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Questo blog è nato come se fosse un'isola felice dove sperimentare una scrittura personale e condividere le mie passioni con qualsiasi internauta interessato alla bellezza. La sua dinamo propulsiva è la passione e l'amore per l'Arte. Ho realizzato uno spazio libero e autogestito, impostando tale contenitore come se fosse un potenziale Magazine cartaceo di approfondimenti culturali e artistici. Global Artistic Fusion è una sintesi della mia ricerca popolare e culturale: un mondo che vi offro nel My Ideal Blog 2.0

mercoledì 19 agosto 2020

Storie di Jazz e dintorni : Ricordando Gianni Lenoci / Francesco Cusa & The Assanssins + FCT trio feat Giovanni Benvenuti - The Uncle ( Giano Bifronte)




“Dopo la prematura scomparsa di Gianni Lenoci esce il nostro cd. Ho deciso di dedicare a lui il titolo di questo mio ultimo lavoro: “The Uncle”. Così tutti lo chiamavamo, nella ristretta cerchia di amici. Originariamente il cd aveva come titolo quello di “Giano Bifronte”, ma dopo la scomparsa di Gianni Lenoci ho deciso di tenerlo come sottotitolo. Anche perché si tratta di un disco doppio: due gruppi che suonano le stesse mie composizioni, esperienza che avevo già attuato in passato con il cd “Francesco Cusa Skrunch – Electric/Vocal” e “Jacques Lacan, a true musical story” del 2010. Il disco esce per due differenti label riunite per l’occasione in un consorzio: Improvvisatore Involontario e Kutmusic. Gianni Lenoci ha suonato meravigliosamente in questo cd. La sua musica ci accompagnerà sempre” Francesco Cusa. 


Francesco Cusa & The Assanssins + FCT trio feat Giovanni Benvenuti - The Uncle ( Giano Bifronte)

" È dedicato alla memoria del pianista Gianni Lenoci il nuovo lavoro di Francesco Cusa dal titolo “The Uncle (Giano Bifronte)” pubblicato da due etichette riunite in consorzio, Improvvisatore Involontario e Kutmusic. Disponibile in digitale e come doppio CD, “The Uncle (Giano Bifronte)” vede il leader Francesco Cusa (batteria) affiancato da Gianni Lenoci (pianoforte), Giovanni Benvenuti (sax tenore), Valeria Sturba (voce, theremin, violino e elettronica) e Ferdinando Romano (basso).  "

I due gruppi, Francesco Cusa & The Assassins (Giovanni Benvenuti, Valeria Sturba, Ferdinando Romano, Francesco Cusa) e Francesco Cusa Trio feat. Giovanni Benvenuti (Gianni Lenoci, Ferdinando Romano, Francesco Cusa) suonano le stesse composizioni, che portano tutte la firma di Francesco Cusa. La versione in CD contiene anche un booklet con quattro poesie di Cusa dedicate a Lenoci."   

Improvvisatore Involontario/ Kutmusic.)



Per parlarvi di questa interessante produzione musicale di Francesco Cusa, nata inizialmente come un lavoro di ricapitolazione delle proprie capacità creative ( attraverso i due ultimissimi ensemble stabili: le formazioni The Assassins e FCT trio) ma con il tempo divenuto omaggio e celebrazione post mortem di Gianni Lenoci - amico fraterno e geniale compositore, improvvisatore e pianista del Jazz d'avanguardia - ho scelto di avviare una nuova rubrica chiamata "Storie di Jazz e dintorni".  
In questa nuova rubrica mi prendo l'impegno di scrivere anche di capolavori datati del genere - in tutte le sue declinazioni - perché io non amo fare il recensore - ma dare un'indirizzo narrativo ai temi che ritengo interessanti approfondire - e far conoscere al pubblico. Preferisco raccontare una storia monografico - musicale, più tosto che descrivere il contenuto di un disco. "Jazz e dintorni" deve fluire in una forma di narrazione certosina e ben scritta, perché mi piace l'idea di poter "improvvisare" - attraverso un flusso di parole "in divenire" - proprio come se io stesso fossi un Jazzman. Non essendo un musicista Jazz il mio scopo è quello di dare una vivida luce a delle impressioni e a delle riflessioni - che siano il più possibile avvincenti e intriganti - per ogni  "tema" trattato.
Considerando che oggi la musica è relegata ai margini dell'interesse collettivo e sociale - il disco è diventato un oggetto quasi invendibile - sopratutto ora che siamo costretti a vivere un'emergenza drammatica come  il post Lockdawn da Covid - 19  - con le ripercussioni economiche che ne sono conseguite - all'interno dell'effimero modello economico della globalizzazione - la mia speranza è di fornire un piccolo contributo alla causa, dal momento che amo il Jazz. 

Francesco Cusa è un'interessante musicista catanese - un tempo agitatore culturale della Bologna più effervescente e vitale - quella nata tra il movimento universitario "La Pantera " e il "Dams" e l'associazione "Basse Sfere" ( un collettivo di musicisti creativi fondato proprio da Cusa). Recentemente ha scelto di portare l'esperienza discografica della sua label " Improvvisatore involontario" nell'universo della musica digitale indipendente ( Bandcamp, Soundcloud) aprendosi anche a delle interessanti collaborazioni, come nel caso di questo progetto - Francesco Cusa & The Assanssins + FCT trio feat Giovanni Benvenuti - The Uncle ( Giano Bifronte) - condiviso con la " Kutmusic" di Dj Batman ( Nicola Battista, di Pescara). 

[ - La Kutmusic e l'Improvvisatore Involontario - ]

La Kutmusic nasce come marchio nel lontano 1988, fondata da uno degli storici esponenti della Italo House carbonara e "sotterranea" di quei tempi, Dj Batman. Il marchio della Kutmusic in principio viene utilizzato  esclusivamente per delle cassette autoprodotte. La label diventa una realtà sopratutto nel mercato degli anni novanta, quando - tra il 1995 e il 1998 - uscirono alcuni brani con il copyright kutmusic sulle compilation estere di House Music e Underground. Nicolo Battista nel 1998 opta per compiere il salto di qualità, e inizia a pubblicare una discreta mole di cd e cd -r  con il marchio SIAE - in seguito investe sul formato disco in vinile. La storia di questa "realtà" discografica indipendente giunge fino ai giorni nostri, sfruttando al meglio il mercato dell'ascolto e della fruizione della musica liquida con i singoli e gli album digitali. Nel tempo la varietà delle proposte si è diversificata e ha abbracciato gli stili più disparati ed eterogenei, come nel caso del Jazz sperimentale, la Library Music, il Rock,  l'Indie, il Rap/ Hip Hop, la World Music e molto altro ancora. La Kutmusic di Nicolo Battista ( aka Dj. Batman) ha saputo anticipare i tempi, perché  è attiva On Line fin dal lontano 1995 ( http://www.kutmusic.com/)


Basse Sfere e Improvvisatore Involontario - breve storia del collettivo - statuto e obbiettivi.

L'associazione "Improvvisatore Involontario" viene fondata subito dopo che Francesco Cusa ufficializza la chiusura dell'esperienza bolognese "Basse Sfere"; un'associazione e un collettivo di giovani improvvisatori in grado di svolgere una funzione di catalizzatore culturale per tutte quelle che sono state le situazioni artistiche più trasversali ed eterogenee della storica cittadina universitaria negli anni 90.  Questa primo collettivo è stato un vero laboratorio di innovazioni e idee all'avanguardia, influenzando anche il panorama nazionale ( ricordo alcune analisi e considerazioni critiche apparse nel mensile storico Musica Jazz) 
Molti di quei primi progetti Cusa li ha condivisi con la cantante Cristina Zavalloni ( ai tempi compagna anche nella vita). Per Francesco si è trattato di un lungo percorso fiorito subito dopo essersi laureato nel Dams - con la tesi "Gli elementi extramusicali della performance jazzistica" - ma essendo una personalità che non riposa sugli allori, sente il richiamo della terra natia, la Sicilia. Il nuovo collettivo di musicisti nasce a Catania nel 2004 per volontà di Francesco Cusa e i chitarristi Paolo Sorge e Carlo Natoli. 
Le direttive della scuola/ collettivo Improvvisatore Involontario conquistano un crescente numero di personalità del nuovo firmamento impro - jazz, grazie a una connessione su scala mondiale che ad oggi conta 25 membri provenienti da Roma, Milano, Parigi, Berlino e New York. Collante e punta di diamante è l'orchestra "Naked Musicians" ideata e diretta da Francesco Cusa. Il musicista si prodiga nel ruolo di maestro - concertatore, e vuole spingere l'asticella dell'avanguardia italiana verso altri orizzonti - che partendo da una nuova e personale idea di conduzione per composizione istantanea - si apra al resto del mondo con più convinzione - senza provincialismo e sudditanza. 
Nel marzo del 2011 l'orchestra raggiunge la mecca delle avanguardie afroamericane,  New York, dove si esibisce coinvolgendo alcuni ospiti di prestigio : Mauro Pagani, Elliott Sharp, Cristina Zavalloni, Jim Pugliese e Ron Anderson. Avere un plauso nel territorio di Butch Morris, John Zorn e William Parker è stato sicuramente importante per poter maturare molti altri progetti, tra cui Naked Musicians Vocals e i tanti seminari e workshop. 
Il cd Naked Musicians - Music for 24 Musicians - A Sicilian Way of Cooking Mind è un discorso a parte, perché si tratta di un manifesto FREE tutto siciliano - esclusa la straordinaria partecipazione di un trombettista eccellente, ma ingiustamente sottovalutato - Riccardo Pittau - di origine sarde - che si è trovato perfettamente in linea con le idee di Cusa - tra l'altro per la label del collettivo viene pubblicato il suo validissimo lavoro con l'ensemble Riccardo Pittau Congregation - il cd  "Death Jazz". Questi due cd che ho menzionato sono assolutamente da acquistare, e ascoltare con attenzione. Meritano la giusta considerazione.  

