My Ideal Blog : Globalartisticfusion.blogspot.com di Patrizio De Santis Patrizio De Santis è titol

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Questo blog è nato come se fosse un'isola felice dove sperimentare una scrittura personale e condividere le mie passioni con qualsiasi internauta interessato alla bellezza. La sua dinamo propulsiva è la passione e l'amore per l'Arte. Ho realizzato uno spazio libero e autogestito, impostando tale contenitore come se fosse un potenziale Magazine cartaceo di approfondimenti culturali e artistici. Global Artistic Fusion è una sintesi della mia ricerca popolare e culturale: un mondo che vi offro nel My Ideal Blog 2.0

venerdì 19 aprile 2019

Una storia comune - Studio su Platonov di Anton Cecov : Teatro C.A.S.T. - Progetto Garden.

UNA STORIA COMUNE - STUDIO SU PLATONOV : TEATRO C.A.S.T - PROGETTO GARDEN - SOLD OUT AL TEATRO COMUNALE DI MONTALTO DELLE MARCHE - SABATO 13 APRILE, ORE 21 .OO


[ Introduzione - Una storia comune - Studio su Platonov di Anton Cecov - un servizio di approfondimento culturale di Patrizio De Santis ]


Con My Ideal Blog oggi voglio tentare di realizzare uno spunto di riflessione in una sorta di "non" recensione cercando di utilizzare uno sguardo analitico e trasversale,  afferrando 
l'opportunità di uno stimolo creativo " giocando in casa" perché essendo un cittadino interessato di prima persona al tema di questo servizio,  da residente in un paese 
dell'entroterra di Ascoli Piceno, Montalto delle Marche ( la città di Sisto V) e avendo assistito Sabato 13 Aprile, ore 21.00 al Teatro Comunale ad un evento a mio avviso interessante, sopratutto per quel che concerne il messaggio che si è voluto offrire al pubblico e a tutta la cittadinanza, mi sembra una buona opportunità di crescita per il mio stesso contenitore culturale. 
Il sottoscritto preferisce allontanarsi dalla comune scrittura del recensore ( anche se c'è da dire che il mio blog non è mai stato uno spazio per recensioni ma per approfondimenti più tosto elaborati.) Una rappresentazione teatrale, considerando che di teatro andremo a parlare, è una possibilità in più per porsi in maniera interattiva sia con un territorio che conosco bene, che per riallacciare un rapporto diretto con la passione per il teatro, essendo stato un interesse più simile ad un amor di gioventù. Nel fare ciò sono doverose le distanze emotive perché il mio articolo è un offerta per tutti gli internauti, lontani e vicini. Non sarà affatto facile, dopo tutto mi vado a misurare con un tema che richiede professionalità, trasparenza ma sopratutto onestà intellettuale. Patrizio De Santis


[- Una storia comune - Studio su Platonov di Anton Cecov. Riflessioni e considerazione sul tema di
una rappresentazione teatrale della compagnia " Teatro C.A.S.T " - ]

Il Teatro Comunale di Montalto Marche, attraverso una felice collaborazione tra l' Associazione Città di Sisto V con il comune di Folignano e il " Teatro C.A.S.T ", una professionale compagnia teatrale di Ascoli Piceno, ha ospitato un evento meritevole di attenzione perché è stata portato in scena una rilettura moderna, brillante e vivace del Platonov, dal titolo " Una storia comune - Studio su Platonov di Anton Cecov ( una rivisitazione che tra l' altro ha già conosciuto riscontri e successi di pubblico in altri teatri, o rassegne artistico culturali) sorretta dalla buona regia di Alessandro Marinelli.
Ora è interessante capire di cosa stiamo parlando, ma sopratutto il perché è necessario parlarne proprio ora, nella nostra contemporaneità. Per prima cosa bisogna sapere qual'era la natura di Anton Cecov nella sua essenzialità biografica, poetica e letteraria, ossia la dinamo propulsiva della sua arte, ed è 
l'origine filiale di un russo di famiglia umile di Tagarong, nato nel porto di Mar d' Azov, il 29 gennaio del 1860 da parte di commercianti della gleba.  Quest'uomo attraversa l' onda in divenire del grande cambiamento avvenuto tra l' ottocento e il novecento, e lo fa' affrancandosi da una condizione umana poco più che modesta. In quel preciso arco temporale bisogna poi contestualizzare il valore aggiunto del "fare arte " all'interno di un particolare humus socio economico, culturale e politico che inizia a correre velocemente con i primi venti progressisti, ma anche con l' avvento del concetto di capitale della società industrializzata.

Noi attualmente siamo ancora parte di quella umanità, figli dell' uomo contemporaneo vissuto ai tempi delle grandi ideologie politiche, ma di contro viviamo il paradosso di
un ciclo storico che si sta inevitabilmente esaurendo in un' epoca completamente diversa e molto complessa, di transizione e figlia del post modernismo, che è paradossalmente alienata dal processo di industrializzazione che si rivela un benessere misero, cagionevole di aver impoverito l' umanesimo e lo spirito.  Una contraddizione del progresso che si è manifestata sopratutto con 
l'avvento della " rivoluzione " digitalizzata, che non conosce un effettivo freno, e di conseguenza tutte quelle che potrebbero essere le infinite possibilità di crescita e sviluppo per il cammino dell' uomo tendono a franare in una mancata elaborazione di taglio intellettuale e umanistico,  la cui assenza del pensiero si ripercuote sulla qualità del rapporto umano, la vera connessione, nel male come nel bene, 
l'unica capace di far grande e funzionale una vera società.

[ In sintesi tutte quelle grandi conquiste socioculturali, con le conseguenti scoperte concepite in dote  al progresso scientifico industrializzato, chiaramente da noi ereditate ma concettualmente nate in quel preciso passaggio epocale di cui Cecov è stato uno dei testimoni, si sono manifestate nel corso  di tutto il novecento in un crescendo vertiginoso, favorendo nel nuovo millennio una società sospinta dalle macchine e dallo sviluppo tecnologico, regolamentato da un sistema economico monetario tecnocratico che ha favorito il progressivo e conseguenziale impoverimento del contatto umano per assenza di empatia.]

Ora poniamoci un interrogativo [...]  noi, come collettività, che che cosa possiamo fare culturalmente per ricostruire un tessuto sociale di taglio umanistico, ma sopratutto cosa può offrire l' arte, visto che è un linguaggio che non conosce tempo e spazio, e quindi è una " materia di lavoro " malleabile in grado di trascendere in ogni epoca di transizione e dal contesto storico fortemente in crisi.

Anton Cecov ci vuole parlare dei rapporti umani esattamente perché è bene fare attenzione all' animo per averne cura, perché una volta che si è deteriorato e compromesso nell' assenza di una virtù dei valori, muore epurato della sua limpida trasparenza, e quindi perisce privo di onestà intellettuale e di conseguenza ciò che accade al singolo può danneggiare la vita altrui, e così ledere la stessa società. Noi dobbiamo essere certi che tutta la memoria storica di cui abbiamo documentazione ci rivela che la ricerca dell' uomo, spirituale come laica umanistica, sociale e politica, si è posta con il presupposto di migliorare il cammino dell' umanità attraverso un sentire comune, ma entrando nel conflitto, e proprio per questo è necessario rispondere al quesito con un indagine che sia in grado di trovare una soluzione affrontando tale paradosso esistenziale nella centralità del problema : studiando la natura dell' uomo, indagando tale essere nel bene come nel male. E' stato così chiaramente per l' arte; l' introspezione della drammaturgia russa ne è la prova più compiuta e manifestata.

