My Ideal Blog : Globalartisticfusion.blogspot.com di Patrizio De Santis Patrizio De Santis è titol

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Questo blog è nato come se fosse un'isola felice dove sperimentare una scrittura personale e condividere le mie passioni con qualsiasi internauta interessato alla bellezza. La sua dinamo propulsiva è la passione e l'amore per l'Arte. Ho realizzato uno spazio libero e autogestito, impostando tale contenitore come se fosse un potenziale Magazine cartaceo di approfondimenti culturali e artistici. Global Artistic Fusion è una sintesi della mia ricerca popolare e culturale: un mondo che vi offro nel My Ideal Blog 2.0

lunedì 18 novembre 2019

La Stanza della Musica : Gianni Lenoci e Francesco Cusa - Wet Cats ( Amirani Records /July, 2017) + C'era una volta Gianni Lenoci (1963/2019)


”Dal mio punto di vista, la maggior parte dei musicisti di jazz italiani e non (in particolare quelli più in vista e che quindi dovrebbero essere di esempio) non fa jazz ma semplice pop music. O perlomeno usano procedure jazzistiche per improvvisare ornamenti su canzoncine et similia. Ma il risultato estetico (ed anche l’atteggiamento etico, perché no?) è prossimo al pop. In realtà tutto ciò non fa altro che celebrarne il disamore e l’estinzione (del jazz). Sfido chiunque a dimostrare il contrario. Capisco perfettamente che questa formula pop è remunerativa in termini economici, ma credo sia limitante dal punto di vista della propria ricerca estetica e dei contributi che si possono dare a quest’Arte. L’importante è che ogni fiume scorra nel proprio letto. Capisco che il postmodernismo ha contribuito a mischiare “l’alto” con il “basso”, ma ora più che mai credo che si debba prendere coscienza dei limiti di questa visione. Da parte di molti c’è stata una sorta di rimozione collettiva verso il jazz nella sua componente di ricerca, o comunque c’è un atteggiamento acritico verso la Storia. Se l’ultimo Coltrane (solo per fare un esempio) ha portato il linguaggio in una certa area 40 anni fa, forse è il caso di rifletterci e non rimuovere il tutto come se fosse stato il sogno di un pazzo visionario. Il valore sociale di un’artista risiede nel suo diritto ad essere esoterico”.

Gianni Lenoci.



" E adesso?

Adesso ricostruiamo sulle macerie
quelle che tu calpestavi con dolore
e con la santa indignazione
di chi non può piegarsi più del necessario

al baccanale degli osceni sorci. "

Francesco Cusa

[ - La Stanza della Musica : la rubrica di approfondimenti e recensioni musicali di Patrizio De Santis ospita il mondo di Gianni Lenoci e Francesco Cusa, con il cd Wet Cats - Amirani Records - ]


Ritorna la rubrica di approfondimento "La Stanza della Musica" da me concepita per parlare di tutte  quelle incisioni discografiche che negli ultimi anni hanno fatto la differenza, per quel che concerne l'originalità,  l'innovazione e la validità del contenuto musicale. E' nata come un Focus; il pretesto del supporto fonografico è necessario per descrivere un'emozione in musica - più tosto personale - ma nel contempo mi permette di lavorare su di uno specifico musicista in maniera completa ed esaustiva. 
Nel corso del tempo  mi sono prefisso di supportare tutti quei musicisti di cui ho stima, cercando di "raccontare"  la loro musica In un periodo dove il disco non ha più un grande valore, se non per la promozione dei concerti 
( oppure come oggetto feticcio per i nostalgici del  vinile, nel mercato del vintage rock)  
Non necessariamente mi occupo delle novità dell'ultimo momento, al contrario voglio dare una nuova luce a tutto ciò che è stato poco visibile. In genere cerco di non allontanarmi troppo dal presente perché penso che sia essenziale capire cosa possa offrire oggi  la musica - dal punto di vista dei contenuti -  considerando  che stiamo attraversando un'epoca dove il concetto di post moderno tende a frammentare gli stili e i generi, non ultimo le stesse scuole - con  i loro manifesti - omologando il tutto in un calderone "Pop" alla lunga indigesto ed esteticamente inutile, buono a favorire più che altro la tendenza della "retromania" ( B.A.M e Kamasi Washington)
Il post moderno nel Jazz è stato più un danno che un bene, sopratutto per chi ha studiato tutta una vita la nota blu per sviluppare dei nuovi linguaggi da applicare nella composizione  e nell'improvvisazione, poiché si è chiuso il mercato delle avanguardie, sopratutto dei concerti, dei festival e delle rassegne di settore. La cultura alta che incontra quella bassa, andando a incorporare stili e approcci Pop, in alcuni - ma circoscritti - casi, può essere un bene,  poi  bisogna saper filtrare ogni contenuto perché si corre il rischio dell'eccesso, e nel corso del tempo si creano degli equivoci storici, sopratutto dove regna l'assenza di una reale competenza. Non sempre ciò che è ibrido funziona: spesso è superfluo, nonché dannoso. Ci sono una serie di problematiche che andrebbero affrontate con una certa onestà intellettuale, sia da parte della critica, sia da chi  lavora nel dietro le quinte, gestendo il circuito della musica dal vivo ( management, organizzatori, associazioni culturali) Purtroppo c'è chi si adegua al diktat del momento, e chi invece cerca coraggiosamente di non sottostare alle pressioni del mercato con le sue politiche economiche. Il Web - sopratutto attraverso il mondo dei Blogger - può essere una fonte utile  per creare una rete di sopporto, ma anche un limite; un approccio semplicistico, da appassionato è controproducente, se non si cerca di studiare la materia a fondo, stando a stretto contatto con i diretti interessati: i musicisti  oggetto della nostra scrittura. 

