My Ideal Blog : Globalartisticfusion.blogspot.com di Patrizio De Santis Patrizio De Santis è titol

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Questo blog è nato come se fosse un'isola felice dove sperimentare una scrittura personale e condividere le mie passioni con qualsiasi internauta interessato alla bellezza. La sua dinamo propulsiva è la passione e l'amore per l'Arte. Ho realizzato uno spazio libero e autogestito, impostando tale contenitore come se fosse un potenziale Magazine cartaceo di approfondimenti culturali e artistici. Global Artistic Fusion è una sintesi della mia ricerca popolare e culturale: un mondo che vi offro nel My Ideal Blog 2.0

mercoledì 31 luglio 2019

L' Incantesimo della Soglia - Avanguardie musicali a Napoli : La storia di una lungimirante avanguardia europea a Napoli da riscoprire e valorizzare come fermento del presente.


“Incantesimo della soglia” è, per Walter Benjamin, ciò che attrae all’ingresso, sospinge all’entrata. La soglia è metafora dei nuovi templi della contemporaneità, occasione topografica, residuale, di conoscenza.L’attraversamento estetico è ragione di sopravvivenza e resistenza per quanti, ancora, producono arte, musica, poesia, dacché la porta rappresenta l’accesso desiderante che elimina i limiti e “trasforma colui che passa sotto la sua volta”. Una accezione prospettica, non solo psicologica, che invita al cammino "  Girolamo De Simone 


My Ideal Blog oggi vuole raccontare (una " parziale") storia di una scena di nuova musica contemporanea, a tratti imparentata con l' avanguardia europea ma nata nel sottobosco underground di una Napoli in fermento creativo che purtroppo ha dovuto fare i conti con il baronato dell' accademia, ma anche con le contraddizioni politiche e territoriali del capoluogo campano, con il senno di poi, le stesse difficoltà che riguardano tutti i settori che si muovono in un ambito di ricerca e lungimiranza artistica, almeno nel voler abbattere tutti quei muri e quegli steccati stilistici che sono tipici nel conservatorismo politico della gestione culturale in Italia, tra cui la stessa critica di settore che sovente si accoda dove meglio è possibile trovare un riscontro immediato, o nel peggiore dei casi dove l' establishment delinea e veicola i contenuti delle proposte artistiche in base ai gusti dell' alta borghesia dei teatri, delle sale da concerto, degli auditorium e delle rassegne.


Questa mia " intenzione di scrittura ", e approfondimento, nasce dal desiderio di penetrare a fondo un monumentale e essenziale lavoro di documentazioni d'archivio, " L' Incantesimo della Soglia " che nell' insieme raccoglie in quattro pregiati cd il lavoro encomiabile dei musicisti Girolamo De Simone, Luciano Cilio, Eugenio Fels e Gabriele Montagono, in una limited edition destinata più alla ricapitalizzazione storica che al mondo del mercato discografico. E' un iniziativa curata dal maestro Girolamo De Simone, che ha ereditato il lascito del compianto e geniale compositore autodidatta Luciano Cilio, una personalità che ha pagato il doloroso pegno di non essersi formato nei conservatori e nelle accademie, di conseguenza ai tempi fu' preso poco sul serio, fino al drammatico epilogo del suicidio.
Lo scopo è quello di preservarne la memoria storica come se fosse un cardine attuale, considerando che Cilio è il fautore di una serie di eventi e intuizioni musicali che di fatto hanno aperto le strade a molti, sopratutto nel panorama delle musiche anticonvenzionali europee, e perché no, internazionali. Questa scena non ha mai gradito 
l'accostamento Napoli / Mediterraneo e Avanguardia, anche perché la dinamo con cui tale fermento si è generato è stato fin dagli inizi d' essere parte di un suono contemporaneo universale, in grado di prefigurare un possibile ponte culturale con l' Europa. Nel nostro caso, spesso si è erroneamente messo l'accento sull'aspetto folclorico sminuendo un grande lavoro di rigore nell'ambito della ricerca sperimentale della composizione e della scrittura della musica. 
In questo special io prendo come fonte di riferimento, su indicazione del maestro Girolamo De Simone, il saggio " L' Altra Avanguardia " ma sopratutto cerco di attenermi con rispetto al contenuto della musica e della storia, così come è stata scritta dalle gesta dei diretti interessati. Cercherò prima di tracciare un percorso storico, che giocoforza sarà di estrema sintesi, ma essenziale ( e speculare) come introduzione all' argomento portante, il cofanetto, anche perché gli spazi di un blog non consentono molto, e il rischio di appesantire la struttura del servizio non può che allontanare un possibile internauta lettore. Dopo tutto è bene parlare del box L' Incantesimo della Soglia e del contenuto dei cd, un vero scrigno di bellezza che secondo me può arrivare alle orecchie di chi normalmente non frequenta il settore della musica di confine e della contemporanea. Spero di svolgere il mio " lavoro " con la serietà e il rispetto che l' argomento giustamente richiede. Il fine è dimostrare che le musiche di confine, o sperimentali e di ricerca non sono necessariamente elitarie, ma assai più popolari e inclusive di quanto sia lecito pensare, almeno dal punto di vista del neofita. Dopo tutto il nostro compito, il mio, come modesto e appassionato blogger, e quello del critico giornalista di professione, consiste essenzialmente nel riuscire a rendere popolare una storia nata per essere concretamente moderna, vitale e pregnante di contemporaneità, ma per miopie culturali non è così visibile e centrale nel percorso musicale della nostra penisola.

- La Storia di Luciano Cilio e della Nuova Musica di confine napoletana - Introduzione " L' Incantesimo della Soglia "



L' incontro che avviene nel volgere degli anni settanta tra un musicista compositore affermato, Eugenio Fels, e un genio incompreso e autodidatta, Luciano Cilio, un architetto con il dono della composizione musicale, è la scintilla alchemica in grado di favorire il fermento di una nuova scena musicale; ciò è stato tracciato in una data specifica, come certifica Girolamo De Simone nel saggio L' Altra Avanguardia, ed è il 20 Aprile del 1979. Eugenio Fels nasce a Torino ma di fatto si trasferisce a Napoli e fin da giovane entra a far parte della cultura partenopea da cittadino più che partecipe ma nel contempo porta con se una propensione aperta e contemporanea. Interessato dalla ricerca che Cilio aveva concretizzato con lo storico 33 giri " Dialoghi del presente " licenziato dalla EMI nel 1977, decide di commissionare un pezzo per pianoforte al musicista, divenuto poi IV sonata. L'idea del compositore del Vomero è quella di prendere spunto da un interpretazione inedita di un Notturno di Chopin in Do diesis dello stesso Eugenio Fels ma improvvisando sulla nuova composizione, mantenendo esattamente la stessa tonalità, a tal punto da creare un precedente d' avanguardia romantica e essenziale. In linea di massima questo è la sintesi iniziale da cui poi è scaturita la sementa documentata nel cofanetto L' Incantesimo della Soglia. 