Per esempio, il "cuore " è uno dei pilastri di questo cammino, anche se ai nostri occhi ciò che intercorre nell'amore tra l' uomo e la donna ci sembra un qualcosa di frivolo, per certi versi addirittura obsoleto e cagionevole di mancate libertà, eppure ne abbiamo memoria da sempre, sia nel Simposio di Platone, come in una qualsiasi opera di Anton Cecov, e tanto per far ritorno nelle mie Marche possiamo citare il recanatese Giacomo Leopardi (di Recanati, Macerata.) che ha avuto il grande pregio di concepire una visione altamente spirituale, fanciulla e eternamente femminea del sentimento romantico, quasi di una purezza cosmica e trascendente, a mio avviso ancora da indagare pienamente a fondo.


[ - Lo spettacolo : Una storia comune - Studio su Platonov di Anton Cecov / Un Focus sul tema di Platonov e sulla natura del " Progetto Garden" + Recensione  - ]

Ritornando sul tema di quanto ho già sviscerato nella precedente analisi, oggi perché è dunque così importante  quell' umanesimo artistico nel presente, necessariamente rivisto e traslato con un linguaggio giovanile e dinamico, e di conseguenza vissuto e sviscerato interiormente in un' epoca di conflitti e contraddizioni umane ? Sicuramente ognuno di noi dovrebbe porsi più di una domanda per poi trovare una personale risposta, lavorando esattamente su' di quella verità interiore, ma universale, di cui Cecov è stato un ricettore nella sua ricerca di connessioni e interconnessioni tangibili, con un linguaggio concreto e manifestato, e non come oggi che disperdiamo l' energia tra le briglia  alienanti di una società "meccanica " e " tecnocratica ", dove il consumo, l' apparenza è l' individualismo esasperato producono non più il cinismo, ma il ben più deleterio nichilismo.
L' Indagine del cuore è il fulcro della letteratura, della poesia, del teatro, delle arti e di tutto il sapere. 
l'uomo, la donna, la famiglia, e la civiltà, infine il mondo, sono la coralità del teatro che è la rappresentazione dell' umanità, perché nella virtù di un buona opera vi è una grazia che sana la stessa miseria che è insita nell' animo di ognuno di noi, attraverso il male. Ed è questa la sua semplicità, in quanto verità essenziale [...]  A questo punto " Una storia comune " è  presente in ognuno di noi, ma ora domandiamoci chi sia, o cosa sia stato Platonov e perché questo personaggio è ancora contemporaneo ...

Riformuliamo il quesito da un altro punto di vista, per esempio : come si è posto il " Teatro C.A.S.T con le tematiche care a Cecov, attraverso il progetto " Garden, ma sopratutto qual'è il suo scopo ?

[ Una storia comune - studio su Platonov di Anton Cecov è il frutto di un percorso concettuale e di una progettualità di tipo e carattere analitico pedagogico all' interno del " Progetto Garden- laboratorio creativo sull' arte dell' attore", che si presuppone essere una sorta di cantiere di idee e creatività in Work in Progress, e quindi di natura aperta, sospinto da un flusso emotivo ed emozionale in costante evoluzione, poi definito e organizzato attraverso l' "ordine" concreto dello spettacolo.]

Ora possiamo ritornare al personaggio di Platonov, capire chi è, ma sopratutto cosa rappresenta in una storia comune, come potrebbe essere la mia medesima esistenza, quella dell' attore, del suo stesso pubblico, e di tutti gli internauti che stanno leggendo questo servizio. Anton Cecov è stato uno dei più grandi drammaturghi del suo tempo, a tal punto da essere oggetto di studio e rivisitazione anche nel presente, di conseguenza la compagnia C.A.S.T ha lavorato in maniera pragmatica e concreta su di una " materia " universale, che è
l' animo umano.
Platonov è stato concepito nel 1881, quando il maestro Cecov era poco più che ventenne, ed è la storia di un uomo di 27 anni che tende a perdersi in una costante contraddizione morale, un personaggio cinico, il cui unico scopo è la rincorsa di una fallace estetica sociale per  coltivare un effimera nobiltà d' animo, il tutto con il fine di apparire un individuo giusto e di spirito all' altezza di ogni situazione, sopratutto se al di dentro dell' alta società di cui volente o nolente sa di far parte, e che il più delle volte tende a irridere, giudicandola. Ai nostri occhi però vi è più umanità, se non addirittura una parvenza di grazia, in tutti gli altri individui del suo stesso ceto, che ci appaiano più autentici e genuini anche nelle miserie comportamentali e relazionali, nell' assenza di contegno e di virtù etica e morale.
Platonov, è però consapevole di questa ambiguità e si sente costantemente frustrato, un uomo in trappola, a tal punto che in verità disprezza se stesso e non riuscendo a risolvere la propria contraddizione interiore per scegliere di uscire dal ruolo e inseguire la libertà della vita, si eclissa miseramente nel dramma di un tragico epilogo esistenziale, la cui decadenza sarà la sua inevitabile fine.

Parlando dello spettacolo a cui io ho assistito, premetto che ho scelto deliberatamente la visuale più lontana, nel fondo della platea della sala del teatro comunale del mio paese, una decisione presa appositamente per valutare il tutto dal punto di vista più scomodo, almeno per poter pensare di scrivere un articolo, e posso dire che questa giovane compagnia teatrale di Folignano ha una buona metodologia del lavoro, a tal punto che mi sento di affermare che è sicuramente destinata a crescere e a farsi strada in un tutto il territorio, e non solo, sia per quel che concerne l' aspetto della resa tecnica, con tutte quelle voci che vanno dalla regia all' utilizzo delle luci, dei suoni e delle musiche e di mirate effetti scenografici dal taglio incisivo ( volendo essere critici diciamo che eccetto qualche marginale difficoltà di resa dell' acustica, che potrebbe esserci, come non esserci a secondo delle location) tutto è filato liscio e gli attori sono stati coerenti con lo scopo che il C.A.S.T si è prefisso con il " Progetto Garden "perché si sono posti esattamente come un " laboratorio creativo dell' arte dell' attore "e la professionalità si evince dalla passione che hanno inscenato sul palco, esattamente come se il palcoscenico e il tema portante fosse un appendice delle loro stesse vite.  Essendo uno studio sulla figura di Platonov evidentemente hanno dei bravi maestri alle spalle, e parlo al plurale perché le figure maestre nelle vita risiedono in chiunque e in ovunque, e nel fare questa affermazione vorrei semplicemente far presente che il mestiere del fare ( e farsi) arte è una possibilità molto democratica e inclusiva, " una storia comune ",  a patto che che ci si ponga come degli appassionati studenti della bellezza.