Nel mio specifico caso voglio scrivere una recensione per un lavoro che si chiama Wet Cats, un meraviglioso CD del pianista Gianni Lenoci e del batterista Francesco Cusa. Lo farò confondendo un po le acque, perché è un pretesto per salutare e ricordare un'artista che non c'è più, almeno come presenza fisica. Complice Francesco Cusa, che mi ha spesso coinvolto in preziose conversazioni private, si è pensato di fare qualcosa per mantenere viva l'attenzione sulla grande arte del maestro Lenoci. Mi è pervenuto in dono questo eccellente e intenso disco di musica improvvisata, che è sopratutto un lavoro figlio della grande tradizione Jazz del novecento; per me è un gradito pensiero, nonché onore, ma anche una possibilità di crescere come ascoltatore e scrittore. 

Gianni Lenoci ha asserito che l'arte si insegna con l'esempio, perché tutti i grandi insegnamenti possiedono una forte componente esoterica, ed è in virtù di ciò che bisogna essere predisposti alla condivisione delle esperienze con grande semplicità e naturalezza.

+ PLUS Video 
[ - Gianni Lenoci / Francesco Cusa duo - salone del Conservatorio " Nino Rota"  di Monopoli - Italia - settembre, 30 / 2015.  Duo Improvisatin : Fagan (Lenoci) Fire Waltz(Waldron) - ]

Wet Cats non più come una performance istantanea, ma come un progetto che è prima di ogni cosa - una possibilità alchemica -  per confrontarsi e celebrare la sacra trinità di vita, amore e morte. Entrambi gli strumentisti hanno alle spalle anni di indipendenza artistica e musicale, ma anche la progettualità e l'insegnamento, e una buona sintesi delle tradizioni e delle avanguardie Jazz. Lenoci, maestro, compositore e improvvisatore Jazz incontra un batterista, compositore, improvvisatore ma sopratutto anarchico agitatore culturale, Francesco Cusa. Questa unione musicale è stata documentata in un cd, a cui sono seguiti tanti progetti e eventi live


Wet Cats nasce sopratutto come un atto di grande amicizia, ed è il frutto di un interplay particolarmente raro, intenso, avvolgente. Questa musica è la sementa di un legame esoterico e spirituale di grande profondità culturale, che spesso ha toccato dei vertici di eccelsa improvvisazione. Un vivere la vita stessa nel sentimento emotivo - emozionale - della " nota blu" che si manifesta in forma totalizzante perfino nell'interscambio dei pensieri e nelle discussioni, infine nel ricordo post mortem - " Il nostro perenne, costante dialogo, si nutriva di ogni tipologia di argomento, ma aveva sempre come fulcro questa ipotesi del trapasso. Solo adesso realizzo che il ruotare delle nostre azioni aveva come cardine il cambiamento assoluto di ogni prospettiva, il sondare il mistero della morte " - ( Francesco Cusa in una recente intervista per Jazzit http://www.jazzit.it/gianni-lenoci-lessenza-tangibile/) 