Luciano Cilio inizia la sua attività di musicista in un contesto veramente particolare per la Napoli degli anni settanta, infatti le sue prime esperienze sono con un giovane che inizialmente stava cercando una strada per rompere gli schemi del canto Pop nella forma canzone " progressiva " giovanile, si tratta di Alan Sorrenti, il cui lp  "Aria " è ancora oggi un corpo alieno nella musica italiana perché si tratta di un lavoro che non è riconducibile al nascente Progressive Rock ma più tosto è vicino a una forma di folk lisergico e sperimentale legato alla controcultura psichedelica. Cilio aiuta Alan durante la realizzazione di questa opera sconvolgente di nuova musica underground. Molte intuizioni di Aria si devono anche a Luciano Cilio, non accreditato tra i musicisti in studio. Successivamente frequenta la casa di Positano del cantautore visionario Shawn Phillips e in quel contesto inizia a lavorare con dei nastri, creando i primi " quadri sonori " della Nuova Musica 
(purtroppo quelle registrazioni sono state compromesse in maniera incidentale con delle vecchie melodie napoletano che si inseriscono rendendo inutilizzabile il contenuto) La frequentazione nella casa del texano è fruttuosa, perché Cilio ha il modo di apprendere l'utilizzo del sitar che Phillips aveva suonato nei dischi di Donovan, tra cui lp Sunshine Superman 

Il passo successivo è quello di abbandonare le frequentazioni legate all' Underground del Rock per tentare di realizzare una ricerca concreta nell' ambito della musica contemporanea, e forse l' accademia non ha mai tollerato l' ambiguità del compositore, considerando il suo studio d' autodidatta, e con l' aggravante d' aver frequentato i figli dei fiori. Con il senno di poi miopie da baronato universitario e accademico del tutto fini a se stesse. Un fondamentalismo elitario.



L' esordio discografico di Cilio " Dialoghi del Presente " corrisponde ad un vero caposaldo della nuova musica di confine ma soltanto nelle decadi successive si è compreso il senso della proposta, la sua innovazione e il contributo nel rinnovamento delle avanguardie. Qualcuno ha provato a forzare il termine di paragone attraverso la New Age, un genere studiato a tavolino dai mercato per allietare i gusti di qualche capellone imborghesito, ma nel caso di questa opera tale definizione è fuorviante. Un errore che si è commesso anche nei confronti dei Popol Vuh , nello specifico la fase post Kraut Rock. Luciano Cilio non scrive musica ma progetta dei quadri sonori dove riesce a trarre il meglio dalle " voci" strumentali in un ambito di ricerca elettroacustica. Siamo nell'innovazione dell'innovazione. Il genio lascia un segno che incuriosisce Eugenio Fels e successivamente Gabriele Montagano. Si tratta di un lavoro di abbacinante bellezza trascendentale e contemplativa, un' arcadia misterica di sonorità dove gli archi, le corde, i fiati, le voci femminili, il pianoforte e infine le percussioni etniche di Toni Esposito - un percussionista reduce da un esperimento singolare e curioso con il maestro e arrangiatore Paul Buckmaster, Rosso Napoletano - si tingono di un esoterismo sciamanico e vibrante.  L' album Dialoghi del Presente ha influenzato molti artisti, anche la corrente post rock statunitense. ( mi riprometto fin da ora di recensirlo, magari tra qualche mese, per non accavallare i servizi.)

"In queste registrazioni si può chiaramente percepire una necessità che raramente si trova nella musica: un momento nel quale si può veramente sentire un artista in reale contatto con se stesso. Luciano Cilio coglie quell'attimo sospeso nel tempo, come un autentico testamento emotivo, qualcosa da tenere a cuore" [Jim O'Rourke] 

Luciano Cilio cura la direzione artistica della prima rassegna di musica nuova napoletana " Aspetti della musica di Napoli " con il patrocinio del comune e degli assessorati allo spettacolo e ai problemi della gioventù, tenuta nella chiesa sconsacrata di Donnareggia Vecchia il 24 Maggio del 1980. In questo frangente Eugenio Fels svolge un ruolo incisivo, avendo già alle spalle un ricco repertorio pianistico, e in questa specifica occasione presenta la " Suiff " accompagnato dal notevole violoncellista Emery Cardas. Il brano proposto viene incorniciato dalla " Suite dai tempi d' Holberg " e dalla " Sonata op.n.36 in La minore " di Grieg. Un esecuzione a struttura circolare senza alcuna possibilità di ripetibilità infinita, a doppio anello per la presenza di due strumenti. Girolamo De Simone ricorda nel 1988 nello scritto " Le parole sospese " che in quella circostanza la composizione si era rarefatta verso l'essenzialità, rispetto al precedente repertorio del pianista e che l' influsso di Luciano era comunque evidente. Sempre nel 1980 il maestro Cilio cura il Long Concert, che si discosta dalla nuova musica di confine per avvicinarsi al mondo della musica colta contemporanea. Questo avvicendamento produce una serie di iniziative interessanti, che purtroppo il mondo degli intellettuali e dei politici non sapranno valorizzare, sia per un limite " intellettuale " di conoscenza e percezione della proposta culturale, che per chiusura elitaria. 