Lo studio su Platonov è stato un processo di trasformazione della drammaturgia esistenziale russa verso i lidi popolari della commedia brillante autoctona, audace perché figlia di un tempo come il nostro, e quindi traslata in una scenografia e un soggetto più contemporaneo dove l' esistenziale permane ma si colora di un linguaggio tra il surreale e il paradosso della satira più " Pop " per meglio attingere nelle tematiche amorose, passionali, erotiche in un costante ludico e multiforme caleidoscopio di umori e visioni, il tutto inframmezzato in quattro tempi, suddivisi in mattino, pomeriggio, sera e notte, dove prende forma un lavoro di senso compiuto e armonioso, sorretto con un tracciato concettuale rigoroso ma di largo respiro, perché si tende all' improvvisazione nella coralità delle voci stilistiche ed espressive chiamate in causa. Alle spalle c'è un lavoro certosino, serio, ma sopratutto credibile e rispettoso del Platonov di Anton Cecov.  Il Teatro Comunale di Montalto delle Marche ha retto bene la prova ; io l' ho frequentato relativamente poco, ricordo il passaggio di un' orchestra sinfonica e di un trio di musica da camera, un duo per pianoforte, qualche conferenza. Personalmente si potrebbe fare una programmazione molto più audace e rischiare, ma andando a sacrificare la politica del numero e il consenso a priori.

[ - Riflessione conclusiva - ]

L' aver pensato di investire sul lavoro svolto dal Teatro C.A.S.T con il Progetto Garden, più tosto che sulla satira della comicità nazional popolare televisiva, con personaggi quali Enzo Iacchetti oppure sul musical fiabesco per ragazzi, un appuntamento circoscritto all' evento annuale della tre giorni di " Notte delle Streghe e dei Folletti " o come saggio di scuola, ( tutte operazioni già portate in scena e che dovranno necessariamente essere replicate, visto il buon esito) per il sottoscritto è un valore aggiunto che può fare da apripista ad altre situazioni ed esperienze analoghe, anche di taglio diverso, sia da un punto di vista della complessità del dramma più classico che della ricerca di taglio sperimentale,  delle possibilità come tante. Il Modus Operandi del C.A.S.T ha alle spalle una progettualità di largo respiro, cosa che si evince dalla ragione artistica e sociale del Progetto Garden, un laboratorio brillate e creativo, audace e volenteroso di crescere e superarsi per offrire al proprio pubblico uno spettacolo sempre all' altezza della nobiltà intellettuale del mondo del teatro. Il mio augurio è di rivederli ancora nel mio paese perché sono un alternativa per un tempo libero diverso che può fare la differenza, sopratutto per la crescita della gioventù locale, se presa con la giusta vivacità e complicità. Un gemellaggio culturale tra comuni dell' ascolano che reputo positivo.

Teatro C.A.S.T. - Progetto Garden

in collaborazione con

Comune di Folignano - Assessorato alla Cultura
Comune di Montalto delle Marche
Associazione Città di Sisto V

UNA STORIA COMUNE - STUDIO SU PLATONOV DI ANTON ČECHOV

con

Fabrizio Di Luigi
Maurizio Emidi
Valter Finocchi
Chiara Giorgi
Oriana Ortenzi
Matteo Petrucci
Eloisa Pierantozzi
Roberta Procaccini
Andrea Scipi

Disegno luci
Pietro Cardarelli

Regia
Alessandro Marinelli


domenica 24 marzo 2019

La Stanza della Musica. La rubrica di approfondimento e recensioni musicali di My Ideal Blog : Enten Eller - Minotaurus ( Music Studio / autoproduzione 2018)




La Stanza della Musica è una rubrica relativamente nuova all' interno di My Ideal Blog, l' intento che mi sono prefisso è quello di raccontare un ascolto musicale per ogni mese dell' anno, cercando di " fermare " con le parole un flusso di suoni del presente, quindi legato alla nostra contemporaneità. Non si tratta assolutamente di recensire uno dei tanti e nuovi prodotti licenziati dall'indistinto oceano 
dell'attuale mercato discografico, infatti non mi sono imposto regole di uscita e pubblicazione dei supporti fonografici, ma più tosto di "pescare", con attenzione e passione nei "mari" del nuovo millennio, viaggiando nel globo terracqueo grazie a tutti quei suoni e quelle musiche ricche di significato e linfa vitale, e humus. Non sto utilizzando l' elemento dell' acqua per casualità, o per licenza poetica nella sua forma e maniera più pacchiana, visto che io con questa rubrica ho la necessità di scrivere di musiche e suoni che siano il più possibile liberi, senza confini e geografie ma con una forte identità, esattamente funzionali per essere parte di una cultura globale. Tutto può essere più chiaro con un esempio concreto e mirato, ascoltando e scrivendo di un disco come Minotaurus degli Enten Eller, che è nato come performance concettuale per uno spettacolo molto originale : un progetto per quattro musicisti e quattro danzatrici, il tutto dal vivo.  

Prima di sviscerare la trama di questo intrigante progetto in una forma esaustiva e chiara, vorrei ritornare all' elemento dell' acqua, e sopratutto spiegare il motivo perché ho scelto di associarlo proprio alla musica del nuovo millennio prendendo come esempio questa storica formazione di Ivrea. Abbiamo già detto che una musica è realmente necessaria qualora sia in grado di raccontare in modo evocativo il nostro attuale presente, per favorire un tema, un contenuto concretamente figlio dei nostri tempi, spesso culturalmente drammatici. In virtù di ciò l' ensemble Enten Eller si è posto di decade in decade come un' isola felice dell' avanguardia italiana, tenendo conto anche della tradizione e sopratutto di secoli e secoli di storia della musica, come anche della filosofia, della letteratura e della cultura, e nell' insieme tutti questi aspetti non fanno da contorno ma al contrario nell' insieme sono un buon collante per un idea di arte e  umanesimo globale del suono, che è un corpo sonoro fluido e fluttuante in trascendenza.
Enten Eller, all'interno del panorama musicale del Jazz italiano sono la formazione che più è stata, e continua ad essere rispettosa della natura afroamericana e politica del genere in questione, in quanto hanno appreso la più grande lezione culturale della nota " Blue" : l' essere parte di una cultura del popolo che sia universale, collettiva e inclusiva, con il sentimento e l' anima ma in continua trasformazione, come se le improvvisazioni e le composizioni fossero un lungo viaggio ma evitando accuratamente di scimmiottare i musicisti fondatori e la "negritudine" in senso deleterio, in sintesi cristallizzandosi in un estetica di superficie e di cliché.  Il collettivo di Ivrea ha attinto molto 
dall'Europa, ma sopratutto da tutti i mari che bagnano l' Italia, e ha sintetizzato il tutto in un suono che è la narrazione contemporanea della memoria storica.