+ PLUS 
Per chi fosse interessato  propongo l'estratto di una brillante intervista  che vi consiglio di leggere : " Jazz è una parola “illegale”. I Maestri ed Innovatori di questa pratica hanno sempre costruito da loro stessi i propri regolamenti. Il “brigantaggio” è quindi una necessità. "  - di Gianni Lenoci  ( : http://www.jazzit.it/fra-regola-e-liberta-intervista-a-gia…/) 

Extra Video [  - Gianni Lenoci / Francesco Cusa Duo - Live Altamura 31-05-2018 - ]



Wet Cats è stata descritta - e presentata - come un'unica composizione istantanea di 51 minuti e mezzo, nata principalmente dalla necessità di mettere a frutto un'idea di free improvisation emotiva, sfruttando l'interplay del momento. Wet Cats è un'improvvisazione senza "rete" ma nel contempo descrittiva - introspettiva - e molto passionale. Il duo per pianoforte e batteria è in grado di offrire più di una suggestione, ma anche di ravvivare un genere che è da sempre più prossimo alla forma d'arte totale, più tosto che a qualsiasi altro stile musicale cristallizzato dalle necessità commerciali dell'industria del disco e dello spettacolo. Nel caso di questa incisione abbiamo la possibilità di ascoltare una  progressione di note - scaturite da mille rivoli creativi - in una densità sonora che cresce all'interno dei piani della consapevolezza, poi espressa in quadri sonori metafisici - proprio come se le gesta degli esecutori fossero gli elementi danzanti di una pittura in musica.  Nella prima parte di Wet Cats c'è il lessico della scuola post free, ma anche un legato astratto, una capacità esoterica che delinea le direzioni sonore dei due improvvisatori. Il brumoso sperimentalismo - misterico - lascia il passo all'alchimia geniale di un momento di mirabile lirismo, intorno al ventesimo minuto, quando il free e il blues si dissolvono in ectoplasmi silenziosi, le percussioni rallentano e Gianni Lenoci - toccato da uno stato di grazia assoluta - si prodiga in uno struggente canto melodico intriso di romantico pathos, che Cusa segue e valorizza con grande rispetto e sinergia  [ ...]  proprio ora avviene un piccolo miracolo : Il quadro sonoro si dipinge del passaggio di una "musa", come se dinanzi al pianista facesse capolino la visione di una melanconica dama  del Novecento, a metà strada tra l'immaginario di Sergio Leone in "C'era una colta in America " oppure  del Tornatore de "La leggenda del pianista sull'oceano"  Siamo nel territorio di un'avanguardia dove la tradizione è ben assimilata, come si evince nelle sezioni minimali e dilatate, quando emerge il sunto melodico e armonico del verbo afroamericano e della scuola europea.  Il cd documenta un blocco di musica indispensabile, contraddistinto da estensioni, silenzi e impulsi atonali, ma resta complessivamente  fruibile, uno sperimentalismo intenso ma godibilissimo, a tal punto che durante i ripetuti ascolti ho visivamente immaginato una piece per danza, forse memore di certe performance storiche dell'avanguardia del Novecento : i lavori dell'associazione B.A.G di St.Louis  

[ In generale il drumming di Francesco Cusa è potente e dinamico, mutuato anche dalle contaminazioni tra il Jazz e il Rock, oltre che dal ricco background fatto di sperimentazioni e percorsi alternativi conseguiti tra la fine degli anni ottanta e gran parte dei novanta 
nell'associazione Basse Sfere di Bologna, di cui è stato il fondatore. Il batterista nel nuovo millennio offre il meglio di se, avviandosi all'autogestione musicale, fondando la label  "Improvvisatore Involontario", e lavorando all'innovativo metodo per conductions orchestrali Naked Musician, che promuove in giro per il mondo.  Gianni Lenoci ha avuto modo di formarsi nelle scuole e negli workshop dei pianisti storici, quali Mal Waldron e Paul Bley, ma sopratutto di condividere molti progetti musicali eterogenei e di grande prestigio internazionale, tra cui diversi lavori con Markus Stockhausen, Kent Carter, Joelle Léandre, William Parker, Massimo Urbani, Eugenio Colombo, Bruno Tommaso.  Wet Cats è dunque il punto di incontro ideale per due maestri, nonché amici, uniti dalle tematiche di Friedrich Nietzsche,  ma nel contempo figli del presente,  legati nel concetto della nuova insurrezione esoterico - cristiana -  spirituale del teologo, poeta e filosofo Marco Guzzi. ]