Naked Musicians / conductions - estratto dal sito : https://www.improvvisatoreinvolontario.com/chi-siamo :

"Attraverso una personale versione della ormai nota tecnica detta conductions, Francesco Cusa indirizza con un insieme di simboli gestuali i talentuosi musicisti coinvolti in un flusso che ha come intento condiviso quello di unire l'immaginazione compositiva del direttore e la forza creativa degli strumentisti col fine di creare un'opera densa e stratificata. Più che un'improvvisazione collettiva si tratta di una vera e propria composizione istantanea a più mani, in cui possono scontrarsi e sovrapporsi moduli ritmici di richiamo minimalista, tribalismi percussivi o vocali, puntillismi astratti, fraseggi jazzistici, elettronica (live-processing), sample di partiture contemporanee o citazioni da juke-box nazionalpopolare."

Lo statuto dell'associazione Improvvisatore Involontario ha lo scopo di promuovere e diffondere progetti e realizzazioni artistiche in diversi campi : dalla musica alle arti visive e letterarie, si passa anche attraverso il design, la scultura, l'architettura e tutte le voci che fanno parte del web design; tra cui grafica ed editoria. L'Improvvisatore Involontario ha promosso lo sviluppo, la formazione e l'orientamento di molti talenti. E' stata, ed è una scuola interessante, ma poco nota e celebrata. 

L'improvvisatore Involontario ha la propria etichetta discografica privata, di cui è attualmente disponibile soltanto un ricco, ma prezioso catalogo digitale, dove è possibile recuperare tutti i cd che non sono più reperibili nella distribuzione discografica ufficiale. Vi allego il link per poter acquistare gli album di vostro interesse: https://www.improvvisatoreinvolontario.com/shop


Frank Sinapsi / Enrico Merlin e Francesco Cusa duo -That Voice from Space 

Il progetto Francesco Cusa e Enrico Merlin - Frank Sinapsi -That Voice from Space è il primo passo per arrivare al consorzio tra l'Improvvisatore Involontario e la Kutmusic, perché si tratta di un'incisione licenziata dalla label di Nicolo Battista. Il duo Frank Sinapsi realizza un cd molto insolito - per certi versi provocatorio e dissacrante - ma in una forma ludica - perché i due musicisti evitano di "franare" in una deriva inutilmente situazionista. Il loro discorso prende in oggetto il genio del grande Frank Sinatra, con un "anti-tributo" quasi "affettuoso" e sincero.  Per comprendere il concept è tuttavia necessaria un'attenta e certosina conoscenza del repertorio di "The Voice"; altrimenti non sono possibili afferrare tutte le connessioni con il materiale originario: vedere "Fly to the moon" che diventa "Flying you to the moon"
Francesco Cusa e Enrico Merlin si avventurano nello "spazio" per un progetto di jazz sperimentale, appositamente per celebrare il centesimo compleanno di Frank Sinatra, ma piuttosto che produrre un "tribute album" di solite e inflazionate cover, optano per un omaggio anticonvenzionale. The Voice è stato uno dei più importanti innovatori musicali nel campo della musica di intrattenimento ( che strizza l'occhiolino al Jazz). Merlin e Cusa lo vedono come un alieno - che  attraverso un'odissea nello spazio - giunge sulla Terra. 
Il concept album, a tratti, mi ricorda le vicende "cosmo - utopiche" di Sun Ra, anche per via di  alcune similitudini  e avvisaglie elettronico - rumoriste.  Il batterista e il chitarrista - da sempre eretici inclassificabili all'interno del jazz nazionale - sperimentano delle "soluzioni" insolite per duo chitarra e batteria, cercando di riprodurre delle "interferenze soniche" provenienti dal cosmo. Il cd è accompagnato da un'intrigante fumetto in bianco e nero di Mattia Franceschini che racconta le gesta di un "alieno" che venne sulla Terra nel 1915 per cambiare le regole del music business. 

Ho testato l'ascolto di questa incisione in compagnia di un fruitore di musica essenzialmente vintage rock  "nostalgia" anni 50 e 60, pertanto poco avvezzo con l'Impro Music ( esclusa la tradizionale triade classic Jazz di Duke Ellington, Satchmo e Charlie Parker) Il fatto che abbia catturato la sua attenzione dimostra che le generazioni cresciute con Elvis Presley, Frank Sinatra, Satchmo, Bird, Beatles e Rolling Stones abbiano una mentalità molto più fresca e moderna - aperta alle novità  - almeno rispetto ai molti fruitori contemporanei - sovente divisi per settori e generi - tra cui i tanti conservatori del Jazz più canonico. 

Nella figura istrionico - folleggiante di Enrico Merlin trovo un'attitudine provocatoria Punk Jazz. Il chitarrista resta sicuramente un attento studioso di Miles Davis - che  avrebbe di sicuro gradito l'ascolto del disco - se fosse ancora vivo ( vi consiglio per tanto i suoi libri : https://www.enricomerlin.org/musicology)

PLUS LINK + [ “100 years ago, a man from outer space landed on the third stone from the Sun. Here’s the story to be told…” 
http://www.kutmusic.com/frank-sinapsi-francesco-cusa-enrico-merlin-that-voice-from-space.html ]

Onorato e gratificato da una lunga e "amichevole" corrispondenza con il gentilissimo - e sempre disponibile produttore indipendente Nicola Battista ( D.J. Batman) - ho cercato di capire come è nato questo originale e avventuroso progetto coprodotto tra la label Improvvisatore Involontario di Cusa e la sua Kutmusic.  Avrei potuto scrivere qualcosa di mio pugno ma ho optato per riportare direttamente la sua testimonianza, perché mi è piaciuta l'idea di includere una sorta di "semi - intervista"; inoltre ritengo che la voce di un discografico indipendente sia maggiormente utile per la comprensione di "Giano Bifronte". Ricordo che Giano è il nome di una divinità mitologica a doppia testa - di conseguenza parliamo di un accostamento fin troppo audace - se non un vero e proprio azzardo ( come lo era stata - dopo tutto - la "natura" del duo Merlin - Cusa : Frank Sinapsi  "That Voice from Space")


" ... sono entrato in contatto con Francesco Cusa per il tramite di Enrico Merlin. Avevo pubblicato "That Voice from Space", nel 2017, che è un disco dedicato alla figura rivoluzionaria di Frank Sinatra, omaggiato e decostruito attraverso un'immaginaria "mutazione" concettuale e jazz-spaziale da Enrico e Francesco sotto il nome Frank Sinapsi.
Da lì siamo rimasti in contatto con l'idea di collaborare su altri fronti. Francesco ha nel frattempo pubblicato anche altrove con gli Asassins: il fenomenale "Black Poker" con la Clean Feed. E c'era questa cosa di pubblicare un lavoro in una qualche formula "condivisa" - con le coedizioni dal punto di vista SIAE - o altro.
Francesco ha ideato "Giano Bifronte" come un disco che avrebbe presentato due formazioni all'opera con le stesse composizioni ma arrangiate e suonate in modo differente. Da lì l'idea di rendere il disco "bifronte" anche graficamente. Lo scorso anno, causa forze maggiori, il disco è slittato di alcuni mesi, nel frattempo è purtroppo venuto a mancare il pianista Gianni Lenoci, che era parte del FCTrio presente in uno dei due cd. Il progetto ha allora, non solo cambiato nome in "The Uncle (Giano Bifronte)" per omaggiare l'artista scomparso ("Giano" rimane nel sottotitolo perché il progetto "bifronte" è andato avanti come era stato progettato) ma l'intero disco è diventato un omaggio alla sua memoria, grazie anche alle poesie che Francesco ha voluto includere nel booklet interno.

" Il disco oltre a essere "double face" visivamente e musicalmente è anche pubblicato da due label. Cosa che di solito non faccio mai perché le coproduzioni sono spesso operazioni fumose ( il più delle volte complicate da gestire serenamente e con professionalità) Qui invece è stata una cosa naturale, la collaborazione tra Improvvisatore Involontario (che è la sede "naturale" dei lavori di Francesco, che però non disdegna di tanto in tanto di pubblicare su etichette prestigiose come la Clean Feed che dicevo prima) e Kutmusic, per cui anche un doppio logo, doppio numero di catalogo ecc. ...
Cito anche il "Giano Rapa Nui" di Mattia Franceschini in copertina, come lo ha definito lui, realizzato apposta per l'occasione. Mattia ha anche realizzato varie tavole ispirate ai diversi brani del disco, per ora visibili in un videoclip e in futuro spero anche come stampe allegate a un possibile LP in vinile. Un'ultima curiosità: il layout grafico definitivo del cd che è stato realizzato da Nicola Cosmo Salerno (artista veronese purtroppo improvvisamente scomparso a giugno 2020) seguendo le dettagliate indicazioni di Francesco. "




GIANNI LENOCI  - Ricordando Gianni Lenoci  (The Uncle) + Wet Cats 

Gianni Lenoci (The Uncle) è nato a Monopoli -  il 6 giugno del 1963 - ed è venuto a mancare a San Giovanni Rotondo - il 30 settembre del 2019. Un'inaspettata dipartita che ha lasciato un vuoto incolmabile all'interno della scena della musica impro Jazz italiana. Lenoci è stato un compositore, improvvisatore e pianista dalle indubbie capacità creative, oltreché un catalizzatore di idee e fermenti al di fuori del circuito mainstream Jazz nazionale. Alcuni grandi maestri e improvvisatori europei e americani - nel corso del tempo - hanno sentito la necessità di confrontarsi con lui :  Steve Lacy, Joelle Leandre, Steve Grossman, Harold Land, Bob Mover,  Glenn Ferris,  Don Moye, Han Bennink, David Gross, Paul Lovens, Sakis Papadimitriou, Georgia Sylleou, Jean-Jacques Avenel, John Betsch, Markus Stockhausen, Steve Potts, Carlos Zingaro, John Tchicai, Kent Carter, William Parker, David Murray, Roscoe Mitchell, Sabir Mateen, Evan Parker, Marc Ducret, Charles Gayle.  Questo musicista ha scelto - consapevolmente - di vivere la "nicchia" artistica, per portare avanti una propria idea di coerenza musicale.