Nel 1981 è la volta dell' avvenimento più importante e storicizzato, la rassegna "Avanguardia e ricerca nella Napoli degli anni 70" e Luciano Cilio ne parla in questi termini, facendo riferimento a tutto il lavoro di ricerca e documentazione svolto per dare una luce e una prospettiva al sottobosco delle avanguardie partenopee : "la musica, al di là della costruzione di un 'oggetto sonoro', è in fondo proprio la volontà di materializzazione di un universo alternativo, un habitat 'altro da sé', dove la coscienza del tempo reale possa essere addirittura nullificata, di essa possa essere operata un'idea di trasmutazione, alterata dalle sue stesse compressioni/ dilatazioni".


La rassegna nella durata dei suoi quattro giorni è strutturata sulla progettualità di quattro compositori che vanno a definire grosso modo un ampio  ventaglio di proposte che complessivamente raccontano il cammino della scena napoletana dai primi anni settanta fino al 1980; oltre a Luciano Cilio troviamo Carmelo Columbro, Antonio De Santis e Renato Piemontese. Queste quattro menti coinvolgono il fotografo Fabio Donato, l' architetto Fabrizio Ciancaleoni e lo scenografo Fabio Di Pace.  

Un altro aspetto interessante per la presentazione concettuale del lavoro, consiste nella realizzazione di un libretto correlato da illustrazioni, spiegazioni e interviste. Sono coinvolti anche l' assessore Visca e una stampa di settore locale. Per questione di sintesi e spazio salto il cartello ma segnalo che alcuni segmenti di musica elettroacustica ed elettronica, tra l' altro non preponderanti su tutta la durata  della rassegna, ma più tosto circoscritti, vengono aspramente criticati a tal punto da sminuire e oscurare il lavoro compiuto da un' intera scena. Un boicottaggio avvenuto per colpa di uno stupido ostracismo fondamentalista della gestione culturale del territorio, dove sono tutti conniventi, a partire 
dall'accademia del baronato universitario per arrivare alla critica di settore e alla politica. L' elite intellettuale parla di inutili " intonarumori " realizzati con dei " calcolatori ", ma nello specifico definisce Cilio e De Santis " fautori di un Marxismo rivoluzionario di cui non si sente alcun bisogno " 


Da questo momento in poi inizia la parabola discendente di Luciano Cilio che paga lo scotto di essere considerato un " dilettante incompetente " che osa profanare il mondo delle rassegne e della sale da concerto dell' avanguardia contemporanea e della scuola 
d'accademia. L'essersi avvicinato a quelle istituzioni intellettuali gli è stato indubbiamente fatale, perché in quel frangente l' accademia partenopea era in procinto di una chiusura del territorio, e per contraddittoria necessità, si era aperta all' esterofilia. Il muro che Cilio si è trovato di fronte ha soffocato e disperso una delle creatività più genuinamente sperimentali perché nel suo muoversi verso la rarefazione e l' esaltazione delle dinamiche della ricerca elettroacustica in musica, possiamo percepire questa scuola come la più " popolare " nel senso più inclusivo del termine, diciamo dal forte " calore " umano. Un faro di quella generazione, ma anche delle successive " presenze " artistiche che in maniera solitaria hanno cercato di apprenderne lo stile. 



Riporto alcune amare considerazioni di Girolamo De Simone sul suicidio di un maestro e un amico, Luciano Cilio : 



" E' difficile evitare la retorica. Quando Luciano scompare ci ritroviamo tutti smarriti, a fare i conti sulle ragioni per le quali un compositore come lui avesse scelto (ma è mai una scelta?) di morire in quel modo. Le risposte sarebbero arrivate dopo molto tempo, anche rivivendo sulla nostra pelle gli stessi scontri e le stesse disillusioni che aveva vissuto lui. Ma subito capiamo che quell'avvenimento non ha soltanto un valore personale. Tutto avrebbe seguito un corso differente, se Luciano fosse sopravvissuto.

Stava diventando un punto di riferimento sostanziale per molti giovani, e, soprattutto, si manteneva raggiungibile, disponibile come può soltanto chi ha tanto da dare, e non teme impoverimenti. Ma non basta fermarsi qui. Cilio aveva anticipato anche qualcosa d'altro; era stato il più radicale, il più coerente fra noi. Aveva portato alle estreme conseguenze una afonia creativa. 
Aveva dimostrato come i decenni della sperimentazione stessero collassando. Altri hanno scelto di non comporre più, o di fare del silenzio un'estetica. O di dedicarsi ad attività paramusicali. Ma nessuno si è reso così simbolicamente definitivo. Con il mero sperimentalismo un intenso e ricco patrimonio di talenti veniva dissipato. Chi non ebbe la forza di cambiare si piegò in solitudine, e cadde. Una generazione di soccombenti. "


L' ultima composizione di Luciano Cilio si chiama " Liebesleid " concepita per pianoforte e voce. Girolamo De Simone ha lavorato molto sul materiale del fraterno amico, in questo caso ne ha trascritto una versione per solo pianoforte, in quanto, a detta dallo stesso interessato " è un brano assai prossimo al silenzio "


Il corso della Nuova Musica è ereditato da Eugenio Fels, e in questa nuova direzione si defila la presenza di Gabriele Montagano che investe nella ricerca sperimentale e concretizza il suo lavoro più essenziale, almeno per individuare un legame con Cilio, si tratta di Evento ( di cui parlerò nella recensione del box), mentre De Simone esordisce pubblicamente come concertista nel biennio di transizione che va' dal 1982 al 1983. Nel periodo che precede la morte di Cilio si costituisce anche il Gruppo Ricerca e Sperimentazione, dalla breve ma intensa e fruttifera durata. L' associazione La Porta del Sole è la sementa migliore di quell'istante di trasformazione, segnato dalla drammatica vicenda del suicidio del caposcuola, che prova l' animo Fels. Il saggio " L' Altra Avanguardia" risale al 1996, è una testimonianza indubbiamente datata ma ufficiale,  scritta da Girolamo De Simone. Nella lettura integrale del saggio è possibile avere un quadro complessivo del percorso, sopratutto a partire dall'eredita di Fels, che resta una figura collante molto forte e intelligentemente carismatica, ma si traccia anche la cronistoria del graduale e inevitabile avvicendamento dei percorsi solitari dei nomi coinvolti nella scena.  De Simone parla dello spirito di " Giusta Collera ", ereditato da Fels  per mantenere fede al lavoro di innovazione svolto nel decennio scorso, e ricordo, ampiamente celebrato nei quattro giorni della  rassegna del 1981 Avanguardia e ricerca nella Napoli degli anni 70. A differenza di Cilio, anima pura e nobile e profondamente sensibile, Fels ha alle spalle anni di conservatorio e riesce a mantenere un maggiore distacco critico nei confronti delle accademie dei baroni della cultura, ma sopratutto evita coinvolgimenti politici. 