Wet Cats è l'unica registrazione che documenta una suite del tutto improvvisata, eseguita a Monopoli nel 2015 - ma conservata negli archivi di Gianni Lenoci - fino a quando  una realtà indipendente - la  Amirani Records - decide di realizzare un cd, con il titolo coniato dallo stesso titolare. Gianni Lenoci suona un pianoforte classico, alternandosi ad uno "preparato", ritagliandosi anche degli spazi per dei brevi interventi di flauto in legno. Francesco Cusa ricopre una vasta gamma di suoni attraverso un utilizzo della batteria così creativo e inventivo da conferire all'impianto della musica un vigore espressivo affascinante. Il pianista rievoca la figura di Bley e rende memoria agli anni della scuola, per poi infondere al flusso dei suoni l'originalità propria di un concetto di bellezza del tutto personale. Ciò che di rimando restituisce il batterista è un drumming "pensoso" e funzionale - dove l'improvvisazione diviene un mezzo esoterico per la struttura del suono - un legato che va oltre il "costrutto  istantaneo" di sostegno alla performance - e sembra che riveli anche un profondo e sentito dialogo spirituale " coltraniano".

Come spesso ha dichiarato Cusa, egli ha bisogno di instaurare un legame di amicizia per ogni progetto, o evento musicale. Discorrendo con il musicista ho compreso che questa musica è diversa da tutte le altre; per fare del buon Jazz sono necessari tanti aspetti della vita comune, spesso sono le parole dette nei discorsi che avvengono nel privato a dare vita al suono, come la condivisione di un pensiero, di una lettura, o di un film, oppure l'esigenza di una più ovvia necessità di "cazzeggio"  A mio avviso questo cd merita molto, perché potrebbe benissimo piacere al neofita, e nel contempo restituire all'abituale fruitore della musica d'avanguardia una visione più calda e avvolgente di improvvisazione Jazz. 

[ Vi allego il link della casa discografica (https://www.amiranirecords.com/editions/wetcats) facendo presente che i video che ho estratto da YouTube non corrispondono al contenuto integrale di questo cd ma alla sigla Wet Cats che ha preso vita dall'originario progetto del 2015. Nel sito della Amirani, di rimando sarete invitati a Discogs, iTunes e Spotify ]





+ PLUS  

A NIght for Gianni Lenoci - Catania ( 4/10 - 2019) In ricordo di Gianni Lenoci 


Ricordo di Gianni Lenoci - Testimonianze di Francesco Gennaro e Alice Ferlito (nessuno dei due conosceva personalmente Gianni Lenoci) - Ritorno a casa. Alice Ferlito voce narrante, Francesco Cusa batteria. Le musiche che sentite in sottofondo sono tratte dall’album "Morton Feldman - for Bunita Marcus", suonate da Gianni Lenoci al piano. In memoria di un grande artista, uomo, pensatore: Gianni Lenoci: (1963-2019).





+ PLUS 

Extra Video : WET CATS Gianni Lenoci / Francesco Cusa Duo Live @Sala Sinopoli in Messina (Italy) October 26, 2017


WET CATS
Gianni Lenoci piano
Francesco Cusa drums
Live @Sala Sinopoli in Messina (Italy)
October 26, 2017

Playlist
1) WET CATS 1(You don't know what love is)
2 WET CATS 2 (Monk's Dream)
3) SOLOKUSA (Impro Drums)
4) SOLOLENOX (Ida Lupino)
5) WET CATS 3 (Blue Monk)






C'era una volta Gianni Lenoci, pianista e compositore italiano - In Memorium ( Monopoli, 6 giugno 1963 - San Giovanni Rotondo, 30 settembre 2019)  

“Una perdita immensa. Una voragine che si apre nel mondo della cultura, dell’arte, dello spirito del mondo. Se ne va un fratello. Un Maestro. Ma Gianni Lenoci ha ali grandi. Molto grandi. Grazie per tutto. Grazie infinite” 

(Estratto da https://www.siciliareport.it/commemorazioni/il-mio-omaggio-al-grande-amico-pianista-mentore-gianni-lenoci/ Ancora più notizie su https://www.siciliareport.it)