 ”Dal mio punto di vista, la maggior parte dei musicisti di jazz italiani e non (in particolare quelli più in vista e che quindi dovrebbero essere di esempio) non fa jazz ma semplice pop music. O perlomeno usano procedure jazzistiche per improvvisare ornamenti su canzoncine et similia. Ma il risultato estetico (ed anche l’atteggiamento etico, perché no?) è prossimo al pop. In realtà tutto ciò non fa altro che celebrarne il disamore e l’estinzione (del jazz). Sfido chiunque a dimostrare il contrario. Capisco perfettamente che questa formula pop è remunerativa in termini economici, ma credo sia limitante dal punto di vista della propria ricerca estetica e dei contributi che si possono dare a quest’Arte. L’importante è che ogni fiume scorra nel proprio letto. Capisco che il postmodernismo ha contribuito a mischiare “l’alto” con il “basso”, ma ora più che mai credo che si debba prendere coscienza dei limiti di questa visione. Da parte di molti c’è stata una sorta di rimozione collettiva verso il jazz nella sua componente di ricerca, o comunque c’è un atteggiamento acritico verso la Storia. Se l’ultimo Coltrane (solo per fare un esempio) ha portato il linguaggio in una certa area 40 anni fa, forse è il caso di rifletterci e non rimuovere il tutto come se fosse stato il sogno di un pazzo visionario. Il valore sociale di un’artista risiede nel suo diritto ad essere esoterico”. / Fonte : http://jazzfromitaly.blogspot.com/2010/06/il-fuoco-sotto-la-cenere-intervista.html

Grazie alla testimonianza rilasciata dallo stesso Gianni Lenoci nel blog "Jazz From Italy", possiamo farci un'idea - seppur marginale - della "crisi" che da alcuni decenni imperversa settore,  costringendo molti validi musicisti - e menti creative - a vivere di enormi sacrifici; se non quasi epurati e lasciati soli ai margini della scena. Attualmente c'è chi si è reinventato, trovando  un modo per sopravvivere - e avere visibilità - all'interno della realtà virtuale: vedere l'utilizzo dei social network: a partire dall'ormai desueto My Space, e a seguire i più popolari Instagram e Facebook.  Purtroppo questo contesto ipertecnologico -  digitalizzato in "database" - ha mostrato tutti i limiti del caso, favorendo la dispersione, ma anche la profusione di contenuti musicali ai limiti del dilettantismo. Senza un'adeguata risposta politico controculturale - frapposta all'attuale cultura dominate del mercato neo liberista - i problemi permangono - perché viene meno una sana educazione all'ascolto - e dunque ogni buon tentativo viene vanificato, e disperso nell'etere. La politica resta la maggiore responsabile : "... solo per limitare il campo (il discorso è complesso e stratificato): fenomeni come i tagli all'Università e Conservatorio ed una riforma di questi ultimi completamente priva di amore e rispetto per la musica, sono la punta dell'iceberg di un tessuto politico (e sociale) logoro e privo di alcuna competenza da parte delle istituzioni. Da qualsiasi parte ci si ponga. Destra, sinistra e centro hanno le medesime colpe e responsabilità"

Per far fronte a questa crisi sono nate alcune piattaforme interessanti ( Soundcloud, Bandcamp) il cui contributo si è ben integrato con l'utilizzo promozionale dei canali YouTube, Vimeo e Daily Motion ( favorendo però un minimo di guadagno economico allo stesso musicista.) 

Tracciamo una breve biografia di Gianni Lenoci: The Uncle è un pianista, compositore e didatta, che si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, e in musica elettronica presso il Conservatorio " N. Piccinni" di Bari, ove ha conseguito un Diploma Accademico di secondo livello in pianoforte, con indirizzo solistico; presentando un "recital" monografico, e una tesi sull'opera pianistica di Morton Feldman ( il tutto con il massimo dei voti e la lode). Nel suo "background" troviamo, dunque: la musica colta dell'accademia classica, la contemporanea, l'elettronica e l'avanguardia minimale. Per completare l'erudizione pianistica, sceglie anche di compiere un percorso - di approfondimento e "piena" conoscenza - della musica afroamericana. 
Gianni Lenoci studia Jazz e improvvisazione con due musicisti che hanno fatto la storia del piano Jazz - Mal waldron e Paul Bley  - perché hanno elaborato tutti gli stilemi del Jazz, del blues e della tradizione : dallo Swing al Bop -  dal Be Bop e all'Hard Bop - passando per il Cool e la Third Stream, e lo stile modale - fino a giungere nel "Free" ( e nelle declinazioni avanguardiste del post Free) senza mai rinunciare al classicismo del pianoforte e della composizione colta ( di matrice europea). Mal Waldron e Paul Bley sono stati tra i primi musicisti americani a esordire nelle prestigiose etichette di Monaco E.C.M. e Enja 
Gianni Lenoci trova la stima e l'ammirazione da parte di alcuni grandi maestri del Jazz italiano: suona e collabora con Enrico Rava, Massimo Urbani, Carlo Actis Dato, Eugenio Colombo, Roberto Ottaviano e Giancarlo Schiaffini. Questi grandi nomi -  ormai "storicizzati"  - si sono contraddistinti grazie a delle notevoli capacità artistiche e creative - e hanno aperto la strada ai più giovani - già a partire dagli anni sessanta e settanta. La crescita del genere è avvenuta gradualmente - in particolar modo negli anni ottanta e nei novanta - dove i risultati migliori si sono espressi quando la nostra musica ha conseguito dei successi mondiali - riconosciuti dalla critica di settore e dalla stampa internazionale - a pari livello dei maestri afroamericani.  Anche Gianni Lenoci è tra questi. E' stato finalista nel 1993 dell'European Jazz Competition di Leverkusen (Germania) e nel 1996 vincitore di un premio della Fondazione Acanthes di Parigi (Francia) e del Premio Internazionale della Società Italiana di Informatica Musicale per la composizione Notturno Frattale (1996) e l'E.Brown/M.Feldman Grant Program (2015). 

Ha inciso dei dischi molto importanti, tutti per delle piccole label "rigorosamente" indipendenti; tra cui alcuni lavori dal forte "respiro" internazionale: Sur Une Belancore (2003, Ambiences Maquétiques) - con la contrabbassista e violoncellista Joelle Léandre - Ergskkem ( 2006, Silta) - un trio con Markus Stockhausen alla tromba e al flicorno e Giorgio Dini al basso -, Secret Garden ( 2011, Silta) con il Gianni Lenoci 4th - e la partecipazione del geniale William Parker - storico nome e faro dell'avanguardia della Big Apple ( fin dai tempi della Loft Scene " RivBea Studios" di Sam e Beatrice Rivers.)
La produzione discografica di Gianni Lenoci è vasta ed eterogenea, meriterebbe una trattazione approfondita a parte. Voglio ricordare però il suo "primo" contributo pianistico al cd di Massimo Urbani "Round about Max with Strings" del 1991, inciso per la semisconosciuta "Senztempo".   Vi allego il link della pagina Facebook "Associazione Culturale Musicale Gianni Lenoci" di Monopoli, Puglia - attualmente operativa - per  meglio integrare la bio con  delle informazioni  più certosine e dettagliate - e per seguire tutto ciò che è pertinente all'argomento. (Io sono costretto necessariamente a fare una sintesi estrema dei dati biografici) : https://www.facebook.com/ass.giannilenoci/

Segnalo un'interessante intervista di Donatello Taleo a Gianni Lenoci - titolata  "L'Arte mistica del vasaio" - che trovate riproposta e rivista, con una breve introduzione di circostanza - scritta dopo la triste e inaspettata dipartita del maestro, compositore, pianista - nel prestigioso sito musicale "Tracce di Jazz" https://traccedijazz.com/2019/10/02/gianni-lenoci-un-lascito/. In realtà si tratta di un contributo giornalistico concepito precedentemente alla morte del musicista, ma pur essendo datato, resta un documento prezioso, e più che attuale. La rete offre delle infinite opportunità di approfondimento, ed io vi invito a studiare attentamente la figura artistica e musicale di Lenoci.

[ Per fare ritorno alla trattazione di The Uncle ( Giano Bifronte) - voglio soffermarmi sull'ultima incisione che Lenoci ha condiviso in duo con Francesco Cusa - il cd "Wet Cats"; di cui ho già scritto in precedenza. Vi rendo la mia recensione rivista e corretta - con dei tagli inevitabili - ma decisamente più scorrevole e godibile ]

Wet Cats nasce sopratutto come un atto di grande amicizia, ed è il frutto di un'interplay particolarmente raro, intenso, e avvolgente. Questa musica è la sementa di un legame esoterico e spirituale di grande profondità culturale, che spesso ha toccato dei vertici di eccelsa improvvisazione. Un vivere la vita stessa nel sentimento emotivo - ed emozionale - della "nota blu" che si manifesta in forma totalizzante perfino nell'interscambio dei pensieri e nelle discussioni, infine nel ricordo post mortem: - " Il nostro perenne, costante dialogo, si nutriva di ogni tipologia di argomento, ma aveva sempre come fulcro questa ipotesi del trapasso. Solo adesso realizzo che il ruotare delle nostre azioni aveva come cardine il cambiamento assoluto di ogni prospettiva, il sondare il mistero della morte " - ( Francesco Cusa in una recente intervista per Jazzit https://www.jazzit.it/gianni-lenoci-lessenza-tangibile/ )