[ - Minotaurus, il disco, la performance, il pensiero e il suono degli Enten Eller - ]

Minotaurus è un lavoro particolare e singolare, tra i più originali e innovativi che sia stato concepito in Italia dagli Enten Eller, ensemble fondato dal batterista Massimo Barbiero, che è l'ideatore e il pensatore, insieme al chitarrista Maurizio Brunod. Questo progetto artistico-musicale nato in quel di Ivrea nella seconda metà degli anni ottanta, che di decade in decade ha spesso mutato pelle con grande coerenza stilistica e umana, da gruppo "aperto" si è stabilizzato a quartetto con l' ingresso di Alberto Mandarini alla tromba e Giovanni Maier al contrabbasso.  Con tale riassetto dell' organico la storia degli Eller è giunta alla consacrazione di un percorso che ha visto fiorire nuove idee e risultati, attraverso molti riconoscimenti di settore, addirittura internazionali, senza nulla tagliere però lustro alle precedenti prove : Streghe, del 1987, Cassandra, del 1989, Antigone e Medea, rispettivamente 1991, 1996, più l' eccellente disco dal vivo che segna tale passaggio di consegna, Train d' Union, del 1998 ; tutti licenziati dalla Splasc(h).
Tale metamorfosi in quartetto non ha affatto escluso l' originale impostazione collaborativa voluta dal maestro e teorico Massimo Barbiero, al contrario ha permesso concretamente di affrontare progetti di largo respiro concettuale : i dittici con il sassofonista americano Tim Berne ( Melquiades, Auto da Fé) i dittici con il sassofonista e flautista argentino Javier Girotto ( Ecuba, Pietas) ma sopratutto il lavoro orchestrale E(X)stinsione, licenziato come Enten Eller Orkestra ( String Orchestra " B. Bruni" di Cuneo), aperto anche ai contributi dei grandi dell' improvvisazione italiana, da Carlos Actis Dato e le sue ance "militanti ", al più colto polistrumentismo di Giancarlo Schiaffini, memore di Luciano Berio, Luigi Nono, Franco Evangelisti e gli improvvisatori radicali europei, infine le narrazioni descrittive dell' arpa di Marcello Carbone, la voce popolare di Laura Conti, la scrittura letteraria di Franco Bergoglio, le immagini e la fotografia di Luca D' Agostino.  E(X)stinsione, doppio cd con corposo libretto è stato ovviamente progettato per una rappresentazione live, sound & vision nel 2012, ed è stato accolto dalle riviste americane come il " The Wall " del Jazz per le tematiche trattate, di cui in maniera indiretta ho scritto io stesso nella lunga introduzione di questo servizio.
Un altro grande momento culturale è lo spettacolo concettuale del " Settimo Sigillo " , progetto per musica danza e fotografia, ispirato al film eponimo di Ingmar Bergmam, con l' inclusione di Achille Succi alle ance, Lauro Rossi al trombone, la coreografia e la danza di Cristina Ruberto e Erika Martino, ma sopratutto della fotografia di Luca d' Agostino, ormai fotografo di fiducia. Chi ha buona memoria nel seguire My Ideal Blog : global artistic fusion 2.0 sa che ho sviscerato il tema di questa opera circa un anno fa, recensendo un dvd in relazione al cinema del regista svedese, ma saprà anche che  gli Enten Eller sono già di casa per via dei dischi Pietas ed Ecuba, perciò è con enorme piacere, da parte mia, ritornare sull' argomento, sperando sempre di avere ancora altre occasioni nell' immediato futuro. 


[ Minotaurus - La performance al Museo Garda, Ivrea, 17-03- 2018 - Open Jazz  Festival - ]


Minotaurus è una vera e propria opera concepita in concomitanza di una performance live audiovisiva all' interno delle sale del prestigioso Museo Garda, in data 17 Marzo del 2018, Ivrea. Minotaurus è un lavoro veramente interessante perché dal punto di vista concettuale ci permette di sviscerare molti spunti di riflessione e di conseguenza di essere vissuto al di fuori della sua rappresentazione live dove si è cercato di rendere contemporaneo, attraverso la performance multimediale, il linguaggio della musica e della danza con il mito di Arianna, Teseo, Minosse e del Minotauro in una narrazione descrittivo - sonora e visuale della metafora del labirinto, vista come una condizione inevitabile della vita che è anche una costante dell' umanità. Un mito forse più attuale di quanto si possa pensare, sopratutto ora che la rivoluzione tecnologica ha assorbito in maniera invasiva ogni campo della comunicazione, dal privato al professionale, "digitalizzando" la nostra esistenza, non ultimo la volontà di pensiero e di potere della scelta.  

Questo ultimo cd degli Enten Eller documenta, sempre per quel che concerna la sua parte audio, la performance integrale, ma forse è il caso di fare un tentativo nel descrivere il lavoro nella sua forma unitaria e complessiva, e quindi provare a raccontare che cosa sia accaduto al Museo Garda, il 17- 03- 2018 nell' ambito del trentottesimo Open Jazz Festival.


L' ensemble suonava questa articolata opera musicale in una stanza, mentre in altre sale del museo si muovevano tre danzatrici, e un danzatore, e ognuno di loro avevano il compito di relazionarsi, senza alcun contatto visivo, ma seguendo il tracciato sonoro dei quattro musicisti, il tutto mentre il pubblico si spostava di stanza in stanza, e da un punto all' altro della prestigiosa struttura prendeva così forma la metafora dell' oscuro labirinto, che in termini di paragone nel nostro contemporaneo coincide sia con un aspetto esistenziale, come anche multimediale.  Ciò che si è realizzato in tempo reale non è che una trasposizione moderna, e attualissima dell' intricato " dedalo " cognitivo, ed il pubblico si è trovato di fronte ad una coinvolgente performance interattiva dove la danza e la musica, in 57 minuti e 4 secondi, hanno riportato nel presente, ma sopratutto in una nuova veste e luce, le gesta di Teseo, il filo di Arianna, e l' uccisione del temibile e oscuro Minotauro.


[ - Minotaurus, il suono vibrante e danzante degli Enten Eller rigorosamente dal vivo - ]


Per quel che riguarda il supporto fonografico ci troviamo di fronte ad un vero e proprio concept album strutturato come se fosse una suite di Jazz creativo e di musica totale, anche se i termini e le etichettare nel descrivere il suono degli Enten Eller restano un tentativo inutile ma sopratutto fuorviante, come lo sarebbe per Igor Stravinsky, Iannis Xenakis, Art Ensemble of Chicago, Henry Cow, Company, Derek Bailey, Giorgio Gaslini, Andrea Centazzo, Keith Tippett, i King Crimson, Frank Zappa, Modern Jazz Quartet, John Cage.   
L' ensemble non è assolutamente derivativo, non pecca di esterofilia e tanto meno di mancanza di idea e di contenuto da sopperire con perizia e tecnica strumentale fredda e fine a se stessa, perché vive di tutto il patrimonio " popolare " dell' antico mestiere del fare e del comporre la musica, un concetto caro sia a Charles Mingus che a Duke Ellington, in maniera sicuramente viscerale e contrastante, ma anche rigorosamente mentale, cosi come lo è stato per Arnold Schoenberg.

Minotaurus è suddiviso in quattro "interludi" e  quattro "temi ", più un classico del repertorio, la storica " Per Emanuela ", perciò è sicuramente errato parlare di musica improvvisata, perché il lavoro si regge molto sulla composizione e vive del tracciato concettuale su cui poi si regge tutta la performance. E' un opera godibilissima anche come ascolto privato da casa con un buon impianto Hi-Fi perché c'è molta " fisicità " e anima, aspetto che si evince nel suono " live " ma sopratutto intercettando ogni singola vibrazione dell' inter-play, una caratteristica che negli Enten Eller ha raggiunto l' apice, e basterebbe ascoltare i precedenti cd : Euclide, Atlantide,Tiresia ( quest' ultimo, per il mio gusto personale è il loro capolavoro.)