Per ricordare Gianni Lenoci ho scelto una poesia di Francesco Cusa, a cui ho chiesto la cortesia di utilizzo. E' stata scritta dal musicista in un attimo di cordoglio emotivamente sentito, per quello che è stato un congedo improvviso. Cusa aveva appena costituito un trio con il maestro e amico Lenoci, ma c'era sopratutto l'idea di un progetto molto interessante in cantiere: un secondo cd in duo incentrato sulla rilettura sperimentale degli standard del Jazz tradizionale.  Questo servizio mi ritorna utile per scrivere due righe personali. Nello specifico mi rammarico di aver conosciuto troppo tardi la musica di questo geniale pianista e compositore italiano, come al solito attraverso un disco dal forte richiamo internazionale Gianni Lenoci 4tet feat William Parker - Secret Garden, licenziato dalla Silta records nel 2011. Ho indubbiamente poca conoscenza e memoria storica, a differenza del percorso artistico di Cusa, che ricordo fin dai tempi degli Open Quartet della cantante Cristina Zavalloni, e nelle Basse Sfere, collettivo e scena musicale di Bologna, di cui era titolare e agitatore culturale. Perciò ammetto di aver approfondito molto nel social network Facebook, consultando con interesse la pagina del pianista. Lenoci era un contatto in comune con Francesco. 

Mi fa piacere che abbia acconsentito a questa particolare richiesta [...] Ringrazio Francesco per lo sprono, ma sopratutto per avermi insegnato molte cose, al di là di questo argomento. My Ideal Blog è uno spazio che cresce grazie ai suoi buoni maestri; Cusa è anche un giornalista, blogger, scrittore, poeta ma sopratutto un uomo molto generoso.

C'era una volta Gianni Lenoci "

Fosti.

E già questo non è pensabile.
La tua dipartita è una detonazione muta
che adesso vibra per uno spazio privo di tempo.

In realtà la tua morte fu cristica, passionale
intrisa nella sofferenza di un Golgota chimico,
ma lo si sa, quando si assottigliano i limiti
tra caducità ed eternità
il messaggio degli déi giunge più facilmente
e corre sulle ali del tuo essere Hermes
per vortici e creste oceaniche.

Celata dalle forme della storia
v’era in te quell’essenza primordiale
che scolpisce, dispone dei terrestri
e riveste d’epitelio la magia dell’esistenza.

Essa pulsava di saggezza preolimpica
e ti regalava sprazzi d’una fanciullezza divina
nella danza muta della dimenticanza
che era propria di certi tuoi gesti,
quando eri distratto e non sottostavi
alle briglie di Psiche e Crono
nei momenti immensi della sacralità del de-pensarsi.

E adesso?

Adesso ricostruiamo sulle macerie
quelle che tu calpestavi con dolore
e con la santa indignazione
di chi non può piegarsi più del necessario
al baccanale degli osceni sorci.

Il vuoto che hai generato col tuo eclissarti
ridisegna nuove gerarchie per risonanza:
dalle sfere più basse alle superne
lo squittir dei sorci
l’assurdo canto dei Troni
l’unico abbraccio sonoro
esperibile e non manifesto.

Noi rimaniamo ancora confinati
nella “Regione della Brame”
a dannarci di dottrine
a scannarci in nome di un’etica
che non può più appartenere
a chi è in viaggio verso altri
anelli di congiunzione.

Assistiamo attoniti
alla tua celebrazione postuma
da parte dei molti sciacalli
di quelli che con sferzante invettiva
al tuo tempo canzonavi.

E questo assurdo che si costituisce
del fatto che tu non ci sei più
occorrerà pur servirlo
a tavola quando divoreremo
il corpo di Argos dai mille occhi
per farti rinascere in altre forme
ibride e mutevoli, oltre il limite dell’amorfo
come si conviene alle leggi del karma.

Per quel che concerne il mio quotidiano miserabile
beh, non è neanche questione di musica e di arti.
Perdo il mio confidente più prossimo
il mio interlocutore più fidato
io, che mai mi son sentito solo,
rimango intrappolato alle catene dei tuoi tag.

Essi partono in automatico
quando digito la “L”
nell’immane universo dei social
che ci univa sideralmente
per chat private e condivise
che custodirò come reliquia
dense di perle rare
come solo la ciarla può offrire
nel tempo della civiltà lussureggiante.

Così ti salutiamo, amico mio,
e davvero si può dire che
“C’era una volta Gianni Lenoci”
anche se fa male all’anima il perenne svanire
dei tuoi immensi arti di fantasma.

Per paradosso, la tua repentina assenza
- te che eri restio e ti facevi trascinare
per ogni esperimento collettivo
come un barone tirato giù dal letto
dalle rogne della servitù -
ha generato una comunità “lenociana”
figlia di una stella che collassa
ancella del tuo Sole Cieco.

