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mercoledì 14 marzo 2018

Lucio Dalla e Roberto Roversi : Il Giorno aveva cinque teste ( primo atto!)

Lucio Dalla - Il Giorno aveva cinque teste (1973)

Nei primi anni settanta la carriera artistica e musicale di Lucio Dalla era più che consolidata sia negli ambienti giovanili che nel pubblico trans generazionale nazional popolare. Dagli esordi Beat del biennio 1965/1966 , preceduti da una lunga gavetta come clarinettista e sassofonista Jazz , il futuro cantautore Bolognese aveva riscosso il plauso definitivo con il festival di San Remo e il brano 4 Marzo 1943 , non ultimo il successivo Piazza Grande. Non pago di questo unanime consenso e forse per via di un eccentricità multiforme , in parte ereditata dalla sua passione per il Jazz , Lucio Dalla sentì il bisogno di sperimentare e cercare nuove evoluzioni sonore per far crescere la sua canzone, di fondo sentì anche un esigenza di carattere politico e sociale come era lecito aspettarsi da uno nato in terra rossa.
Lucio più di tutto era un uomo irregolare e anticonformista e il suo ideale era un socialismo anarchico , e non di stampo comunista, vista anche la sua conclamata esigenza di omosessualità , assai osteggiata nella sinistra più prossima al pauperismo filo-sovietico o maoista, castrista. Trovò terreno fertile attraverso un carteggio intellettuale con il Professore poeta e narratore Roberto Roversi , firma storica della rivista letteraria culturale " L' Officina " e la scintilla che scoccò fra le due menti partorì poi una collaborazione assai coraggiosa per i tempi ma dagli scarsi esiti commerciali, acclamata solo per un plauso della critica specializzata ma destinata a crescere insieme con tutta quella Bologna alternativa, ai tempi attraversata dal fermento post sessantottino che convoglierà poi nello storico movimento del 77 , forse il vertice assoluto della Città.

Tutto questo sperimentare, nei suoni come nelle liriche,  troverà un vero amalgama nel successivo Anidride Solforosa , il capolavoro , e nel conclusivo Automobili. ( To be continued ... Seguitemi in questo viaggio !)Lucio Dalla e Roberto Roversi nel 1973 concretizzeranno il primo frutto di un sodalizio destinato a crescere in maniera coerente e nitida solo a partire dal secondo lp , poiché Il Giorno aveva cinque teste ,oggi come allora suona assai dispersivo per via dei troppi ingredienti e delle sperimentazioni musicali ai limiti della stravaganza , forse  perchè figlio dei tempi , strizzava l'occhio al Progressive ma senza volerlo lambire del tutto. Questo primo capitolo della coppia , di cui è giusto e doveroso  aggiungere il contributo del maestro arrangiatore Ruggero Cini , ha enormi pregi dal punto di vista concettuale per via di tematiche sociali molto coraggiose legate all'emarginazione e all'impoverimento culturale , il tutto narrato in dieci canzoni o favole allegoriche che restano sfuggenti , e senza mai volersi incontrare rendono l'ascolto estraniante , lasciando qui e là sensi di profonda inquietudine , a volte attraversati da una lirica poesia o dissacrati da un ironia sui generis e al vetriolo. I vertici assoluti e forse i più compiuti dell' album sono le disperate storie degli operai del sud Italia in cerca del miracolo economico di Torino e Milano , nei brani L' Auto targata T.O e L' Operaio Gerolamo. Entrambi godono di una costruzione musicale eccelsa , rispetto a taluni brani dove la stravaganza prende troppo la mano , inoltre descrivono in maniera reale il senso di disperata alienazione del dramma migratorio di allora , sia nel raccontare di un padre di famiglia che si reca a Torino in cerca di una possibilità di rivalsa sociale , che nel cupo racconto della morte bianca dell' operaio Gerolamo in un cantiere di Milano. Il resto del disco è puro pessimismo e la descrizione dell'alienazione meccanico-industriale di questa Italia del Nord si compenetra con una natura che resta una zona franca , oppure un forte presagio dove il crimine può passare inosservato , quindi un luogo minacciato dal nuovo che avanza. Lo sprazzo di luce arriva con la perla grezza della fiaba Il Coyote , forse una delle interpretazioni più belle di Lucio , ed è L' Utopia  che si fa avanti negli animi dei puri , quindi rappresenta il senso di bellezza che sopravvive e vince su tutto. Personalmente poi vorrei fare una menzione speciale per la canzone conclusiva del primo atto di questa trilogia , perché nel brano La Bambina ,  uno dei più stravaganti ma a mio avviso eccelsi , Lucio oltre a cantare la fine di un epoca, ovvero il miracolo del Boom economico degli anni sessanta , dispensa il suo migliore assolo di Sax su di un arrangiamento in stile Love Unlimited Orchestra ma in salsa pseudo Progressive.

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