Minotaurus è la seconda prova licenziata e venduta sul mercato attraverso l' autogestione,  insieme a Tiresia, rappresenta il nuovo corso di carriera ; tutto il resto della produzione è parte di un catalogo importante; stiamo parlando della Splasc(h), attualmente attiva sul mercato solo attraverso l' utilizzo delle piattaforme digitali, consultabile come ascolto digitalizzato in forma "liquida". Un vero peccato per noi cultori del disco e dell' alta fedeltà.
Io stesso ho acquistato tutta la discografia direttamente dal maestro Massimo Barbiero, che vi ricordo, artefice di tante altre esperienze e situazioni musicali interessanti, in solo, in duo, in trio, come fondatore degli Odwalla, nei Marmaduke, con Daniele di Bonaventura, e tanti altri grandi musicisti.

Il mio intento, più che di entrare nel dettaglio dell' intelaiatura sonora di questo eccellente cd, dove Massimo Barbiero, Maurizio Brunod, Giovanni Maier e Alberto Mandarini si confermano tra i migliori musicisti che l' Italia possa al momento offrire al mondo, resta quello di invitarvi all' approfondimento e alla conoscenza diretta  di tutto il loro percorso artistico, musicale e umano.  A breve sarà finalmente disponibile un supporto cartaceo " Il suono ruvido dell' innocenza", un tomo enciclopedico ed esaustivo scritto da Davide Ielmini, certosino per quel che concerne tutta la filosofia del suono e del pensiero filosofico Enten Eller, mutuato dall'opera " Aut Aut " di Soren Kierkegaard.  Soren è un filosofo danese illuminato di grazia propria, esattamente come Minotaurus e tante altre storie e gesta sonore, oppure se preferite, performance visuali e danzanti : Enten Eller è sopratutto una dimensione completa della musica, che non esclude assolutamente l' arte, la cultura, la politica, la filosofia, la spiritualità, 
l'umanesimo, e l'universalità di ogni disciplina manifestata come atto trascendentale della creatività. 




ODWALLA PERCUSSION
Pubblicato il 8 giu 2018


Minotaurus / Enten Eller - Clip  Progetto per quattro musicisti e quattro danzatori. La performance al Museo Garda, Ivrea, 17-03- 2018 - Open Jazz  Festival.


TESEO
danza:
Tommaso Serratore
chitarre: 
Maurizio Brunod

MINOTAURO

danza: 
Roberta Tirassa
percussioni: 
Massimo Barbiero

MINOSSE

danza: 
Sara Peters
tromba: 
Alberto Mandarini

ARIANNA

danza:
Giulia Ceolin
contrabbasso:
Giovanni Maier

Riprese video: 

Valentina Corrado

Montaggio video:

Valentina Corrado 
Rodolfo Colombara





venerdì 22 marzo 2019

Mataro da Vergato, cetaredo, cantore e pittore digitale, artista e performer multimediale.


[ - Mataro da Vergato, cetaredo, cantore e pittore digitale, artista e performer multimediale - ]

Introduzione al servizio, Mataro da Vergato. • a l t re c o n n e s s i o n i • Radio Città Fujiko ( aka Radiocittà Fujiko)

Mataro da Vergato è un artista di Bologna che ho conosciuto attraverso un interessante contenitore radiofonico impegnato nel promuovere 
l'arte dell'odierno panorama culturale post moderno, sto parlando di • a l t r e c o n n e s s i o n i • in onda in diretta streaming presso le frequenze di Radio Città Fujiko ( a volte Radiocittà Fujiko) nata nel lontano 1976 per merito dei fermenti della sinistra universitaria più libertaria, e per iniziativa di un gruppo di giornalisti bolognesi provenienti dalla redazione di un quotidiano locale, "Il Foglio" diretto da Luigi Pezzadri.   
Questa fascia radiofonica di circa un' ora, ogni lunedì si occupa di raccontare di tante situazioni e realtà artistico culturali che animano Bologna e dintorni, ed è strutturata a conduzioni aperte, come nel caso di " RadioKinodromo ", quando si affianca all' associazione Kinodromo, impegnata nella diffusione del cinema indipendente, i documentari, i cortometraggi e i Low budget.  
In • a l t r e c o n n e s s i o n i • le tematiche trattate vanno dalla musica al teatro, al viaggio, alla moda, fino alle realtà del web, come il mondo dei Social Network e dei Blogger.  

A questo piccolo ma interessante contenitore della radiofonia alternativa e universitaria, che si muove lontano dalle lusinghe commerciali del maistream, io devo un passaggio telefonico in diretta radio che mi ha permesso di parlare di cinema e musica, e letteratura, nel raccontare la figura di un musicista come Gato Barbieri in relazione con la nostra Italia, Bernardo Bertolucci e P.P. Pasolini, e di conseguenza ho avuto la possibilità di promuovere My Ideal Blog : global artistic fusion 2.0, ma sopratutto di sopperire ad alcune mie lacune di formazione con l' acquisizione di un background culturale moderno di cui ignoravo l' esistenza, tra cui l' artista di cui mi sto per occupare. 
Ricambio dunque la cortesia.

  Mataro da Vergato, cetaredo, cantore e pittore digitale, artista e performer multimediale 


  

Ho memoria e interesse per Mataro da Vergato relativamente da poco tempo, più o meno da circa due anni, entrando nel merito sono rimasto indubbiamente colpito per la completezza della sua proposta in quanto musicista, performer e videoperformer, attore di teatro, danzatore, coreografo ma sopratutto per il lavoro da lui svolto come Digital Painter, il cui immaginario rispecchia una tipologia di sensibilità che sento affine, e consiste nel partire dalla tradizione, e quindi dalle proprie radici culturali, per fare un discorso di innovazione fra il sacro e il profano,  trasmutato in una sorte di dissacrante "gnosi " artistico culturale e sincretica.  Nel compiere tale rivoluzione artistica, Mataro è in grado di utilizzare strumenti ancora vergini e di conseguenza inesplorati, come lo sono le nuove tecnologie digitali e lo stesso web, il tutto senza scadere nel sensazionalismo fine a se stesso e nella spersonalizzazione del background, acquisito attraverso lo studio e la pratica. 


In Mataro da Vergato percepisco la cultura greco-latina, cristiana, rinascimentale, illuminista, modernista, grosso modo tutto il DNA tipicamente Mediterraneo della nostra Italia, rivisto però attraverso un neoclassicismo ( Pop) d' avanguardia; volendo definire la sua mano, l' artista ha un approccio sicuramente trasversale, almeno nell' ambito delle arti contemporanee post moderne. 

La proposta di Mataro da Vergato è convincente, è radicata in questo nostro tempo presente, pur nell' attingere a piene mani dal passato.  La pittura digitale che da tempo propone non frana in un eccesso di radicalità neo modernista, ma non si fa nemmeno oscurare dalle briglia del conservatorismo accademico più prossimo al passatismo filo anacronistico ; oggi è raro incontrare un discorso come il suo. 