[ - Io ho cercato semplicemente di tracciare una sintetica traccia storica per poter meglio recensire l' uscita discografica del Box " L' Incantesimo della Soglia " ma è ovvio che 
l'argomento è stato appena sfiorato, di conseguenza il mio lavoro è di estrema sintesi formale, con spregiudicate " licenze " di adattamento al blog, quindi di taglio e rimaneggiamento. Credo di essere stato cauto e aver rispettato il percorso storico almeno nelle sue origini, per tutto il resto serve la volontà e l' opportunità di ritornare sul tema, e sicuramente non mancheranno altre occasioni. - ]



Girolamo De Simone si occupa di archivio, registrazioni, saggistica e documentazione. Oltre al lavoro di musicista, egli è l' uomo che preserva la memoria dell' Incantesimo della Soglia. Gestisce l' archivio storico della rivista di musiche contemporanee KOnSEQUENZ presente anche nel suo sito www.incantesimodellasoglia.com, organizza e promuove eventi, pubblicazioni editoriali e discografiche, supportati poi da convegni e concerti. 




[ - LA RECENSIONE - L' INCANTESIMO DELLA SOGLIA - IL BOX IN 4 CD -  CILIO - MONTAGANO - FELS - DE SIMONE - ]



L' Incantesimo della Soglia è un raffinato e lussuoso cofanetto contenente quattro pregevoli e importanti incisioni storiche che complessivamente raccontano la testimonianza di una Nuova Musica la cui sementa ha radice a Napoli ma il cui suono è chiaramente attuale e europeo, proprio per questo è importante fare un' analisi complessiva di questa lodevole iniziativa curata dal maestro Girolamo De Simone, trattando però singolarmente i cd inclusi. Essendo un prodotto nato per testimoniare un lascito storico culturale molto importante è doveroso da parte mia realizzare un lavoro di approfondimento, anche perché stiamo parlando di una tiratura limitata disponibile in pochi punti vendita di fiducia. Tale progetto non ha una natura commerciale industriale, ci tengo a chiarire fortemente questo aspetto prima di entrare nel cuore della trattazione : la musica.




- CD I Nastri ritrovati, di Luciano Cilio e Girolamo De Simone - 



I Nastri Ritrovati sono un importante e inaspettato ritrovamento ( pubblicato da Girolamo De Simone) che documentano alcune embrionali ricerche sonore svolte da Luciano Cilio 
nell'ambito di una forma di sperimentazione elettroacustica molto calda e naturale, una vera arcadia di elegie e vibrazioni esoterico musicali dove il concetto d' Incantesimo della Soglia caro a Walter Benjamin si concretizza attraverso il ritrovamento di una bobina di Eugenio Fels, come se questo arcano mondo musicale fosse stato custodito in una zona recondita della memoria e che ora si svela del suo spurio splendore, una gemma grezza suddivisa in 19 nastri dove si giunge al culmine di un' inedita rilettura di " Liebesleid "che prelude al silenzio. Nel nastro ritrovato # 5 sembra di sentire gli Oregon dei tempi migliori, il periodo della Vanguard Records, mentre la costruzione esotico misterico - esoterica del nastro #1 suggerisce un lento avanzare di un respiro vitale in crescendo che attraversa la densità brumosa di una trascendenza primordiale. Il nastro #7 inizia con dei flauti etnici per evolvere in una reminiscenza di fiati orchestrali prossimi all' avanguardia minimale, un lavoro perfetto per sonorizzare un docufilm sull' estremo oriente oppure la colonna sonora immaginaria di un viaggio in un' isola del mediterraneo, magari nella narrazione della sua storia più esoterica, per esempio il respiro notturno del titano Tifeo che vive " costretto " nelle viscere della Sicilia, per monito degli Dei. 

Ci sono molti nastri realizzati con degli strumenti a corda. Il # 10 è straordinario perché sembra di ascoltare un blues che attraversa il deserto dei Tuareg, per poi imbarcarsi nel mare mediterraneo e raggiungere la Turchia e la Grecia. Oppure possiamo descrivere gli 08 : 03 di questo nastro come l' alba deserta di una Pompei che rivive nella memoria di un visitatore in cerca di se stesso. I successivi nastri, quelli che vanno da # 11 e # 19 sono dei frammenti di brevissima durata, in parte condivisi con De Simone. La bobina è stata restaurata e ripulita per essere digitalizzata sul supporto audio-digitale del formato Compact Disc


Per questo cd I Nastri Ritrovati mi prendo la licenza di paragonare la musica di Luciano Cilio ai suoi studi come architetto, perché mi piace pensare al suo lavoro come ad una certosina architettura del suono, un edificio musicale che è sia un gabinetto sperimentale che una scuola di cultura popolare fresca e moderna, baciata da una visione lungimirante che purtroppo è stata compresa troppo tardi, ma che di fatto non è ancora stata del tutto assimilata, e proprio per questo motivo è necessario mantenere l' attenzione alta, viva e costante. Questi nastri sono una benedizione, mi permettono di poter scrivere un servizio cercando il più possibile di interiorizzare il senso dell' Incantesimo della Soglia.
Spero di restituire parte di questo spirito al lettore, perché credo che nel 2019 sia importante partire da questo genere di esempi storici per rivitalizzare la cultura e sentirsi pienamente europei. Per il momento è bene avere la consapevolezza che l' Europa della cultura non è una prerogativa politica ma nostra. Non serve l' accademia, perché Luciano Cilio ci ha lasciato la semina della buona volontà. 


L' esistenza di questi nastri si deve al maestro Eugenio Fels, sua è la bobina ritrovata, e insieme al lavoro " Dialoghi del Presente", restano una preziosa testimonianza di una creatività " felice " e fuori dal comune.




- CD Gabriele Montagano, Evento - L' operina per quattro voci e tre strumenti ispirati a Peter Handke.