Eh, quante risate ti starai facendo
nel constatare che cosa hai combinato.
Questa nuova setta di seguaci
gente dalla dura scorza e dal sorriso difficile
ti appartiene sai? E’ frutto del tuo senno.

La si riconosce da quel fiore blu
che sgorga a tratti dai liquori dell’anima
e macchia il bavero d’inverno
di giovani e vecchi senza età.

Quella è la tua gente.

Te lo avevo detto, maledetto “Uncle”
che la tua volontà di potenza
avrebbe superato l’ordine delle cose
e ti avrebbe avvolto nel mantello
del battito d’ali del mistero.

Così sei sparito, come l’illusionista che eri
nel "puf"della nuvoletta da prestigiatore
francese della "Belle Epoque".

Fuori, nelle terre di Sicilia, si scatena una tempesta.




giovedì 7 novembre 2019

Officina Zoè - Mamma Sirena : un concept album dove le storie del Mare Nostrum trovano la purificazione tra i canti delle sirene e le musiche tradizionali e nomadi del Mediterraneo.






[ - Officina Zoè - Mamma Sirena : un concept album dove le storie del Mare Nostrum trovano la purificazione tra i canti delle sirene e le musiche tradizionali e nomadi del Mediterraneo - ]


L'Officina Zoè è una delle realtà musicali più interessanti emerse dal rinascimento della "pizzica" salentina, all'interno del fenomeno antropologico - storico - e culturale del neotarantismo. L'ensemble si è costituito nel lontano 1993 dall'incontro di Donatello Pisanello (organetto diatonico, chitarra a mandola) con la cantante Cinzia Marzo e il percussionista Lamberto Probo. L'esordio discografico arriva soltanto nel 1996 e si chiama "Terra" - un disco autoprodotto dal titolo programmatico - che possiamo considerare una buona introduzione alla musica del Salento. Oggi questa preziosa incisione è fuori catalogo.  
L'Officina Zoè si è distinta fin dagli esordi per un discorso di ricerca e innovazione, in particolar modo per essere riuscita a coniugare perfettamente il binomio "sound & vision", grazie alla collaborazione con il regista di talento Edoardo Winspeare, che li ha voluti al centro della scena negli acclamati docufilm " Pizzicata " del 1996,
"Sangue Vivo" del 2000, a cui seguono le musiche per  "Miracolo" del 2003. Nel caso di  Pizzicata e Sangue Vivo, si tratta  di due pellicole dove la musica, la danza e il Salento vengono esaltati come patrimonio vigoroso e poetico del Sud, riconosciute come le migliori opere cinematografiche - sulla taranta - dai tempi del compianto Gianfranco Mingozzi.  La discografia della Officina Zoè è costituita prevalentemente da incisioni dal vivo, colonne sonore e antologie a tema di materiale tradizionale - rivisto in una chiave strumentale moderna e dinamica - a tal punto che le ultime pubblicazioni discografiche documentano alcuni incontri musicali, avvenuti durante i tour internazionali: "Live in Japan 2007" della Polo Sud, "Taranta Nera", con il "griot" Baba Sissoko per la Irma rec del 2012,  "Incontri - Live" e  "Live in India" per la Kurumuny, del 2018. Tutti questi cd  sono stati accolti bene, sia da parte del pubblico che della critica di settore, ma purtroppo vengono relegati nella circoscritta nicchia dei mercati della World Music indipendente, spesso promossi e distribuiti soltanto nei festival etnici, quali "La Notte della Taranta"  Gli album "Crita" del 2004, e "Maledetti Guai" del 2008 - entrambi prodotti e licenziati dalla Polo Sud - sono gli eredi della seminale autoproduzione carbonara di "Terra", e insieme alle colonne sonore dei film "Sangue Vivo" e "Miracolo" corrispondono alla discografia completa realizzata in studio. Il cd Sangue Vivo, pubblicato dalla CNT. Cantoberon nel 2000 è essenziale, accolto con un successo di critica e di vendita senza precedenti, ma sopratutto è il capolavoro acclamato, il manifesto della band salentina. 