Nel raccontare questa storia voglio cercare di aprirmi a tutta la pluralità delle arti che l' artista bolognese ha studiato, rinnovato e promosso, che vi ricordo, includono la danza, la musica, il teatro, e la ricerca multimediale. Non solo Digital Painter ma anche cetaredo, ovvero il suonatore della cetra e della lira classica, di cui oltre a essere un professionale conoscitore, è anche un ottimo esecutore; basterebbe seguirlo nelle sue suggestive performance accompagnate dai canti evocativi, che ne rivelano il senso del teatro e della tragedia antica.  



Che dire? Quest'ultimo aspetto andrebbe sondato attraverso una fruizione diretta dello spettacolo live, dove l' elemento antico e popolare incontra il linguaggio della trasposizione moderna, attraverso la scenografia, la fotografia, 
l'assemblaggio delle luci nei teatri, come nelle gallerie d' arte, oppure tramite le installazioni e altre situazioni perfomative eterogenee nel contesto dell' arte contemporanea nazionale e internazionale, 2.0

  Mataro da Vergato, cetaredo, cantore e pittore digitale, artista e performer multimediale 



Stefano Armati si avvia al mondo della creatività artistica, diplomandosi all'Istituto d' Arte e successivamente frequentando l'Accademia delle belle Arti di Bologna, mentre il curioso nome Mataro da Vergato resta un collegamento con le proprie radici familiari, perché gli viene conferito dal nonno paterno, anche per un tributo al paese natio. L'incontro con il mondo  del Computer però avviene dopo aver vissuto un periodo di formazione in quel di New York,  come conseguenza di un fruttifero periodo di performer artistico internazionale; siamo nel 1990, e già il suo nome si è consolidato ma la gavetta richiede ancora un lungo tempo di attesa, e di studio : la rivoluzione digitale è dietro l' angolo. 

Mataro da Vergato inizia ha studiare 
l'interconnessione tra la fotografia e tutte le risorse grafiche offerte dal computer, e  questo periodo è riconosciuto nella biografia come la fase " grafico digitale " ( 1990, 1996) a cui fa seguito la sua concreta evoluzione artistica, la fase della " pittura digitale ", sviluppatasi dal 1996 fino al nuovo millennio, per giungere ad oggi, era e anno corrente 2019.

In un estratto estrapolato dalla pagina Facebook, Mataro da Vergato - Digital Painter , la pittura digitale di Stefano Armati viene riassunta e sintetizzata in maniera più tosta chiara ed esaustiva : 

 " La Pittura Digitale nasce come termine e come definizione dalla poetica artistica e di ricerca svolta dal 1992 da Mataro da Vergato. Tale ricerca ha portato a trovare, attraverso l'uso dei nuovi mezzi tecnologici, quella stessa fascinazione artistica che la pittura classica otteneva attraverso il disegno e/o la tavolozza dei colori. Mataro ha sostituito il gesto romantico del segno grafico, come documentazione della realtà ottenuto con lo scatto fotografico, unendolo all'infinita gamma di colori e di possibilità creative del computer. L'equazione quindi è: la foto sta al disegno come il computer sta alla tavolozza dei colori. Il risultato, che l'artista ne ricava, può ricordare nella forma la pittura classica ma nel contenuto la sua opera è priva di materia fisica perché fatte di pixels e di sequenze numeriche. "


Mataro da Vergato ha continuato anche a svolgere il dipinto su tela, per commissione, nel contempo si è ritagliato degli spazi culturali di prestigio per dei ruoli di insegnamento e workshop sul canto, la danza, la regia, la recitazione ; ha lavorato nel teatro ( Giulietta e Romeo, La fabula di Bacco, Lago dei cigni, L' Iliade di Omero, Amleto ecc ecc) ed è apparso anche in televisione, per la Rai, in " Tutto il mondo è teatro " di Vittorio Gasman, Il Commissario Sarti di V. Questi, ma anche nel film di Alessandro Benvenuti, " I miei più cari amici ".  


Numerose sono le performance a cui Mataro ha preso parte a cavallo della fine degli anni settanta e per tutto il corso degli anni ottanta,  e che poi, complessivamente sono rimaste negli annali della neo avanguardia artistica bolognese : Improvvisations, Ciakra, Callas in Disco ( Bologna 1977/80) Il Sonnambulo Meraviglioso,  Contemporanea, Biennale d' Arte di Bologna, nel 1986, l'Orfeo da Poliziano, Giardini del Guasto, Bologna 1986. 

Tra le tante iniziative va menzionata la proficua collaborazione con la poetessa Patrizia Vacinelli, attraverso una serie di performance portate in scena nei teatri, e nei circuiti alternativi nazionali nel corso della seconda metà degli anni ottanta : Ca + Ca : poema sonoro in due giorni, Teatro dell' Arte di Milano, 1987; Musiké : Danzatori, Teatro Trianon, Roma, 1987; Il Fido Giardiniere, Villa Medici, Pratolino ( Fi), 1987; Piazza Verdi , Bussetto ( Pr) 1988; Poesie Danzate, Piazza Margana, Roma, 1989.



Ritornando nel mondo della pittura digitale ciò che io trovo interessante sottolineare è sicuramente l' aspetto dissacrante che permea tra il sacro e il profano, sia nella sua rappresentazione più trasgressiva che in quella paradossale; una metamorfosi culturale che avviene nel rileggere il classicismo della tradizione in una lente sperimentale di antiaccademia creativa, come nel caso dell' esaltazione di certi significati  "gnostici"  traslati in alcune trasposizioni post moderne delle raffigurazioni del vecchio e del nuovo testamento nella serie " L' altro Adamo " e " L' altra Eva" ma anche le figure di Salomé, il Giovan Battista, la Maddalena, la Madonna e il Cristo. La pittura digitale di questo artista gode di una fascinazione concettuale di indubbia pregnanza erotica, e nel contempo eretico - dissacratoria, come lo è stato il processo di " sacralizzazione " del sesso che è avvenuto a cavallo di due mostre portate in esposizione presso lo Spazio Testoni - Galleria d' Arte Contemporanea di Bologna : " Holy Eros " del 2008 e  " Royal Eros " nel 2018.


“Composto da venticinque opere realizzate con la tecnica della pittura digitale, questo progetto ha richiesto tempi di elaborazione molto lunghi – dal 2008 al 2018 – e il recupero di una meticolosa artigianalità in dialogo con l’innovazione della tecnica. Con Royal Eros Mataro da Vergato prosegue la sua ricerca sul corpo inteso come scultura, come architettura, come Arte. Dopo la sua “sacralizzazione” in Holy Eros, in questa mostra il corpo-performativo, catturato dalla fotografia per rientrare all'interno dello spazio bidimensionale del quadro, è nuovamente utilizzato come elemento costruttivo: un bio-tassello dal naturalismo analitico ad altissima definizione, reiterato per creare motivi geometrici e decorativi, che compongono gioielli preziosi dalla grande forza icastica e di straordinaria qualità…”   Isabella Falbo (dal testo in catalogo Royal Eros)

Tuttavia l' opera di pittore digitale di Mataro da Vergato non si può chiaramente ridurre e circoscrivere in un unico solco monotematico ed espressivo, perché il background dell' artista è molto ricco, ed è palese che io mi stia concentrando sull'aspetto che di più mi ha attratto. Basterebbe un accurata e attenta indagine dell' opera omnia per trovare tantissimi riferimenti e temi di carattere " ludico ", tra cui l' omosessualità e la transessualità, dove è la giocondità dell' erotismo il fulcro del dipinto digitale, ma anche le tante modelle con la cetra e la lira, una visione che nell'insieme va a riassumere tutto il percorso dell' artista : la performance, la poesia, il teatro, la danza, la musica, la fotografia, la pittura su tela. 

