo incantesimo di questo motore di magie,
non riesco a toccare il mio vero io.

PERCHÉ MI CREDI IN QUESTI MOMENTI E NON ADESSO ?
( L'attrice urla straziata )

Ricorda la luce e credi nella luce.
Nulla importa ormai.
Smettila di giudicare dalle apparenze, dai un giudizio obbiettivo.

- Tranquilla presto starai meglio.

Il tuo scetticismo non guarisce nessuno.
Non mi guardare.

Lo sportello si apre ... luce fredda
Un tavolo due sedie e niente finestre

Ecco io sono qui e c'è il mio corpo

Balla sui vetri

In un momento disgraziato in cui non ci sono disgrazie

Non hai scelta
la scelta viene dopo

Tagliatemi la lingua
strappatemi i capelli
mozzatemi gli arti
ma lasciatemi l'amore
preferirei aver perduto le gambe
che mi avessero strappato via i denti
cavato gli occhi
piuttosto che aver perduto l'amore

Lanciare tremare colpire frustare spremere frustare colpire frustare ondeggiare tremare lanciare colpire spremere premere lanciare tremare bruciare ondeggiare tremare sfiorare tremare colpire tremare lanciare bruciare sfiorare premere spremere premere colpire tremare ondeggiare bruciare lanciare tremare bruciare

NON FINIRÀ MAI

Sfiorare tremare colpire frustate spremere frustare colpire frustare ondeggiare tremare lanciare colpire spremere premere lanciare premere lanciare tremare spremere bruciare tremare sfiorare lanciare lanciare premere sfiorare lanciare sfiorare ondeggiare bruciare tremare bruciare lanciare

NIENTE E' PER SEMPRE, NIENTE DI NIENTE

....

NON HO NESSUNA VOGLIA DI MORIRE
NESSUN SUICIDA NE HA MAI AVUTA

GUARDATEMI SCOMPAIO
GUARDATEMI

SCOMPAIO

GUARDATEMI
GUARDATEMI

GUARDATE

...

UNA ME CHE NON HAI MAI CONOSCIUTO, IL VOLTO IMPRESSO SUL ROVESCIO DELLA MENTE.

PER FAVORE, APRITE LE TENDE.

S.K, 4 : 48









KARU - Place Memory #1 - Trascendenze e nuove forme sonore e visuali nella Chiesa sconsacrata di Sant'Agostino a Montalto delle Marche

Introduzione: cenni biografici e background + metodo e processo di lavorazione del collettivo KARU  Per parlare di questo interessante pro...