Gabriele Montagano incrocia la Nuova Musica di Napoli in modo estemporaneo, poiché la sua propensione all' avanguardia lo porta verso i lidi di una ricerca contemporanea più prossima a Giacinto Scelsi, Luigi Nono e Bruno Maderna. In Evento c'è anche l'influsso sottile del Cilio più votato all' avanguardia, un termine che poco gli si addice ma che in alcuni brevi istanti di ricerca si è comunque manifestato. Possiamo dire che con Evento il maestro Montagono chiude un ciclo, per poi ritagliarsi un percorso del tutto solitario 
nell'ambito delle musiche di avanguardia seriali e concettuali, votate all' elettronica e alla rappresentazione teatrale dell' opera.



Evento è dunque la testimonianza più compiuta di una scrittura che si situa a metà strada fra' la scena partenopea di Luciano Cilio e il mondo del conservatorio e delle sale da concerto, o degli istituti di fonologia dove Maderna e Berio hanno tracciato le linea guida della classica contemporanea sperimentale. Evento è suddiviso in due atti e questi segmenti si diversificano nella struttura; dove la prima parte è un crescendo di situazioni sonore riconducibili allo studio di Luciano Cilio, mutuata dal suo componimento più vicino all' avanguardia, vale a dire " Il Trio di Fiati ", di cui Montagano ne eredita l' aspetto più prossimo alla ricerca, nella seconda parte avviene al contrario, un percorso del tutto sperimentale, quindi memore della scuola più colta del 900 di Scelsi ( estimatore tra l' altro di Montagano, di cui ne ha apprezzato l' opera). 



Tutto il lavoro è ispirato da un testo di Peter Handke  " Profezia " per quattro voci ( A, B, C, D.) estratto da Tutto il Teatro di Peter Handke, Ed, Feltrinelli Milano 1969, traduzioni di Maria Canziani e Enrico Filippini. La Traccia # 1 ha la durata di 32 : 22 mentre la Traccia # corrisponde allo sviluppo del testo scritto dal tedesco, per quattro voci in musica, e dura soltanto 16 : 36 



Le voci corrispondono a quelle di quattro donne che sono Daniela Boffa, Milena Di Vinicio, Titti Mautone e Mariarosario Visco. Gli strumentisti sono Drummond Petrie al violoncello, Enzo De Carolis al Sax e Mario Formisano al trombone. Personalmente trovo la seconda parte molto stimolante perché oltre al recitato vi sono frammenti di peripezie vocali riconducibili a una liberazione quasi orgasmica, ed è vero che la struttura dell' operina volge lo sguardo verso l' avanguardia. Tuttavia sono del parere che la prima parte di Evento debba essere vissuta in maniera più approfondita perché riserva molte sorprese, e  quindi sono nei suoi 32 : 22 che bisogna tracciare la linea di continuità con la scuola di Cilio e Fels. Un ascolto indubbiamente avvincente, anche per via del testo di Handke che si presta perfettamente per un progetto musicale così interessante. 
Evento è stato registrato nel 1986 nel PS Sound Studios di Salerno, il Mastering Digitale è curato da Girolamo De Simone, il riversamento analogico da Michele Liquori. La resa sonora è perfetta sopratutto con un buon impianto. Ho delle casse AR 17 del 1979/ 80 restaurate e mi hanno permesso di goderne a pieno in ogni aspetto e sfumatura de suono 


- CD Chansons, di Eugenio Fels 



Nell' Incantesimo della Soglia sicuramente l' incisione Chansons del maestro Eugenio Fels è di gran lunga la più interessante e raffinata, sopratutto se vissuta come musica per sala da concerto, oppure Piano Recital, e per conto mio ammetto che la preferenza converge verso questa serie di concerti per pianoforte raccolti nel terzo cd. Il compositore, esecutore e maestro Eugenio Fels ha studiato pianoforte e composizione con Aladino De Martino. La sua attività concertistica la visto impegnato nelle sale e nei palcoscenici più prestigiosi del mondo, ma possiamo anche dire che il nome di Fels è legato anche alla musica per ensemble, piccoli, medi o grandi che siano. Il percorso del musicista è completo ed ha scritto anche musica per spettacoli teatrali, danza e performance di diverso genere. Fels è docente di pianoforte presso il conservatorio San Pietro a Majella, Napoli. Chanson, come ho già scritto, è un documento che raccoglie diverse esibizioni avvenute in un arco di tempo che va' dal 1997 al 2017, tra Napoli e Hannover, e sono tutte performance per pianoforte, con la sola eccezione del brano " improvvisazione per flauto e pianoforte " condiviso con il flautista Nikola Bodestein. Questa breve improvvisazione per pianoforte e flauto è il segmento musicale a mio avviso più interessante, forse perché essendo al di fuori del repertorio di composizione mi riporta alla mente gli esperimenti degli anni settanta più riconducibili a Luciano Cilio  



Chansons è la sintesi musicale di Fels nell' ambito del pianoforte, e in queste performance troviamo un ventaglio di emozioni riconducibili sia all' impressionismo che alla corrente minimalista degli anni settanta e ottanta, ma anche un solido background di sintesi della cultura transalpina e partenopea, di conseguenza si tratta di un documento sonoro veramente rigoroso e coerente.



Il brano di apertura " Canto della notte per pianoforte " è una " metamorfosi ", come specificato dal maestro, su di un'aria di G. Bizet, e questa sua intenzione di produrre una nuova composizione, partendo da una variazione del repertorio classico accademico è di per se un manifesto di grande innovazione culturale e musicale, riconducibile alla ragione socioculturale di questa scuola napoletana, il cui occhio era proteso al domani. 
I dieci minuti di " Hatra " per pianoforte sono una pregnante arcadia emotiva di bellezza, dove lo strumento viene esaltato d'un sentire descrittivo, ma in genere possiamo ritrovare questa visione in altre composizione dilatate nel minutaggio, per esempio l' intensità dei 18 : 09 minuti di della sonata "  Vent qui chant, vent qui danse " in verità preceduta e introdotta dagli ulteriori 04 : 11 minuti della pensosa " Canto Notturno " per pianoforte, che 
nell'insieme sono la rappresentazione più riuscita di una metafisica del suono che Fels intende offrire al pubblico nell'ambito della musica da concerto per solo piano. E' doveroso precisare che tutto ciò che vi ho descritto nella musica di Fels avviene con equilibrio, poiché dove c'è l' emotività, sovviene il rigore, frutto di uno studio certosino. Danse Féerique per pianoforte, Sarabande e Chanson da Gothic suite sono la degna chiusura di un universo sonoro che fa' di Chansons un' esperienza di ascolto essenziale per tutti coloro che vogliono dalla musica un di più, come per esempio la ricerca umanistica, artistica e intellettuale. Eugenio Fels realizza una musica memore di un sentimento popolare, umile e rispettoso. Il maestro Fels non poteva che essere un prezioso collante per quella che possiamo definire un' architettura della ricerca musicale partenopea cara a Luciano Cilio. Un occasione mancata con il suicidio di quest'ultimo. Questa " dimora " della musica vive nella memoria dell' Incantesimo della soglia. Il master digitale è curato da Girolamo De Simone, mentre il riversamento della bobina è opera di Michele Liquori. Incisione perfetta.