Wet Cats è stata descritta - e presentata - come un'unica composizione istantanea di 51 minuti e mezzo, nata principalmente dalla necessità di mettere a frutto un'idea di free improvisation emotiva, sfruttando l'interplay del momento. Wet Cats è un'improvvisazione senza "rete" ma nel contempo descrittivo - introspettiva - e molto passionale. Il duo per pianoforte e batteria è in grado di offrire più di una suggestione, ma anche di ravvivare un genere che è da sempre più prossimo alla forma d'arte totale, piuttosto che essere vicino a qualsiasi altro stile musicale, sovente cristallizzato dalle necessità commerciali dell'industria del disco e dello spettacolo. 
Nel caso di questa incisione abbiamo la possibilità di ascoltare una  progressione di note - scaturite da mille rivoli creativi - in una densità sonora che cresce all'interno dei piani della consapevolezza, poi espressa in quadri sonori metafisici - come se le gesta degli esecutori fossero gli elementi danzanti di una pittura in musica.  Nella prima parte di Wet Cats c'è il lessico della scuola post free, ma anche un legato astratto e una capacità esoterica che delinea le direzioni sonore dei due improvvisatori. Il brumoso sperimentalismo - misterico - lascia il passo all'alchimia geniale di un momento di mirabile lirismo "impressionista" - intorno al ventesimo minuto - quando: sia il free che il blues si dissolvono in ectoplasmi silenziosi; le percussioni rallentano e Gianni Lenoci - toccato da uno stato di grazia assoluta - si prodiga in uno struggente canto melodico intriso di romantico pathos, che Cusa segue e valorizza con grande rispetto e sinergia  [ ...]  Proprio ora avviene un piccolo miracolo: Il quadro sonoro si dipinge del passaggio di una "musa", come se dinanzi al pianista facesse capolino la visione di una melanconica dama di primi del 900, a metà strada tra l'immaginario di Sergio Leone in "C'era una colta in America" oppure del Tornatore de "La leggenda del pianista sull'oceano".  
Siamo nel territorio di un'avanguardia dove la tradizione è ben assimilata - come si evince nelle sezioni minimali e dilatate - quando emerge il sunto melodico e armonico del verbo afroamericano e della scuola europea. Il cd documenta un blocco di musica indispensabile, contraddistinto da estensioni, silenzi e impulsi atonali, ma resta complessivamente  fruibile: uno sperimentalismo intenso ma godibilissimo, a tal punto che durante i ripetuti ascolti ho visivamente immaginato una "piece" per danza ( forse memore di certe performance storiche di certa avanguardia afroamericana degli anni settanta: i lavori dell'associazione B.A.G di St.Louis)  
Wet Cats è l'unica registrazione che documenta una suite del tutto improvvisata, eseguita a Monopoli nel 2015 - ma conservata negli archivi di Gianni Lenoci - fino a quando  una label indipendente - la  Amirani Records - decide di realizzare un cd, con il titolo coniato dallo stesso pianista. Gianni Lenoci suona un pianoforte classico, alternandosi ad uno "preparato", ritagliandosi anche degli spazi per dei brevi interventi di flauto in legno. Francesco Cusa ricopre una vasta gamma di suoni attraverso un utilizzo della batteria - così creativo e inventivo - da conferire all'impianto della musica un vigore espressivo affascinante. Il pianista rievoca la figura di Bley e rende memoria agli anni della formazione giovanile, per poi infondere al flusso dei suoni un'originalità propria, pervasa da un concetto di bellezza del tutto personale. Ciò che di rimando restituisce il batterista è un drumming "pensoso" e funzionale - dove l'improvvisazione diviene un mezzo esoterico per la struttura del suono - un legato che va oltre il "costrutto  istantaneo" di sostegno alla performance - e sembra che riveli anche un profondo e sentito dialogo spirituale "coltraniano". 

In sintesi: questo disco è una perla per tutti coloro che amano la buona musica, e lo consiglio caldamente, perché non si tratta di un prodotto realizzato con l'intenzione di essere decorativo e funzionale all'ascolto; spesso accade il contrario, anche nelle musiche di avanguardia, quando si guarda al passato con l'intenzione di replicare dei suoni e dei sentieri già battuti. Vi allego il link della casa discografica https://www.amiranirecords.com/editions/wetcats Nel sito della Amirani - di rimando  - sarete invitati a cliccare sui i link di Discogs, iTunes e Spotify. ]

[ La recensione del cd è già apparsa nella rubrica di My Ideal Blog  "La Stanza della Musica : Gianni Lenoci e Francesco Cusa - Wet Cats" - inclusiva dei link audiovisivi delle performance in concerto -  ma anche delle meravigliose e intense poesie scritte da Francesco Cusa - e altri contenuti extra. Per tutti coloro che volessero approfondire allego anche il precedente servizio:  https://globalartisticfusion.blogspot.com/2019/11/la-stanza-della-musica-gianni-lenoci-e.html ]


La recensione ( racconto)  di Francesco Cusa & The Assanssins + FCT trio feat Giovanni Benvenuti - The Uncle ( Giano Bifronte)  di Patrizio De Santis

"Giano Bifronte" è un disco che documenta un punto di svolta per la carriera di Cusa - in quanto rappresentativo dell'attuale "modus operandi" - : le composizione portano un ventaglio di idee fresche, maturate con l'esperienza di una lunga e fruttuosa interazione con la scena "underground" sperimentale nazionale ed internazionale. 
Per volontà di Francesco Cusa l'album "Giano Bifronte" ha mutato parte della sua originaria natura per trasmutare spiritualmente - e concettualmente - in  "The Uncle", ed essere anche un sincero omaggio postumo alla figura di Lenoci. Nel suo tracciato sonoro sono presenti molti aspetti che costituiscono il background dei due musicisti; per esempio l'influsso degli studi di Gianni Lenoci e Francesco Cusa al di fuori del Jazz. 
Ascoltando l'opera, come se fosse un'incandescente "magma" sonoro, ne percepiamo gli echi e le trattazioni eterogenee : il professore, poeta, filosofo "cristiano" Marco Guzzi - fondatore del gruppo "Darsi Pace" - lo Yoga tradizionale e tantrico - pervaso dal pensiero filosofico e spirituale di Eric Baret (l'essenzialità si sperimenta nell'intimità) - "la ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust e la palpabile influenza del filosofo, poeta, saggista, compositore e filologo tedesco Friederich Nietzsche. Dopo tutto il legame che c'è tra i due amici, resta ben saldo nell'intimità spirituale e letteraria, oltreché musicale. 

Il musicista si è essenzialmente identificato in "Giano" : (latino: Ianus) è il dio degli inizi, materiali e immateriali, ed è una delle divinità più antiche e più importanti della religione romana, latina e italica. Solitamente è raffigurato con due volti (il cosiddetto Giano Bifronte), poiché il dio può guardare il futuro e il passato ( fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Giano)

Perché Cusa sceglie questa entità divina e mitologica? Per una forte e spiccata eccentricità, che sfocia in un'attitudine anticonformista? Oppure per egocentrica ed esaltata provocazione - bonaria, in quanto più simile all'autoironia - che all'autocelebrazione? 
Domande che possono trovare delle risposte soltanto nell'ascolto di siffatto disco - che si presenta in una doppia formazione -  confluita in due distinti cd : The Assassins e FCT trio ( che ricordo, eseguono gli stessi e medesimi brani musicali). 
Francesco Cusa può finalmente essere il Dio di se stesso e guardare sia al passato che al futuro - nel presente - optando di ricapitolare il proprio percorso creativo attraverso due possibili formule musicali definitive, da affiancare al "Drum & Books": la performance in solo per batteria e lettura di poesie, racconti e aforismi da lui concepiti nel corso del tempo. Questa potrebbe essere un'eventuale chiave di lettura per la comprensione di tale progetto.

La triste dipartita del fraterno amico Gianni Lenoci però, giunge come un fulmine a ciel sereno. La vicinanza del pianista ha indubbiamente giovato al percorso musicale di Cusa. Tra i due c'erano dei progetti e delle idee molto interessanti da portare a compimento: tra cui un seguito discografico del duo per pianoforte e batteria. 
Il libretto  "Quattro poesie per Gianni Lenoci" riassume in versi le emozioni e le affinità che li hanno legati in un solido rapporto umano. La loro affettuosa amicizia - grazie a questo progetto - sopravvive alla morte, perché l'arte è trascendenza e comunanza esoterico -spirituale. Francesco ci racconta di una dimensione esistenziale e fraterna che ha lasciato una buona sementa creativa perfino nella poesia: " amico mio, che fai in quel delirio di nubi, lontano, con le mani in tasca?  Vieni qui a riscaldarti nel fuoco grigio della memoria, abbiamo spazio a sufficienza anche per i tuoi ricordi"




La nuova formazione di Francesco Cusa - denominata The Assanssins - ha offerto il meglio del proprio potenziale con un assetto strumentale in grado di esplorare i diversi linguaggi della musica improvvisata e del Jazz. L'ingresso di  Valeria Sturba - polistrumentista, cantante e compositrice - diplomata in violino - che suona theremin, tastierine, minisynth - e utilizza in modo creativo effetti elettronici, looper e giocattoli sonori assortiti - è un'assoluta novità. Gli orizzonti musicali di Valeria Sturba sono universali e trasversali e spaziano dalla canzone d'autore al rock al jazz, dal tango all'improvvisazione libera, sovente innervati da vivificanti tensioni minimaliste. Nel primo cd di The Uncle ( Giano Bifronte) la sua personalità artistica è evidente; un valore aggiunto.  La Sturba è perfettamente in linea con le idee e le visioni "sui generis" di Cusa. Segnalo che la giovane musicista ha diversi progetti all'attivo, tra cui OoopopoiooO, duo surreale e dadaista che condivide con Vincenzo Vasi. 