Mataro da Vergato ha esposto le sue opere in ambiti e contesti nazionali e internazionali; possiamo menzionare la Biennale Internazionale d' Arte di Venezia, nel 2011, e il Leslie Lohman Museum di New York, dl 2012. 


Non si contano le prestigiose collaborazioni

conseguite con successo  in ogni ambito artistico, di alcune ne ho già fatto menzione,  e visto che lo spazio che ho a disposizione è per sua natura riduttivo, non mi è possibile un ulteriore approfondimento certosino e completo, mi limito dunque a menzionare il lavoro condiviso con alcuni artisti, o curatori  d' arte, tra i quali Enrico Baji, Luigi Ontani, Nino Migliori, Peter Weiermair, Vittorio Sgarbi e Philippe Daverio


My Ideal Blog : global artistic fusion 2.0, attraverso la mia scrittura, si è limitata a raccontare solo una parte di questa storia, soffermandosi su di alcune suggestioni, più tosto che su di altre, aiutandosi anche con i siti ufficiali del maestro Mataro da Vergato, e della galleria d' arte contemporanea Spazio Testoni di Bologna.  

Questo special nasce per il neofita, ed è stato scritto e pensato esattamente da un neofita con il piacevole " vizio " della curiosità. L' approccio che mi sono posto verso l' arte del maestro è di massima umiltà. Il mio intento è stato di rendere condivisibile ai più una piccola parte di un indagine privata. Indagare la bellezza, condividendola con gli animi più sensibili e ricettivi nei confronti dell' arte, e della cultura.

Il mio consiglio è di approfondire in presa diretta, cercando di vivere di prima persona l' affascinante e meraviglioso mondo dell' arte del maestro Mataro da Vergato.

 ( Patrizio De Santis













Mataro da Vergato - Digital Painter


MATARO da VERGATO  - Digital Painter

[ FLORA by Mataro da Vergato - Digital paint on wood - 90 x 120 - 2005 - Sole edition ]

" La Pittura Digitale nasce come termine e come definizione dalla poetica artistica e di ricerca svolta dal 1992 da Mataro da Vergato. 
Tale ricerca ha portato a trovare, attraverso l'uso dei nuovi mezzi tecnologici, quella stessa fascinazione artistica che la pittura classica otteneva attraverso il disegno e/o la tavolozza dei colori. 
Mataro ha sostituito il gesto romantico del segno grafico, come documentazione della realtà ottenuto con lo scatto fotografico, unendolo all'infinita gamma di colori e di possibilità creative del computer. 
L'equazione quindi è: la foto sta al disegno come il computer sta alla tavolozza dei colori. Il risultato, che l'artista ne ricava, può ricordare nella forma la pittura classica ma nel contenuto la sua opera è priva di materia fisica perché fatte di pixels e di sequenze numeriche. "



martedì 19 marzo 2019

La Stanza della Musica : Rubrica di approfondimento e recensioni musicali ( Mantra Informatico - Of Voice and Men, di Gianni Venturi)

Mantra Informatico - Of Voice and Men, di Gianni Venturi

Gianni Venturi è un indubbiamente un personaggio eclettico e trasversale della musica del nuovo millennio, in quanto agitatore e saltimbanco anarchico perennemente in bilico tra la poesia, la narrazione letteraria, la forma canzone sperimentale, la politica libertaria e l'elettronica,  ma sopratutto si muove coraggiosamente 
all'interno del mondo  
"liquido" dell' attuale rivoluzione tecnologica, portando schegge di umanesimo radioattivo, fluttuando nell'etere di questo immenso e oscuro, e monolitico corpo elettrico che è il web, e lo fa combattendo la distopia del nuovo millennio, tenendo sicuramente nella mente ben saldi i riferimenti mutuati dai romanzi simbolo:  i preveggenti 1984 di George Orwell, Mondo Nuovo e Ritorno al Mondo Nuovo di Aldous Huxley, Fahrenheit 451 di Ray Brandbury. 
Mantra Informatico è un titolo programmatico, un vero manifesto di intenti ma anche una coraggiosa esposizione mediatica della "voce" e dell' "uomo", come sottotitola l' opera di cui oggi voglio parlarvi. Voglio scrivere di questo lavoro discografico scrivendo qualcosa che sia il più possibile lontano dalla consueta recensione e il più vicino possibile alla folle anarchia artistica di Gianni Venturi, che a mio avviso merita tantissima attenzione e visibilità. Mantra Informatico è uno dei rari casi di album ideato per essere anche un supporto fisico, a differenza delle intenzioni iniziali dell' autore, abituato a muoversi libero soltanto nelle piattaforme digitali, quali Bandcamp ( https://gianniventuri.bandcamp.com/releases). Stando ai fatti la piccola M.P. & Records per volontà di Vannuccio Zanella ha voluto dare una possibilità di supporto e crescita 
all'artista bolognese, che entrando in questa scuderia ha definitivamente preso cittadinanza nel movimento neo- progressive 2.0.  Gianni Venturi resta però un corpo estraneo all' interno di questa galassia, sopratutto per via del provincialismo italiano, che soffre molto la mano invasiva del luogo comune in musica e del peccato veniale di esterofilia, un errore che nel bene come nel male abbiamo tutti ereditato, anche chi come me ne è insofferente. 
La musica di Mantra Informatico è quanto di più lontano possibile dalla musica progressiva canonica, al contrario è quanto di più vicino possibile alla musica elettronica, minimal o kraut,  e la New Wave più sperimentale. Citando il maestro Battiato, con molta ironia, visto la formazione di Venturi, questo album potrebbe avere per background " i cori russi, la new wave italiana, il free jazz punk inglese ", lo stesso influsso di Franco e un benevolo sguardo alla figura di Demetrio Stratos. 
Molti punti in sospeso di questa esperienza possono essere spiegati da Gianni stesso, che ha il merito-demerito di disarmare il mondo attraverso la sua nudità artistica che mi ricorda l'esposizione mediatica di Eugenio Finardi, oppure un personaggio ancora più estremo, ovviamente nei suoi esordi, mi riferisco a Juri Camisasca e alla controversa esperienza discografica del 33 giri " La Finestra Dentro " ( Bla Bla, 1974), per essere più chiaro vi girò qui la sua biografia ( https://giannijonathanventuri.it/gianni-jonathan-venturi/9). Ecco che ritornano i paragoni con la vecchia scuola, il mondo della Cramps di Gianni Sassi, Sergio Albergoni e Franco Mamone, dove cantautori particolarmente illuminati e sensibili, quali l' italo americano Finardi, Andrea Tich, Alberto Camerini e Antonietta Laterza, si ponevano con la stessa nudità artistica, di solito scomoda perché in un paese cattolico e perbenista come l' Italia il senso del pudore sopravvive in tutti i campi, anche in un contesto musicale che si prefigge apparentemente di rompere con gli schemi.