-  CD Girolamo De Simone - Monteverdi / Pianocloud per spinetta, pianoforte e calcolatore.



Il lavoro di cui vado a scrivere corrisponde al quarto cd del cofanetto L' Incantesimo della Soglia e credo di poter dire che concettualmente è la proposta più interessante, perfettamente in linea con la scuola e il pensiero del compianto Luciano Cilio, amico fraterno del maestro De Simone. Monteverdi / Pianocloud è un lavoro di elaborazione e riscrittura per spinetta, pianoforte e calcolatore elettronico sulle musiche di Monteverdi per L' Incoronazione di Poppea, ma si concentra su di un secondo manoscritto ritrovato a Napoli nelle sale della biblioteca del Conservatorio, che si differenzia dall' originale veneziano. Questo ritrovamento storico suscitò l'interesse di Gian Francesco Malipiero a tal punto da esaltarne i contenuti, vista l' eccezionalità del documento. Tra le pagine inedite dell' opera c'è un Prologo che costituisce la trama portante di questo cd, commissionato dal Teatro San Carlo di Napoli per le celebrazioni del 450 anniversario della nascita di Monteverdi. L' Incoronazione di Poppea fu' rappresentata a Napoli nel 1651, e di queste varianti si ignora se la mano sia stata effettivamente dell' autore, visto che Monteverdi scomparve nel 1643, oppure se fosse il frutto di una seconda mano, una sorta di  " aggiustamento" per indicazione " ereditata ", magari quella di un allievo di fiducia. 



Girolamo De Simone lavora dunque sul Prologo e sulle variazioni, concentrandosi sul manoscritto ritrovato, partendo da una prima trascrizione per spinetta, una successiva per pianoforte e spinetta, con l' ausilio di una sintesi granulare, dopo di che utilizza un procedimento elettronico di sintesi, trattando con il calcolatore tutto il materiale sonoro. Difficile per me entrare nel dettaglio, De Simone lavora con una " nuvola " di cluster pianistici e li sovrappone in un esecuzione reale, o differita, alla traccia elettronica. All' ascolto il tutto si presenta come un unico flusso di suoni dove l' aria classica incontra il linguaggio della della nuova musica; la traccia iniziale è la più dilatata nel minutaggio "L'Attesa ", circa 7 minuti e 22 secondi, ma vi sono segmenti relativamente brevi, per esempio i 48 secondi di " La Terra " e 35 secondi di " Grido ", che corrispondono alle tracce numero 4 e 5 dell' incisione audio.



Quello che è più interessante notare è la variegata sintesi delle suggestioni musicali che il maestro è riuscito ad esaltare dalla spinetta e dal pianoforte grazie all' utilizzo di una macchina quale è il calcolatore elettronico. Gli strumenti utilizzati sono una spinetta Neupert, modello Sibermann e un pianoforte Steniway & Sons, suonati e incisi rigorosamente dal vivo, senza ricorrere all' Editing, mentre per le rielaborazioni in digitale è stato utilizzato un Macbook di ultima generazione.



Oltre a parlare del contenuto musicale di questo interessante progetto discografico di Girolamo De Simone, è interessante sapere il motivo che lo ha spinto a lavorare sul secondo manoscritto dell' opera L' Incoronazione di Poppea.  Per meglio rendere l' idea riporto le parole dello stesso maestro, incluse nel libretto del cd :



“Ho scelto l’Incoronazione di Poppea” - dice Girolamo De Simone -  perché è opera considerata vicina a Shakespeare, cui avevo già dedicato una silloge musicale in grado di mettere in risalto alcuni temi sotterranei, comuni anche alla metafisica delle Scienze tradizionali. L’Antonio e Cleopatra di Shakespeare fu portato in scena ai primi del 1600 con pubblicazione del 1623. Non è escluso, pertanto, che Monteverdi ne fosse venuto a conoscenza”.

[ Le corrispondenze, secondo Paracelso, recepite da Monteverdi ] : "Ho riflettuto sul fatto che le principali passioni o affezioni della nostra mente sono tre, cioè ira, moderazione e umiltà o supplica; i migliori filosofi sostengono questa veduta e la natura stessa della nostra voce ce lo dimostra con i suoi registri alto, medio e basso”.


Monteverdi / Pianocloud per spinetta, pianoforte e calcolatore, rientra concettualmente nel
solco tracciato da Luciano Cilio, sopratutto nel Modus Operandi con cui Girolamo De Simone ha scelto di lavorare sul manoscritto inedito dell' opera l’Incoronazione di Poppea. Nell' Incantesimo della Soglia è chiaramente il progetto e l' incisione più fedele alla filosofia musicale del compianto genio, che ricordo ancora come un architetto prestato alla nuova musica, nell' essenziale, e secondo me, geniale ruolo di fautore di un corpo sonoro di musiche in divenire.  Questo cd è un prezioso scrigno di intuizioni e di idee musicali davvero notevoli, perché De Simone è andato anche ad osare, in tempi passati approcciarsi al materiale colto ( per intenderci classico accademico) in questa veste sperimentale sarebbe stato più che un azzardo, una vera e propria profanazione. Il mio plauso all' essenzialità di tutto il contenuto del cofanetto " L' Incantesimo della Soglia " anche perché ogni cd che ci è stato generosamente proposto è un universo da scoprire giorno dopo giorno, e senza mai conoscere stanchezza alcuna, considerando anche che dopo tutto stiamo parlando di quattro compositori la cui musica è attualissima, viva, fresca e moderna, forse addirittura futura. Io vi consiglio di affrettarvi, si tratta di una tiratura limitata assolutamente da avere e ascoltare con amore.



lunedì 15 luglio 2019

Juri Camisasca - La Finestra Dentro in un fiume di Luce : non cercarti fuori ma dentro.