Giovanni Benvenuti non ha bisogno di molte parole di presentazione, perché il suo sax tenore attraversa complessivamente il disco, sia con The Assassins che nelle veste di "guest musician" nel FCT trio. Il comunicato stampa che mi è pervenuto da Nicola Battista dice di lui: che è un sassofonista nato a Siena, e si è diplomato con il massimo dei voti, lode e menzione accademica al conservatorio di Bologna. Ha conseguito un master internazionale "In Jam" all'accademia Siena jazz. Ha frequentato diversi corsi e seminari in Italia e all'estero ( il Berklee college di Boston). È direttore artistico del festival Val D'Agri jazz. È docente di musica d'insieme e sassofono all'accademia Siena jazz.  Benvenuti ha già partecipato ad alcune incisioni della label "Improvvisatore Involontario".  La voce strumentale del suo sax tenore è  magistrale ( in quanto il musicista ha maturato una mirabile sintesi dei linguaggi mutuati dalle avanguardie post free). E' perfettamente in grado di amalgamarsi anche nel rodato FCT trio ( nel disco si è dimostrato uno strumentista molto rigoroso; in linea colla concezione di avanguardia esoterica di Gianni lenoci)

Anche Ferdinando Romano è un bassista utilizzato in entrambe le "dimensioni" strumentali del progetto "bifronte". Romano,  dopo il diploma al conservatorio "L. Cherubini" di Firenze - e gli studi di composizione - ha completato la sua formazione in Svizzera, dove ha avuto modo di studiare con Enrico Fagone e alcuni tra i migliori solisti internazionali dello strumento. Questo musicista ha una storia di tutto rispetto: è stato lanciato nel mondo discografico da Paolo Piangiarelli (Philology Records, Premio Massimo Urbani). Per me che sono marchigiano è un grande piacere, poiché il discografico maceratese ha dato vita a un catalogo di incisioni ormai storiche, lavorando incessantemente per mantenere viva l'attenzione sul compianto Max ( un gigante buono e generoso - ma "maudit" - del Jazz italiano).  Romano nel 2010 ha pubblicato - insieme al chitarrista Marco Poggiolesi - i dischi “Tandem” (Philology 2010) e “Tandem. A ruota libera” (Dodicilune 2013). 
A partire dal 2019 ha intrapreso una collaborazione con  il  trombonista americano Robin Eubanks ( nata in verità durante il  tour promozionale di "l’Arcadia Trio" di Leonardo Radicchi, per il disco "Don’t call it justice" AlfaMusic 2019).  Ha lavorato anche come autore di musiche per film e spettacoli teatrali - scrivendo per orchestra e ensemble di archi - senza contare i premi, e tutti gli onori conseguiti sul campo. Segnalo il suo ultimo cd "Totem feat Ralph Alessi" per la "Losen Records". Il bassista si è trovato perfettamente a suo agio accanto all'eclettica Valeria Sturba, e nel contempo ha offerto al trio la dinamo necessaria per ottenere il migliore interplay possibile.  

The Uncle (Giano Bifronte) prevede una scaletta di 5 brani ( Anthropophagy - Cospirology - Dr. Agagi - Pharmacology - Reumatology) - raddoppiati per due ensemble separati - e strutturati con un legato concettuale ( mi si passi il termine, similsuite). Valeria Sturba e Gianni Lenoci sono i due musicisti che rendono questa rischiosa operazione perfettamente riuscita, perché sono gli elementi che più diversificano la struttura del suono, ma senza stravolgerne la natura complementare e similare. Grazie alle estrosità della Sturba  - per quel che concerne la formazione The Assassins - e le meditative trame del "pianismo" riflessivo di Lenoci - per FCT trio - tutti gli altri musicisti portano in dote il meglio delle loro espressioni stilistiche - senza che si perda in equilibrio - per merito dell'attenta direzione artistica  e conduzione musicale del leader; autore di tutte le composizioni. 
Questa struttura bifronte è un vero compendio del post free e delle avanguardie sperimentali, ma detiene "in nuce" una prospettiva gioiosa della musica: vedere le incursioni post rock e jazz rock di Valeria Sturba - che interviene anche con delle ottime prestazioni vocali - mentre gode del sostegno di una sezione ritmica duttile e versatile, muscolare dove è necessario. Romano e Cusa sono bravissimi. 
Nello stile di Benvenuti è evidente l'amore per Coltrane ( e anche Sam Rivers) ma eviterei di "contenere" il canto del suo sax con i soliti riferimenti, perché la ricerca strumentale del musicista è più che fresca e vibrante, basta ascoltare l'interazione con il rodato FCT trio per capirne l'originalità.
Lo stile percussivo del drumming di Cusa è sempre più incisivo e potente, ma conserva lo swing e il background originario del Jazz. Vi è qualcosa di narrativo e descrittivo nel suono della batteria del compositore catanese; sicuramente ha goduto dei progressi conseguiti con l'esperimento "live" dei Drum & Books. La sua costante e "sacrale" urgenza espressiva nel reinventarsi - sopratutto  in un'epoca di forte crisi del settore - non ha ricevuto la giusta visibilità. In termini creativi si è distinto indubbiamente per la trasversalità dei tanti progetti maturati nel corso del tempo; forse troppo spiazzanti per il pubblico. La poesia è presente anche in Giano, ma esclusivamente per commemorare Gianni Lenoci: il libricino di poesie che vi è allegato è composto di quattro istantanee emotive, dove le memorie e le emozioni trascendono in una simbiosi, che rende l'oggetto disco ancora più prezioso. Assolutamente da avere negli scaffali di ogni buona collezioni di cd.

In conclusione [...] : Ogni incontro che avviene per vivificare "la ricerca di un tempo perduto" è una visione per il futuro propositiva e costruttiva. Si deve produrre arte in maniera tale che vi sia spazio anche per l'incontro e per l'amicizia : la componente più sana della creatività, poiché prefigura un risultato emotivamente onesto. 
L'album andrebbe ascoltato più volte, magari centellinandolo.  E' il miglior modo per poter vivere tutte le dinamiche delle due formazioni e per farsi un'idea delle attuali direzioni musicali di Francesco Cusa. Personalmente ho amato il trio con il pianoforte, perché è appagante ascoltare l'intesa che c'è tra Francesco Cusa e Gianni Lenoci, e penso a quante belle opportunità musicali - sopratutto dal vivo - abbiamo definitivamente perso. Come lo stesso Cusa ha affermato pubblicamente: "Lenoci in questo disco ha suonato in maniera pressoché perfetta"
Io ho voluto parlarvi di questo album in maniera del tutto originale. Il mio scopo è stato quello di  dare "luce" ad  una storia - nelle storie - del Jazz indipendente italiano, di cui solitamente non si sa molto ( stimolato anche dal fatto che avrei avuto la possibilità di approfondire ulteriormente la figura artistica e la personalità di Gianni Lenoci). 
Ho evitato la "facile" e rassicurante recensione del sopporto fonografico. Ho notato che c'erano tante porte da aprire, andando addirittura a ritroso nel tempo. Forse ho "abusato" di questo cd, ma se l'ho fatto, sono stato mosso dalle migliori intenzioni: valorizzare la creatività italiana indipendente, spesso ignorata dal mercato delle musiche "Altre" o di "confine", E sovente lasciata fuori dal circuito degli eventi culturali di questa nazione. 

Per tutti coloro che sono interessati a conoscere Francesco Cusa in maniera approfondita - vi rimando ad un mio vecchio servizio - dove potete trovare dei cenni biografici, ma sopratutto la sua attività in veste di scrittore narrativo e poetico. Ci sono i racconti e le poesie, e un cenno ai suoi "Live" Drum & Books. Questo è il link https://globalartisticfusion.blogspot.com/2019/05/francesco-cusa-lo-sguardo-sullarte-che.html.  Allego anche la biografia estratta dal sito ufficiale http://www.francescocusa.it/bio.php


+ LINK VIDEOCLIP

[ The Uncle ( Giano Bifronte) - Francesco Cusa & The Assanssins (Giovanni Benvenuti, Valeria Sturba, Ferdinando Romano, Francesco Cusa)  -  Anthropophagy  ]



composed by Francesco Cusa
published by Doppia I Associazione Culturale / Kutmusic Italhouse Produzioni Musicali

Francesco Cusa & The Assassins : https://www.facebook.com/Francesco-Cusa-The-Assassins-159291287457095/

Giovanni Benvenuti - tenor sax
Valeria Sturba - voice, theremin, violin, live electronics
Ferdinando Romano - bass
Francesco Cusa - drums, compositions

original illustrations: Mattia Franceschini https://www.facebook.com/mattia.franceschini.961

taken from the album "The Uncle (Giano Bifronte)", in memory of Gianni Lenoci.
Out now and CD/digital
(P) 2020 Improvvisatore Involontario & Kutmusic 

video editing: Jay Artworx + Rotorvideos

+ PLUS FTC trio - traccia AUDIO : The Uncle ( Giano Bifronte) - Francesco Cusa FCT trio feat Giovanni Benvenuti (Gianni Lenoci, Ferdinando Romano, Francesco Cusa)  -  Anthropophagy  

composed by Francesco Cusa
published by Doppia I Associazione Culturale / Kutmusic Italhouse Produzioni Musicali

Gianni Lenoci - pianoforte
Ferdinando Romano - bass
Francesco Cusa - drums, compositions

Guest musician : Giovanni Benvenuti - tenor sax


taken from the album "The Uncle (Giano Bifronte)", in memory of Gianni Lenoci.
(P) 2020 Improvvisatore Involontario & Kutmusic 


Per chi volesse sostenere il Jazz italiano segnalo queste due iniziative promozionali nate nel social network Facebook: 

La giornalista Daniela Floris - insieme al musicista Eugenio Mirti - ha creato il gruppo social "Aiutalamusica" - all'interno di Facebook - per promuovere le attività discografiche dei musicisti in questa particolare fase di emergenza da Cororonavirus Covid - 19.  https://www.facebook.com/groups/Aiutalamusica/
Il musicista Enzo Favata - insieme a Danilo Gallo - e molti altri , ha realizzato un nuovo modo per promuovere e dare visibilità alla musica digitale di Bandcamp, creando un'altro gruppo social denominato Social Music & Jazz Musicians on Bandcamp"   https://www.facebook.com/groups/706851023454015/



martedì 12 maggio 2020

Ljuba de Angelis - Il viaggio artistico e musicale di un giovane talento di San Benedetto del Tronto nella Francia multiculturale del terzo millennio.