Mamma Sirena è l'ultima produzione discografica concepita come un vero e proprio album in studio, ma si differenzia da tutti gli altri progetti, in quanto si tratta di un vero album a tema sul mito della sirena, dea e signora del Mare Nostrum. Realizzato nel 2015 per AnimaMundi Edizioni, una piccola label pugliese, lo potete acquistare a buon prezzo esclusivamente on line presso : animamundiedizioni.com/shop/musica/mamma-sirena




Recensione [ - Officina Zoè Mamma Sirena (AnimaMundi Edizioni 2015) + Videotrip di Edoardo Winspeare - Luca De Paolis - ]


Oggi non mi trovo  a scrivere semplicemente della Morsa della Taranta e della Pizzica del Ragno ma di un concept album, da cui è stato tratto lo spunto per la realizzazione del primo "videotrip" della storia della musica - ethno - popolare italiana. Nel caso della Officina Zoè la musica popolare del Salento non è soltanto danza e folclore, ma una grande espressione culturale della passionalità del Sud e del Mediterraneo, il pubblico lo sa, e vive ogni progetto di questo ensemble come un'appagante e completa esperienza d'ascolto. Il cd Mamma Sirena è l'ultimo lavoro in studio. Da allora l'attività di questa formazione si è concentrata nella dimensione dei festival e dei tour internazionali.


Mamma Sirena è un concept album del 2015, purtroppo passato quasi inosservato - pubblicato per la piccola label indipendente "AnimaMundi Edizioni" - dove il lavoro della Officina si concentra sul tema omerico dell'Odissea, e utilizza un legato concettuale che racconta la figura " tentatrice" della sirena attraverso una narrazione diversa. La Zoè fa riferimento ad una femminilità sacra, esoterica e salvatrice, come lo possono essere divinità antiche quali Ishtar, Iside e Afrodite. La sirena come elemento naturale, che si fa guida protettrice del viaggio, signora del Mare Nostrum. Tutti questi aspetti sono sviscerati  in maniera approfondita nell'esaustivo booklet del digipack, che include  dei passi letterari trascritti dal libro  "Il Canto delle Sirene " di Maria Corti, valorizzati anche da alcune suggestive icone medioevali, poste accanto ai testi dei tradizionali.
Mamma Sirena è una felice e riuscita sintesi di canti folclorici arrangiati con una prospettiva sonora del tutto aperta alla commistione di stili e linguaggi differenti. L'opera trae linfa vitale attingendo dal solco storico dei viaggi che hanno reso il Mediterraneo un mondo a parte, ricco di humus popolare, ma sopratutto un crocevia di civiltà in perenne trasformazione e migrazione. Il brano "Mare d'Otrantu Mia" - di Antonio Sforza e Angelo Piconese - apre il lavoro, ed è indubbiamente molto originale e interessante, per via degli efficaci arrangiamenti moderni della cantante Cinzia Marzo e di Giorgio Doveri (violinista e polistrumentista) ma anche per il contributo del " guest musician" Francesco Probo ( figlio di Lamberto)  che con la sua chitarra elettrica infonde al canto una personale suggestione " sirtaki blues".
Questo progetto, a differenza dei precedenti album in studio "Crita" e "Maledetti guai", si concentra su di un repertorio poco noto, i canti marinari, dove le vicende dei pescatori, delle sirene, ma anche dei navigatori nomadi - o conquistatori - si rincorrono. I canti di tradizione marinara non sono molto diffusi nel Salento, perché le popolazioni locali nel corso dei secoli si sono insediate sempre di più nell'entroterra, e quindi le forme di pizzica abituali sono quelle tipiche del neotarantismo che abbiamo conosciuto attraverso gli studi degli etnomusicologi Diego Carpitella e Ernesto De Martino, poi raccontati nei docufilm di Gianfranco Mingozzi. Vi sono dei brani particolarmente affascinanti, come nel caso di "Do Lampi", i cui arrangiamenti sembrano proprio evocare il suono del mare in tormenta, dove si staglia il lirico e intenso canto della Marzo. Bisogna dare merito all'ensemble di essere sempre riuscito a dare il massimo della suggestione in ogni ambito e frangente della musica popolare, di conseguenza i successi internazionali degli ultimi tour sono più che meritati. 
Un altro brano interessante è "Venti e burrasche", e si tratta di un tradizionale  molto raro; Cinzia Marzo lo ha ereditato oralmente da suo padre, che coinvolge in un sentito duetto poiché nell'intenzione della cantante c'è la volontà di rappresentare un simbolico passaggio di consegna tra la vecchia e la nuova generazione. Bellissima è la poetica di alcuni canti amorosi, quali "Li Billizzi " e "La Marinara". La pizzica da ballo appare sopratutto in "A Nuvaie ", il cui testo è un esplicito richiamo ad altri  tradizionali, come si evince nel frenetico rincorrersi dei versi sospinti e avvolti dal vortice ritmico del tarantismo, dove il contributo magistrale delle due voci, Cinzia Marco e Silvia Gallone viene sostenuto dai tamburi a cornice - e delle corde - trafitti dal violino " narrante " di Giorgio Doveri. 
Il momento topico di questo pregevole concept album è la suggestiva progressione strumentale della lunga title track "Mamma Sirena", a mio avviso una composizione innovativa, perché il canto popolare sembra essere completamente riscritto attraverso tutti gli umori esotici ed etnici della cultura mediterranea, sebbene sia suonato in presa diretta e registrato dal vivo.  Entrando nel dettaglio le voci di Cinzia Marzo e Silvia Gallone si completano come se fossero fuse in un melisma corale d'abbacinante bellezza, una pura estasi femminile che ci introduce al "viaggio". L’arrangiamento del brano della Marzo è sapientemente sorretto dai tamburi a cornice di Lamberto Probo - e della stessa Gallone - ma una menzione speciale va al chitarrista Luigi Panico, che costruisce un tappeto sonoro in grado di legare un'elaborata sezione centrale valorizzata dall'organetto diatonico del maestro Donatello Pisanello, in un crescendo musicale dove eccellono i virtuosismi di Giorgio Doveri al violino.  L'atmosfera torrida - e drammatica - emanata da questa musica, si acquieta poco prima della coda, che scema in una rarefazione di voci femminili ricongiunte con la profondità del mare. Tutta la costruzione musicale ha la struttura di una suite, dove le percussioni e la chitarra sono il legato - che sfuma in un epilogo onirico- di fatti l'ultima sezione sembra suggerirci un'idea di simbolismo ancestrale: l'ascoltatore riesce a percepire un canto che si fa congedo di pregnante bellezza, come se  la voce di questa Dea del mare fosse un possibile esperanto del mar Mediterraneo che governa - e protegge - le sorti di ogni Odissea.