Roberto Camisasca nasce il 9 Agosto del 1951 a Melegnano ( Mi) ma possiamo considerarlo un siciliano poiché da' tempo si è integrato con l' isola fino a farne una dimora spirituale e di pace ; Juri è un cantautore e musicista ma sopratutto un monaco asceta pittore di icone e immagini sacre e io ho scelto di parlare del suo lp d'esordio partendo esattamente dalla ricerca mistica, di conseguenza ho cercato una chiave di lettura con il nostro tempo contemporaneo attraverso il brano " Un fiume di luce " anche perché questa visionaria opera del 1974 è di fatto molto lontana dal presente del maestro e uomo di fede che tutti conosciamo, forse più per la collaborazione con Franco Battiato.  Tuttavia io mi sento di affermare che soltanto in apparenza è così, perché musicalmente e artisticamente La Finestra Dentro non può essere più riproposto, eppure senza questo lp, le cui liriche devastanti e terribili sono cosa nota, non ci sarebbe stato tutto il resto, tra cui il docufilm " Non cercarti fuori " di Francesco Paolo Palladino per la rete culturale e alternativa di Solchi Sperimentali Italia di Antonello Cresti. La natura di tutta la vicenda umana di Roberto Juri Camisasca si manifesta dunque dall' aver aperto le ante della finestra dentro per conoscere le ombre dei demoni interiori, e solo in seguito, dopo aver fatto ordine si è compiuto il cammino di un evoluzione interiore. Il senso di questo mio servizio è anche quello di ribadire che cercarsi fuori equivale a non trovarsi mai, ed allora io vi invito al viaggio. Un percorso umano che ho iniziato io stesso, e sono solo all' inizio.

Un fiume di Luce

In questo istante, la mia mente
Fa amicizia con la luce
M'illumina
Per la prima volta
In vita mia
Poi attraversa la mia figura
E dilaga fra le vene
Ora in me esiste un fiume di luce
Coi suoi piccoli affluenti
E come il ghiaccio alla luce del sole
Io mi sciolgo lentamente
Ed ora
Io sono incandescente

La Finestra Dentro è sicuramente un lp atipico e sopratutto al di fuori dei canoni del genere progressivo italiano, ed è il frutto di un giovanissimo Juri Camisasca che in seguito avrebbe approcciato altri stili, tra cui l' elettronica, la musica sacra e la canzone d' autore più introspettiva e profonda, nonché un percorso da' monaco che personalmente ho avuto modo di apprezzare di persona nella sua " Adunanza mistica " un progetto ancora in atto nelle chiese e nei luoghi sacri dove la musica incontra la spiritualità. Allora questo disco rappresentava il diario delle esperienze di un personaggio singolare e inquieto, molto tormentato e se vogliamo dirla tutta, forse era il primo segnale di un risveglio di una chiamata ascetica verso la luce.

Amico di Franco Battiato, si conoscono durante la leva militare, a Udine, e per merito di quest'ultimo giunge il contratto discografico con la piccola Bla Bla di Pino Massara, che era una realtà milanese con un catalogo di tutto rispetto, tra cui gli lp Fetus, Pollution, Sulle corde di Aries. Juri porta in dote un campionario di canzoni folk sghembe, spurie e acide, ma sopratutto una vocalità volutamente angosciata, esagerata, quasi disturbata e sgraziata, attraversata da' un incubo schizofrenico e kafkiano ma non è un demerito, o una carenza, al contrario è un utilizzo drammatico  del canto per vivere le liriche dei suoi testi in una forma espressiva totalizzante e catartica, da cui si evince che il cantautore era alla ricerca di un se stesso profondamente diverso, sommerso nel proprio inconscio.

Come Franco, entrambi rappresentano un alternativa milanese concretamente " sui generis " e radicale. Juri però non è assimilabile a niente e nessuno e forse è questa la sua forza e nel contempo il limite, se parliamo da' un punto di vista strettamente commerciale, anche perché rispetto ai lavori di Franco Battiato fu' molto difficile promuovere un lavoro come " La Finestra Dentro " e per rendere un idea di ciò voglio riportare uno stralcio di un servizio di allora finito nel libretto interno dell' album : « Juri Camisasca era un ragazzo dell'hinterland milanese, ma sembrava che Franco l'avesse scovato in capo al mondo. Le sue prime foto promozionali mi fecero pensare a un gatto impaurito (e perciò pericoloso). Aveva 22 anni, ma ne dimostrava anche meno, tanto era timido, impacciato, quasi impreparato al contatto con gli altri. Parlava a sprazzi, con fare schietto e vagamente sognante. Ma quando imbracciava la chitarra si trasformava: una voce sorprendente, dai toni irruenti e allucinanti, per trasportare gli ascoltatori dentro i suoi incubi surreali. Non c'era in lui nessun progetto intellettualistico, non era sbarcato nessun Kafka nell'industria della canzone: l'assurdo emergeva terribile dalla realtà tutt'intorno e lui era solo un testimone ignaro e un po' infantile che cercava di coglierne il senso. Il suo album d'esordio ebbe una buona accoglienza dalla critica: ma Juri viveva al di sopra di ogni problematica di successo... » (Peppo del Conte - Libretto dell'album La finestra dentro - 1975)