Ljuba de Angelis

Ljuba de Angelis è di origine marchigiana, nata a San Benedetto del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, da tempo  residente a Parigi, in Francia. Ha  studiato Lettere moderne presso Alma mater studiorum Università di Bologna, e ha frequentato il Conservatorio "G.Frescobaldi" di Ferrara. Lavorando  con dedizione ha sfruttato al meglio gli anni universitari, assorbendo ogni fermento culturale di queste città. Non paga, ha investito le energie anche all'estero e ha conseguito un master in Creazione Musicale e Sonora presso Université Paris VIII Vincennes - Saint-Denis, frequentando anche il Birmingham Conservatoire in Inghilterra. Oltre alla professione di cantante Jazz, ha composto musica video. Ljuba è una giovane artista poliedrica, di quelle che non riposano sugli allori, ed è sempre desiderosa di fare esperienze diverse, stando a contatto con il pubblico : dal piccolo club, all'osteria marchigiana, ai festival nazionali ed internazionali, ai teatri e  ai musei, passando per le  gallerie d'arte contemporanea.  
Non ha alle spalle molte testimonianze discografiche; la dedizione per lo studio e la passione per la performance hanno avuto su di lei una maggiore importanza. Segnalo il cd del Trillo de Angelis Quartet - Origo ( Klarthe record/ Harmonia Mundi, 2017) e le partecipazione  ai seguenti album : Triat - In a Dense Fog ( Paesaggi Acustici/ RaRa records, 2017) Lucio Matricardi - Sogno Protetto ( disponibile nella piattaforma Soundcloud, 2016)
Ljuba de Angelis è presente  in diversi progetti musicali - tutti molto eterogenei - : Kuna Mediterranea, Trillo de Angelis Quartet, Orchestrina Fratelli Semeraro – OFS Caméléon Jazz Trio. E' dedita alla ricerca vocale, quindi particolarmente attenta e sensibile alle musiche colte, etniche e popolari. Questa brillante e onnivora cantante vive lo studio dell'improvvisazione musicale come un'ideale ponte tra il jazz e le musiche del mondo, considerando che si esercita anche con degli strumenti etnici ed esotici - come lo shuruti box - di provenienza orientale - indiana -  l'equivalente di un piccolo harmonium - senza tasti e tastiere -  con cui rilegge anche Ornette Coleman, Ennio Morricone e i temi del folclore italiano più remoto e dimenticato, come il canto abruzzese "Ndunielle".   Ljuba de Angelis è un'amante della canzone d'autore di qualità e nel corso del tempo ha riletto il canzoniere di Tom Jobim.
Ljuba de Angelis vive la musica con una grande passionalità. Ha una dote speciale, perché la sua voce è un vero e proprio strumento dalle infinite possibilità, su cui ha sviluppato una notevole capacità di controllo : potrebbe osare, ma preferisce non snaturare una radice che è indubbiamente legata al patrimonio della canzone popolare. Riesce a sperimentare restando nell'ambito che le è più caro, senza sacrificare il caloroso contatto del suo pubblico.  

+ VideoClip  KUNA MEDITERRANEA :  Mediterranean Music Project - Live february 2019



Kuna Mediterranea :  Mediterranean Music Project - Live february 2019

Mediterranean music project (Sephardic, Greek, Balkan, Middle East, Maghreb, Italian, Spanish)

Ljuba De Angelis: Vocals, Shruti box
Domenico Candellori: Percussions 

Gionni Di Clemente: Guitar, Bouzouki, Oud




Ljuba de Angelis si è interessata anche di arte contemporanea e video performance. Vi consiglio di approfondire digitando i seguenti link nel motore di ricerca Google https://ljubadeangelis.com/sound-art/ + ljubadeangelis.com/video/ 


La recensione CD Trillo de Angelis Quartet - Origo ( Klarthe record/ Harmonia Mundi, 2017)


Pur essendo una marchigiana non ho mai avuto la fortuna di incontrare personalmente questa artista, tuttavia per me è un grande piacere scrivere di lei - e realizzare una recensione per il  cd Origo - del Trillo de Angelis Quartet - uscito per la piccola label indipendente  "Klarthe" e distribuito dalla prestigiosa "Harmonia Mundi".  Il Trillo de Angelis Quartet si è costituito in Francia, intorno al 2016 per realizzare Origo, prodotto e arrangiato dal parigino Lionel Trillo. Si tratta di una raffinata incisione concepita per testimoniare tutte le dinamiche strumentali del quartetto - e le brillanti qualità compositive del binomio Ljuba e Lionel - nel dettaglio - 4 composizioni della cantante e 4 del pianista, più 3 cover. Di solito tra musicisti particolarmente affini - seppur differenti nello stile e nella formazione -  si crea la giusta alchimia - che è necessaria per la realizzazione di un buon esordio discografico.
Di Ljuba ho ampiamente scritto, ora è doveroso parlare degli altri musicisti : in particolar modo di una sezione ritmica eccellente - qui misurata -  ma che dal vivo promette sviluppi decisamente più in linea con un certo Hard Bop - oppure il Latin Jazz più frenetico e impudico - perché Georges Correia - al contrabbasso - e Thomas Delor - alla batteria e alle percussioni - sono dotati di un ventaglio stilistico eterogeneo e dinamico. Lionel Trillo si occupa del pianoforte acustico a coda e degli arrangiamenti - utilizzando dei tappeti sonori - creati con le tastiere elettroniche. Il suo ruolo è decisivo, perché dimostra di aver assimilato una sintesi pianistica vicina ai grandi maestri dello strumento, e forse non è casuale la scelta di chiudere l'incisione con un tema di Bill Evans " B Minor Waltz" (  un estratto dal tardo e poco celebrato lp " You must believe in Spring" WB, 1981.)
Origo è un prodotto vicino al Cool Jazz ma intriso di umori e stili differenti, tra cui la world music, la bossanova, la canzone d'autore, e di tanto in tanto, una discreta propensione al gusto pop. Tutti questi ingredienti sono sapientemente dosati, senza snaturare la natura del quartetto. Le undici tracce restano complessivamente un bel sentire. Possiamo percepire un avvolgente Pathos nelle intense e romantiche riletture dei classici quali "Col Tempo sai"  - di Lèo Ferré - ed " Estate" -  di Bruno Martino - e nel contempo scorgere le trame sonore di un viaggio nel mediterraneo trascendente e magico : basterebbe lasciarsi trasportare dalle misteriose suggestioni della "Macedonian Trance" - un bellissimo tema esotico e modale di Lionel Trillo. Il quartetto ci guida in una realtà solare e tropicale, grazie alla ludica effervescenza di "Duality Bossa" - a firma di Trillo - ma nel contempo ci invita alle sensuali danze di " Surrealtango" - una composizione della cantante - e se la musica è una metafora della vita  - Origo la rappresenta decisamente nella complementarità maschile - femminile 
Menzione a parte per il brano "Ceneri", perché oltre ad essere una ballata molto bella, ha una costruzione e uno sviluppo originale che miscela il pop d'autore con il Jazz. Nella parte introduttiva Ceneri è un malinconico canto d'amore - con un retrogusto blues - il quartetto  però cerca di fare qualcosa di moderno e tipicamente europeo, con un effetto spiazzante nella coda - quando si avventura nei cascami del " Free" - lasciando a briglia sciolta la cantante - che sperimenta -  da prima con la tecnica dello scat - per poi utilizzare un campionario di vocalizzi mutuati dallo studio delle musiche etnico-folcloriche. Confesso che inizialmente non mi aveva colpito, perché essendo situata tra "Macedonian Trance" e l'affascinante "Surrealtango"  non né avevo colto l'atipica bellezza : c'è da dire che il brano è stato interamente composto dalla cantante,  e  gode di quel tipico fascino femminile che si lascia svelare con il tempo ( in questo caso ascolto dopo ascolto.)  La vera natura di Origo è quella di andare oltre al Jazz, per offrire all'ascoltatore una musica di confine, che tenga conto del formato canzone, ma sopratutto esalti la bellissima vocalità - a tratti scura - che cristallina - di Ljuba de Angelis.

[ - Nel sito https://ljubadeangelis.com/ - Sound artist, contemporary Italian singer and composer - Sound art, electro acoustic music, jazz, world music -  è possibile visionare tutto il suo percorso professionale nel mondo dell'arte e della musica. - ]



+ Trillo de Angelis Quartet @live studio 2018 - Ceneri,  composto e interpretato da Ljuba de Angelis estratto dall'album "Origo", del 2017. Label e distribuzione Klarthe record/ Harmonia Mundi. Eseguito da Lionel Trillo al pianoforte e alle tastiere, Thierry Colson al contrabbasso, Vincent Touchard alla batteria. Pierre Belleboid - immagini /montaggio. Alessandro Coppola - sonorizzazioni. Studio - Espace Paris Jeunes Mahalia Jackson



+ Trillo de Angelis Quartet - " EPK" Origo ( Official Teaser) 

Trillo de Angelis Quartet
Film director Côme le Maignan - Sound technician : Thomas Vingtrinier
Location : Studio Sequenza








domenica 10 maggio 2020

Kenza - La scultura di Fred Fichet e il Sacro Femminile.