La title track Mamma Sirena rinnova la collaborazione con Edoardo Winspeare e Luca De Paolis grazie alla realizzazione di un clip “promo” sperimentale, che è stato presentato anche come un’esperienza musicale, culturale ed estetica nella pizzica della Zoè, denominato Videotrip. La bellezza del mini film in questione risiede anche nel contributo che la compagnia di danza " Tarantarte" offre - con generosità - al progetto, valorizzando la preziosa e affascinante "cornice coreografica" di Mariastella Martella, che dirige con sapienza quelli che sono gli " elementi " danzanti - e in movimento - del lavoro.
Mamma Sirena è un concept davvero unico nella storia della musica popolare italiana, perché la tradizione della pizzica salentina viene trasposta in un'interessante racconto musicale, che può essere vissuto anche come un ideale viaggio trascendente. Lo stesso Videotrip  corrisponde a una trasmigrazione di suoni e immagini, poiché la musica e la danza diventano il rituale per ricongiungersi nel concetto del sacro femminile, che si libera da secoli e millenni di oblio, riscattando la navigazione di ogni popolo migrante. Non c'è un significato politico, ma un simbolismo arcaico e ancestrale, dove è importante la piena consapevolezza del significato spirituale del viaggio, vissuto anche come catarsi con la Natura. La Madre Terra è Mamma Sirena. Il Mare Nostrum rappresenta la vita e la morte, che sono esperienze imprescindibili, e complementari.    




REGIA      Edoardo Winspeare - Luca De Paolis

FOTOGRAFIA:     Guglielmo Bianchi - Davide Micocci

MONTAGGIO:    Luca De Paolis


MUSICA: Cinzia Marzo

                                               Cinzia Marzo - Voce
                                               Giorgio Doveri - Violino
                                               Donatello Pisanello - Organetti diatonici
                                               Luigi Panico  - Chitarra
                                               Silvia Gallone - Voce e Tamburello
                                               Lamberto Probo - Tamburrello


DANZA:   Coreografia di Maristella Martella

Compagnia Tarantarte
Silvia De Ronzo, Manuela Rorro, Antonella Boccadamo, Laura De Ronzo, Veronica Calati, Cristina Frassanito,  Maristella Martella, Carla Stasi



COSTUMI:           Ivana Pantaleo  ATELIER NANNAALEO


   

Ass. Operatore:  Diego Silvestri
Drone: Renato Capece


RINGRAZIAMO

Associazione Magna Grecia Mare, Porto Museo di Tricase, Ecomuseo di Venere.
                                  
Tutto l’equipaggio del Portus Veneris





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