[ - Mantra informatico Of Voice and Men, un Blues Liquido per una rivoluzione post moderna elettro cibernetica 2.O -]


Mantra informatico è dunque una narrazione di parole e pensieri scomodi, all' interno di un involucro sonoro elettronico inclassificabile, dove la voce di un uomo canta la disperazione e l' alienazione del nuovo millennio [...] e se questo concept album poco allineato non obbedisce ad alcuna regola e classificazione utile al mercato come alla stessa critica, così è anche per l' animo del musicista, e non ultimo il vivere quotidiano dell'uomo che c'è dietro al progetto. 

Mantra informatico Of Voice and Men di Gianni Venturi è un Blues Liquido per una rivoluzione post moderna elettro cibernetica 2.O  essenziale per navigare liberi con la connessione internet nei labirinti del Web, cercando sopratutto di districarsi nell' effimero mondo dei Social Network, sempre più ridotto ormai a delle discariche umane dove la storia del 1900 viene triturata e dispersa in un flusso selvaggio di dirottatori Fake e pirati virtuali fantasma, senza dimenticare tutte le presenze occulte e distopiche interessate al business del neo capitalismo liberale più avanzato  [...] Mantra Informatico è un disco terribile, perché è maledettamente umano, vivo e incisivo, quasi un' ancora di salvezza su cui aggrapparsi durante la navigazione Internet. Mantra Informatico è un brandello d' amore che sopravvive in un opera di cui si parlerà domani, come essenziale documento di un epoca controversa e di profonda trasformazione.

Che altro aggiungere a questo mio flusso emotivo di parole ?

E' doveroso chiudere citando tutta la crew di lavoro che ha reso un grande progetto Mantra Informatico - Of Voice and Men di Gianni Venturi : Valerio Venturi, al basso e all' elettronica, Emiliano Vernizzi al Sax, Deborah Longini, al Sax, le voci del fedele compagno di avventure Lucien Moreau, infine gli arrangiamenti curati dal fonico Daniele Bagnoli.

Io penso che questo album vada supportato in tutti i modi possibili. Questo è il mio contributo alla causa del Mantra Informatico !

lunedì 18 marzo 2019

La Graine et le Mulet - Cous Cous, un film di Abdellatif Kechiche. (2007)

La Graine et Le Mulet - Cous Cous, un film di Abdellatif Kechiche (2007)


Cous cous (La Graine et le Mulet) è un film francese del 2007 scritto e diretto dal tunisino Abdellatif Kechiche, nato a Tunisi il 7 dicembre del 1960, e in seguito naturalizzato in Francia.
Stando al titolo originario La Graine et le Mulet , il regista ha realizzato questa opera come omaggio a suo padre poiché la traduzione corretta è difatti esplicita "Il grano (di semola) e il cefalo", l'ingrediente di base per un buon cuscus di pesce, che nella storia del plot è un elemento indispensabile per meglio comprendere il senso di tutto il film. 
La curiosità della curiosità, tuttavia resta che il regista in questo profondo tributo e omaggio alla figura paterna e alle radici, per circostanze sfavorevoli si vede costretto a stravolgere parte della lavorazione perché i due attori che originariamente avrebbero dovuto interpretare i ruoli fondamentali del film , vengono a mancare durante le riprese. 
Di conseguenza, a posteriori, la pellicola diventa anche un riscatto in onore di chi ha offerto il proprio contributo alla riuscita del lavoro, anche nella circostanza avversa del destino.

Il film è una produzione francese ed è stato girato a Sète e a Lattes, in Francia, dal 5 settembre 2005 al 16 gennaio 2006. Cous Cous narra essenzialmente le tristi vicende dello sfortunato Slimane, un magrebino  che fa il muratore ma con una situazione privata poco rosea, in quanto è un divorziato che si appoggia nell' albergo di proprietà dell' attuale compagna, e la figlia di lei, Rym, alla quale è molto legato.  
La ex moglie, dalla quale ha avuto diversi figli, è un ottima cuoca di cuscus, e per peculiarità tradizionale è solita organizzare festanti cene in cui si riunisce tutta la famiglia. Slimane però si trova costretto a rivedere drasticamente la sua vita che scivola sempre di più verso la povertà, perché per la sua età si trova costretto a dimezzare gli orari di lavoro ed è allora che tenta l' azzardo del cambiamento, cercando di trasformare una barca da rottamare ancorata nel porto in un ristorante dove servire il cuscus cucinato dalla ex moglie. Inizia questa nuova impresa con l'aiuto di Rym, e si impegna nel chiedere i permessi e i finanziamenti necessari, purtroppo invano visto l'estenuante serie di rifiuti burocratici. 

Molto coraggiosamente decide di preparare comunque il ristorante con l'aiuto dei figli, e di dare una cena "dimostrativa" dove invitare i vari funzionari dai quali dipende la realizzazione del progetto, e proprio in questa circostanza la fatalità giocherà ancora a sua sfavore ma l'intervento di Rym farà la differenza attraverso una spettacolare danza del ventre. Fin qui tutto sembra convergere verso una risoluzione favorevole, ma niente è come sembra [...] lascio il momento migliore del film, quello inaspettato, il più profondo e carico di significato agli occhi vergini di un possibile neofita. 
Per chi invece ne conserva la memoria, il mio suggerimento è di rispolverare uno dei migliori momenti della cinematografia del nuovo millennio, con il sentimento dell' empatia e della fratellanza tra i popoli, sopratutto in un momento storico e socio culturale come è quello che stiamo vivendo, di profonda e drammatica trasformazione. Cous Cous richiede il linguaggio dell' umanesimo per essere assimilato come pellicola testimone di un tempo presente, dove l' amore e l' umanità non devono assolutamente mai venire meno. Ho scritto questo servizio nella maniera più semplice e diretta possibile, il resto lo fa la visualizzazione di un buon home video.

Titolo originale La Graine et le Mulet

Lingua originale francese
Paese di produzione Francia
Anno 2007
Durata 151 min
Genere drammatico

Regia Abdellatif Kechiche
Soggetto Abdellatif Kechiche
Sceneggiatura Abdellatif 
Produttore Claude Berri
Produttore esecutivo Pierre Grunstein
Casa di produzione Pathé Renn Productions
Fotografia Lubomir Bakchev
Montaggio Ghalia Lacroix
Scenografia Benoît Barouh
Costumi Mario Beloso Hall
Trucco France Rossi


Habib Boufraes: Slimane 
Hafsia Herzi: Rym
Farida Benkhetache: Karima
Abdelhamid Aktouche: Hamid
Bouraouïa Marzouk: Souad
Alice Houri: Julia
Leila D'Issernio: Lilia
Abelkader Djeloulli: Kader
Olivier Loustau: José
Sabrina Ouazani: Olfa
Mohamed Benabdeslem: Riadh
Bruno Lochet: Mario
Cyril Favre: Serguei
Sami Zitouni: Majid
Mohamed Karaoui: Lafita
Henri Rodriguez: Henri 
Nadia Taoul: Sarah 






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