Kenza - La scultura di Fred Fichet e il Sacro Femminile. Un servizio monografico e artistico + una poesia privata di Patrizio De Santis

Fred Fichet è nato nel 1963 a Parigi. Laureato alla National School of Applied Arts Duperré e alla National School of Fine Arts di Parigi, ha lavorato per alcuni anni nella capitale francese sperimentando il suo estro creativo anche nel settore della pubblicità, dell'arredamento e degli effetti speciali. Nel 1989 si trasferisce in Nuova Caledonia e insegna alla Art School of Noumea, quindi, fino al 2015 è operativo all'Art Center della città di Noumea dove ha modo di crescere e maturare anche come artista.
Fred Fichet è uno scultore senza ombra di dubbio molto raffinato e interessante che lavora in totale solitudine nel suo laboratorio privato, situato nella Vallée des Colons di Nouméa. Le sue opere sono modellate in argilla prima di essere modellate in gesso e quindi destinate a essere fuse in bronzo : un'antica tecnica che richiede pazienza e tempo. Da queste successive metamorfosi, le sculture di Fred Fichet acquisiscono la loro forza senza tempo. Il suo lavoro è un inno alla femminilità, e all'eterno femminile: le sue donne sono istintive, sensuali e ribelli, sensibili e potenti. 
Lasciamo ora che siano le parole di Fred Fichet a sintetizzare  il senso di questa visione artistica :  " dalla plastilina della mia infanzia all'argilla del mio laboratorio, Ho sempre amato scolpire i corpi umani. Così unici e così preziosi allo stesso tempo, questi corpi, a volte dimenticati, sono così tanti mondi e così tante storie da raccontare. C'era una volta una donna ... quest'altra metà dell'umanità che cerco di capire, di descrivere: è giovane, vigorosa, bella e indipendente, si alza con determinazione in un mondo meglio equilibrato dove forza e barbarie non fanno legge"
Le dichiarazioni di Fichet sono pervase di significati ancestrali, radicati in un'idea di naturalismo matrilineare, rimandano dunque ad uno spiritualismo dalla forte poetica anticonformista, dove la donna è l'artefice di un'umanità migliore. Non un'idealizzazione della femminilità, ma un ritorno alla vita prima della diaspora monoteistica della genesi  biblica : "In ognuna delle mie sculture ne incontro una, dolce e ribelle contro questo pazzo mondo. La scultura è diventata una necessità interiore per me, che mi guida nel cammino dell'incontro e dell'armonia."   Fred Fichet dedica da sempre tutto il suo operato artistico a questo concetto di " Sacro Femminile" ma sono soprattutto la moglie e le figlie le fonti della bellezza da cui lo scultore prende tale ispirazione. 

KENZA 

[ - A Kenza, la principessa dalla pelle d'ebano; la perla d'Africa. Una mia poesia in omaggio alla scultura di Fred Fichet e alla sua concezione di Sacro Femminile. - ]


Kenza, principessa dalla pelle d'ebano danzava leggiadra tra la brezza marina e salina al chiaror della luna.

Lei, bellissima, slanciata, sinuosa danzava in una vertigine a curva di luna.

Kenza, meravigliosa perla d'Africa, cantava
la sua canzone e tra le onde del mar Mediterraneo
era figlia di Salammbo'.

Per me un richiamo. Attracco e porto sicuro
Tra la curva di luna e di un grembo fecondo.

Io e Lei.

Uniti nel sangue di un fatto consumato. 
Alcova d'ebano e Mal d'Africa.

( P. De Santis)


In conclusione, non mi resta che congedarmi da voi invitandovi ad approfondire la meravigliosa arte di Fred Fichet, e in tal proposito vi allego il link del suo sito ufficiale, dove potete trovare tutte le informazioni necessarie : fredfichet.com. Per correttezza e onesta intellettuale faccio presente che io stesso ho attinto da questa preziosa fonte. Inoltre mi sono premurato di caricare dalla piattaforma YouTube un video promo titolato " Fred Fichet Exposition Sculputure 2017 " Si tratta di un'esposizione che si è tenuta presso Le Chevalet d'Art à Nouméa.  Vi ringrazio dell'attenzione, vostro P. De Santis 








Forse ancora Poesia : Cette Blessure / Storia di una solitudine - Lettere in prosa, poesie e riflessioni di Patrizio De Santis

Cette Blessure ( Quella ferita)

Cette Blessure
perché sono il tuo devoto poeta
in ogni notte di straziante tenerezza
e per me, credimi, amarti
è inevitabile,
oh avvolgente calda ferita,
padrona dei miei sospirati istanti
di desiderio

Cette Blessure
perché la tua assenza ha il sapore
buono delle lacrime,
distillati delle emozioni
più genuine e inebrianti
come dolcissimo
pegno da pagare
per amarti.

Cette Blessure
perché ti scrivo la poesia che tanto
ti piace leggere
dall'altra parte del cielo,
dove sei la metà
che sogno
di amare

di Patrizio De Santis

“Una ferita / crepa di carne dove muore il mare / deserto dove passa la vita / insanguina delle culle il candore / chiusa nel marmo infinita / da una ferita vengo anch’io. (…) Una ferita / gelosa del mio desiderio / una cucitura sul piacere / non la vorrei negata mai / una porta aperta sulla morte / quella ferita è la mia sorte”. ( Léo Ferré)


Forse ancora poesia. Esattamente così, rievocando un tempo migliore perché voglio creare uno spazio per scrivere di emozioni, ma sopratutto compiere un viaggio di ritorno verso la bellezza, utilizzando la mia scrittura per eludere il cinismo e il nichilismo di questi strani tempi moderni. Un pensare anacronistico - ed epistolare - come se fossi nel pieno di una classica educazione sentimentale e letteraria - parafrasando un celebre romanzo di Gustave Flaubert. 


Nel componimento Cette Blessure ( Quella ferita) ho cercato di raccontare la mia idea dell'eros scrivendo dei versi poetici - ispirato sia dal cantore e poeta anarchico Léo Ferré, - che  dal dipinto "L'origine du monde" di Gustave Courbet. In verità si tratta di un omaggio poetico ad un periodo decisamente felice della mia vita, poiché ho voluto ricordare gli anni giovanili, quando ero solito frequentare un appuntamento culturale di una certa rilevanza : La Rassegna Léo Ferré di San Benedetto del Tronto, nella provincia di Ascoli Piceno, Marche.  Questo festival nel corso del tempo ha proposto i recital e le performance di Victoria Abril, Jane Birkin, Gianmaria Testa, Paolo Fresu, Tetes de Bois e Les Anarchistes. Durante la rassegna era possibile acquistare i libri e i dischi di Ferré - grande e generoso artista del 1900 - mentre per i più fortunati c'era la possibilità di poter conversare con qualche ospite di prestigio. Non lavorando nel settore ricordo di aver appena intravisto Jane Birkin e di essermi complimentato con Andrea Satta, la  voce carismatica e teatrale dei Tetes de Bois. 
Ritornando alla mia poesia, i più esperti sapranno che Léo amava paragonare l'organo sessuale femminile ad una ferita - oppure ad una crepa - dalle cui aperture di carni sboccia il fiore dell'amore - che si offre turgido e umido ai poeti, ai sognatori e infine agli amanti più audaci. Io sono un uomo completamente diverso dallo chansonniers e  mi trovo più a mio agio con la poesia romantica e introspettiva.  Non avrebbe avuto alcun senso concepire dei versi nati sulla falsariga del canto di Ferré, perciò ho evitato accuratamente l'emulazione del mito, per poter parlare del romanticismo etereo e trasognante che sovente prende vita nel mio immaginario notturno. La mia Cette Blessure è dunque una poesia d'amore. Non è mai una buona abitudine spiegare il significato di un canto poetico ma trovo interessante suggerire delle riflessioni.  

[ - "La Solitudine è un anfratto oscuro tra la memoria e il mare. Un'Anarchia dell'Intelletto in forma di poesia. A Léo" - P.De Santis ]

La solitudine? Credo che sia una condizione necessaria per comprendere Léo. La solitudine è la libertà nella sua purezza più radicale ed essenziale, come spesso era solito dichiarare lo stesso Ferré. Ora voglio spostare le lancette dell'orologio biologico per andare a ritroso nel tempo e recuperare un piccolo ma significativo frammento di vita privata: un dono ricevuto da un signore anarchico; la sua personale copia del disco in vinile " La Solitudine, serie Orizzonte, 1972."
Per un giovane di 18 anni il mondo di Léo Ferré può essere vissuto soltanto come  un'iniziazione - o a limite una rivelazione -  più simile ad un violento, ma piacevole tumulto  dell'anima. Il pensiero che si cela dietro a certe liriche ha in se qualcosa di destabilizzante; bisogna superare la diffidenza, eludere il timore di sprofondare in un linguaggio utopico, giocoforza desueto e anacronistico ( per lo meno se lo si approccia colla superficialità.) 
La poetica dello chansonniers richiede comunque una particolare predisposizione e tanta profondità emotiva. La parola di  Léo va' vissuta intimamente, anche perché una volta interiorizzata può essere un'utile fonte di bellezza, forza e coraggio per sopravvivere alle dure prove del presente. Il mio bisogno di scrivere è nato ascoltando le versioni italiani dei brani già pubblicati nel disco francese della Barclay " La Solitude" : Tu non dici mai niente, Il tuo stile, La solitudine, Niente più, Piccina, Pépée, Gli anarchici, Col tempo sai. Quindi la solitudine non è necessariamente tua nemica.  Nelle canzoni di Léo Ferré "La Solitudine" è la celebrazione di una rivoluzione ben custodita in un anfratto oscuro, situato tra la memoria e il mare. Il canto è un'insurrezione. Una Signora Anarchia dell'Intelletto che si manifesta in forma di  poesia. 


Risvegli a primavera per l'Aeternum Symposium 

Il mondo contemporaneo è drasticamente cambiato. Così come ci appare è insensibile alla passioni, e noi viviamo promesse di desideri disattesi perché fino ad oggi abbiamo assistito al gioco di potere tra i sessi, che è una palese prerogativa dell'ego. Siamo tutti prigionieri - schiavi di un'obesità senza fine - piegati al baluardo del neo liberismo - sostenuto da ogni compagine politica - in quanto simbolo di potere e denaro. Io celebro l'anarchia, perché amo la dilatazione metafisica del tempo, la riflessione, il pensiero nudo, epurato dal pudore. Mi espongo - incurante del giudizio - pronto a pagarne il prezzo colla solitudine. Desidero la sacralità del sangue, purché il corpo non conosca più l'offesa. 
E' compito della parola scritta insinuarsi nelle crepitanti voluttà dell'amore. Sarà la poesia a nobilitare l'Eros. La poesia è una forma di lotta fondamentale, e anche se attualmente non è più necessario pubblicare, occorre comunque essere i testimoni vigili di una ostinata e folle resistenza.  Bisogna senz'altro celebrare l'amore, perché è la chiave eterna del rapimento mistico e sensuale del desiderio. Dobbiamo essere una rivoluzione pacifica, per dare slancio alle nostre primavere con i versi carnali della poesia. Occorre una parola che abbia la forza dirompente e sfavillante di un'alba infuocata. Una fede. Serve una donna.

Serve un corpo di donna, perché ora è necessario una danza, un gesto, un rapimento mistico e sensuale.

Voglio la comunicazione. Sono necessari la carta e la pena. Il Verbo e la Carne, il Sangue e l' Inchiostro. L'ubriacatura e l'ebbrezza.

E poi ... Il Sacro e il Profano : la Dolcezza.

Serve un corpo, da masticare e deglutire. Occorre una cannibalizzazione della tenerezza.

È necessario un atto sovversivo.  Minare il presente con l'abbraccio e l'abbandono.

Occorrono gesti sconsiderati, giochi imprudenti, e abitudini sottili. Più anarchia.

È necessario un depistaggio. Io voglio il caos, e l'armonia.

Voglio un corpo. Ho fame, sono a digiuno di rivoluzione. Serve più libertà.

Questo è l'amore. La mia concezione del sentimento. Fa paura, soprattutto oggi.

Si. Lo so.

Spacchiamo la tecnologia in mille pezzi di follia, facciamolo ora, per rompere il cemento delle nostre case con i fiori della primavera.

Sputiamo in faccia al potere una smisurata preghiera. Un canto.

L' ode alla vita.

Suicidiamo la paura. Ora, e per sempre.

Serve il contatto : la poesia.

Ma sopratutto 

Occorre una parola che abbia la forza dirompente e sfavillante di un'alba infuocata.

Una fede. 

Serve una donna.

P. De Santis


Et à partir des souvenirs d'une vie, nous écrivons notre meilleure chanson. Nous la laissons comme un cadeau au vent - Di Patrizio De Santis

Sarebbe entusiasmante ritornare a scriversi delle lettere a mano, perché il profumo della carta e dell'inchiostro sono magici e godono di una bellezza abbacinante Una lettera tu non puoi ignorarla facilmente perché non la puoi cancellare con un tasto del PC  e dello Smarthpone. La lettera richiede la giusta e dovuta attenzione : la si può soltanto amare o odiare. Molte delle mie poesie remote le ho bruciate. Questo vuol dire che non le ho vissute con superficialità, dal momento che ancora oggi le ricordo. Nessun rammarico. La possibilità  di crescere grazie alla scrittura è di per se un dono più che sufficiente. Oggi questa tipologia di comunicazione è pressoché assente. La scrittura in prosa - con il suo indirizzo poetico confidenziale - sembra essere una prerogativa ingombrante -  ma c'è da dire che si legge relativamente poco - e la lettera è vissuta dai più come un bisogno anacronistico per intellettuali nostalgici. E' una valutazione superficiale e scorretta. Una svista clamorosa.  Lo scrivere a mano e la lettura cartacea sono medicina e balsamo benigno per ogni popolo, senza contare che possono avvicinare più di una generazione allo stesso sentire. La verità è che noi contemporanei temiamo la profondità delle parole. Nella nostra quotidianità incontriamo tante finzioni, di conseguenza i gesti  concretamente utili e autentici richiedono forza, perché sono i nostri progressi e si manifestano attraverso il coraggio di una costante pratica. Dobbiamo lottare principalmente contro noi stessi per non essere l'automatismo di una finzione. Si scrive e si legge per conquistare la consapevolezza della propria libertà. Le parole possono liberarci dalle  maschere sociali : quest'ultime sono sufficienti giusto per recitare un ruolo che eluda la capacità di pensiero. La parola scritta è necessaria per non temere più il giudizio di una società corrotta dai falsi bisogni - sopratutto nella contemporaneità del terzo millennio - perché ci siamo ammalati di edonismo e materialismo sfrenato.   

Ho iniziato questo 2020 cercando di correggere gli errori del mio passato;  mai avrei potuto immaginare di vivere un'esperienza come la pandemia da Coronavirus Covid - 19 per poter ritornare ad essere un uomo contemporaneo diverso e più pacificato. Nella durissima condizione della quarantena ho ritrovato lo stimolo per vivere serenamente la realtà con tutte le meravigliose opportunità che la vita ci offre in dono. Ora la stessa scrittura sembra prendere vita con maggiore slancio, perché sento  un respiro diverso tra una parola e l'altra. Il mio scrivere ha più  vigore di un tempo. Forse sto per raggiungere l'agognata maturità. Attraverso la creatività noi possiamo raccontare la venuta di un presente migliore, a patto di riuscire a crescere e a maturare anche grazie al dolore di una lunga e sofferta attesa. La stessa natura - finalmente di nuovo padrona del mondo - ci intima di rispettare questo tempo e di fare silenzio. Questo silenzio è chiaramente una preziosa opportunità per poter crescere, accettando una resa necessaria per riflettere e respirare e infine amare il prezioso dono della vita.




LE MIE NUVOLE ( ripartire da un frammento d'autunno del 2016) di Patrizio De Santis

Le mie nuvole sono bellezza e incantamento, un’espressione di purezza che si fa' tramite tra cielo e terra, io le osservo, decantandole in ogni mio autunno e fra tutte scelgo voi, le crepuscolari, fedeli compagne delle mie amate passeggiate solitarie. Vi vedo rigogliose come ventri gravidi di madri inquiete, a tratti austere, forse per via della cenere del cielo, eppur abbacinanti di umori e sensazioni riconducibili all’amore. Ai miei occhi voi siete parole, le mie parole, intrise di un romanticismo melanconico, idealizzato sin dalla gioventù. Per me siete come vecchi libri ingialliti con l'usura del tempo, ma a tratti confuse fra le vergini pagine di bianco candore, ancor tutte da scrivere. Siete suggestioni, care mie nuvole autunnali. Nei pomeriggi di questo tardo settembre, fra un giorno di pioggia e un altro di nuvolosa coltre, grigio cenere, ospitate di tanto in tanto, uno spiraglio di sole che sa ancora d’estate, la cui gradevole leggiadria, benedice le vendemmie nelle campagne circostanti. Ed è allora che mi piace sorprendervi barocche al calar della sera, mentre attraversate i campanili gotici dei paesi dell’entroterra marchigiano, per poi raggiungere le vallate pianeggianti, fino a morir riflesse nella bellezza del mar Adriatico. Voi, sospese, siete le regine danzanti di questo mare, solo la penombra vi cela, portate appresso il tracciato tempestoso dei giorni trascorsi, fra pioggia e torbido grigiore, testimoni dei miei momenti di tedio, chiuso tra le mura della mia casa a sognar poesia, ora espressa in questi miei versi.
A voi affido il sogno di un romanzo ancora da definire, la cui trama aleggia trasognante con il vostro passaggio. Voi nuvole d’autunno, in questi miei strani giorni di riflessione, mi fate dono di una nuova consapevolezza che si manifesta tutta nella piacevole attesa del dar tempo al tempo. Al vostro passaggio imparo a godere della pienezza dei silenzi e degli spazi vuoti, tutti da colmare con il frutto delle parole, in maniera tale da tramutare ogni mia contraddizione in un maturo atto di responsabilità. 
Ed ora lo scorrere lento di questo tempo a me concesso, diviene un’intenzione di crescita per poter meglio preservare e decantare un idea di bellezza, confidante nel futuro e nel viaggio ma memore delle mie radici, il bene più prezioso. Sento il tempo arrestarsi su' queste mie ultime parole, mi congedo a voi con lo sguardo sereno di chi sente il cuore battere più lentamente, quieto di un nuovo equilibrio. Vi affido questa mia pace, rendetemela forte per il mio domani, nella nuova alba che verrà, spero con la stessa serenità di queste mie sentite parole d' amore.  

In fede, vostro P.De Santis

La parola scritta non è  la nostalgia della purezza ma una delle tante possibilità creative per dare un senso al presente, e volendo una resistenza culturale. Perché no? Oggi è veramente cosi utopico  e anacronistico questo amore? Per me la passione non è morta. Ho scelto di proseguire il cammino come se fossi il custode di un grande lascito umano.  Questo blog è un contenitore culturale, ma io lo vivo come un operaio. My Ideal Blog è un cantiere aperto dove poter sperimentare nuove strade, recuperando nel contempo gli umori e i fermenti del passato. Ora è nato anche un piccolo spazio per la poesia, la scrittura in prosa e la riflessione : " Forse ancora poesia"   

Raccolgo qui l'eredità del 1900. Vi invito a riprendere il contatto con la carta e la penna.  Scrivete le vostre lettere al mondo: genitori, parenti, amici e amori. In virtù di tale fremito non posso che dirvi " e dai ricordi di una vita, noi scriviamo la nostra canzone migliore. La lasciamo in dono al vento." 

Et à partir des souvenirs d'une vie, nous écrivons notre meilleure chanson. Nous la laissons comme un cadeau au vent

Parole, soltanto le nostre parole disattese sulla carta, lasceremo come sigillo di un incontro.

L'inchiostro emotivo ed emozionale di un tempo ormai lontano : vivido ricordo.

Perché dai ricordi di una vita, noi scriviamo la nostra canzone migliore.  

La lasciamo in dono al vento.

( P.De Santis)

Il Disco è Cultura! Here and Now - I ritratti in Jazz per voce e contrabbasso di Marilena Paradisi e Bob Nieske. Losen Records, 2024

  Intro : Here and Now   I ritratti in Jazz per voce e contrabbasso di Marilena Paradisi e Bob Nieske  Tra le uscite discografiche che hann...