I musicisti coinvolti nella realizzazione di questo lp aiutarono Camisasca a fare ordine e a mettere a fuoco delle idee che in verità non erano il frutto di una lettura dell' opera letteraria  di Kafka " La Metamorfosi " ma il primo passo di una ricerca interiore allora molto confusa, in seguito sfociata in un spiritualismo che come ho già scritto, ho avuto la fortuna di incontrare circa due anni fa, dal vivo, in una delle sue tante " adunanze mistiche "e di questo lp Juri aveva offerto soltanto il brano che lasciava intravedere il futuro, mi riferisco alla bellissima " Un fiume di luce " dove il trattamento per sintetizzatori di Franco Battiato crea il miracolo della suggestione. Oltre a Franco troviamo Lino Capra Vaccina degli Aktuala alle percussioni,  Maurizio Petrò alle chitarre, Gianni Mochetti al basso.
Il lato A del 33 giri si apre con il brano " Un galantuomo " e si annuncia devastante, sopratutto nel suo incedere acido e ipnotico, un vero incubo dove le percussioni di Capra Vaccina e la voce tormentata e psicotica di Juri creano un vero disagio all' ascolto, ma che al contrario sono la liberazione di un demone interiore che chiede al mondo di essere ascoltato, compreso e salvato dalla società. Ognuno di noi convive con il proprio demone, e questo dualismo dell' Ego è sacro perché ci permette di compiere l' evoluzione interiore. I nostri demoni vogliono essere curati in un abbraccio di luce. Segue la breve e sconsolata depressione di una ballata, " Ho un gran vuoto nella testa ", un segmento minimale che precede il ritorno delle ombre interiori con il brano considerato Kafkiano per eccellenza " La Metamorfosi " e quindi ritornano le atmosfere lugubri e disturbate del brano di apertura dove si parlava di topi che scorrevano nelle vene, fino a devastare il cervello. Nella metamorfosi di Juri c'è la descrizione catartica di una mutazione umana ad insetto ma è chiaro che il cantautore utilizzi un immagine metaforica per parlare di un' altra vita che desidera venire alla luce per risplendere d'amore e bellezza.

Il brano " Scavando con il badile " è la rappresentazione metafisica di un regno sotterraneo che non è altro che la coscienza umana che si pone un dubbio esistenziale verso il regno animale. Sicuramente questo brano è tra i più lugubri che siano stati concepiti nella decade italiana degli anni settanta ma ha in nuce molto di ciò che sarà il risveglio di coscienza di Roberto Juri Camisaca, monaco e asceta, autore di opere fondamentali come il Te Deum, Il Carmelo di Echt, Arcano Enigma.
Il lato B si apre con una storia che attinge a piene mani dalla vita reale del musicista, ed è la triste vicenda di un caro amico, John, ex muratore, in seguito travestito e prostituta finito assassinato in una notte di " mestiere " e gratuita violenza, e quindi ci rivela il dramma interiore di non poter essere diversi in una Milano che ancora non contempla l' omosessualità, se non come un qualcosa di sporco e depravato da' nascondere nel circolo vizioso delle notti, tra i bivacchi e la nebbia, dopo aver perso il lavoro e la faccia. Nel cammino di Camisasca questo dramma coincide con il brano già citato " Un fiume di Luce " che è in verità una finta beatitudine prima di una violenta crisi mistica, dove la pazzia avvolge momentaneamente il " Cammino " dell' evoluzione interiore, perché con la lunga e articolata " Il Regno dell' Eden " c'è il delirio, poiché ogni cosa descritta è paradossale, ed è attraversato da' ombre e luci, tra Cristo e Anticristo. Si tratta del brano più " progressivo " e quindi strutturato in una forma più complessa ed elaborata, anche per via della sua durata di quasi una dieci minuti, che permette il compimento d'un lavoro d'insieme con il resto dei musicisti e si sente molto la mano di Franco Battiato, non a caso ci sono lontani echi di " Pollution "


La Finestra Dentro precede altre esperienze legate ai musicisti coinvolti nella " giusta vibrazione ", Claudio Rocchi, Mino De Martino, Terra di Benedetto, Claudio Rocchi, Francesco Messina e Raul Lovisoni e in seguito tutto ciò che sarà la Factory di Franco Battiato  e Giusto Pio, con Alice, Milva e tante altre punte di eccellenza del Pop più colto e raffinato degli anni ottanta. Basterebbe ascoltare i brani che Juri ha scritto per Alice, " Nomadi " e " Il Sole nella Pioggia ", dove Roberto Camisasca è l' anima salva del cammino interiore verso la luce, monaco e asceta.  Con Franco Battiato ha modo di lavorare con regolarità nelle opere : Genesi, Gilgamesch, Talesio. Chi ha avuto la fortuna, come il sottoscritto, di incontrarlo nella sua Adunanza Mistica ha attinto a tale bellezza, ma segnalo che negli ultimi anni tante sono state le iniziative legate al suo nome, per esempio il docufilm " Non cercarti Fuori " del musicista sperimentale Francesco Paolo Palladino, ambientato in Sicilia, un isola dove l' arcano enigma si manifestata ogni giorno, cosa che si evince dalla stessa mitologia del titano Tifeo, imprigionato dagli dei nelle viscere della terra. Un progetto curato tra l' altro dall'agitatore culturale di Solchi Sperimentali Italia, il toscano Antonello Cresti. A questa iniziativa voglio aggiungere la pubblicazione di un doppio lp particolarmente affascinante ed essenziale, " Evoluzione Interiore " che documenta ciò che Camisasca ha concepito negli anni settanta subito dopo il suo tormentato esordio discografico, ed è pura ricerca sperimentale del suono suddiviso in quattro lunghe composizioni : La Consapevolezza che tutto pervade Parte 1 e 2, Sincronie 1 e 2. Evoluzione Interiore è nell' insieme un mondo sonoro molto vicino al Telaio Magnetico, lo storico ensemble del 1975 dove c'erano figure di rilievo come Battiato, Terra Di Benedetto, Mino di Martina, Lino Capra Vaccina, Roberto Mazza. Una documentazione inedita del 1978 licenziata dalla label Black Sweat Records. Per concludere trovo doveroso spendere qualche riga per segnalare la collaborazione musicale con Rosario Di Rosa nel bellissimo cd Spiritually, uscito per la Warner Records nel 2016, ma anche far presente che Juri è riuscito a coniugare la spiritualità della sua vita legata al " voto " con la musica, in maniera coerente e ammirabile.

La Finestra Dentro, di Juri Camisasca. ( Bla Bla,1974)

Elenco tracce

A1 Un Galantuomo 4:38
A2 Ho Un Grande Vuoto Nella Testa 3:45
A3 Metamorfosi 4:40
A4 Scavando Col Badile 6:00

B1 John 6:45
B2 Un Fiume Di Luce 2:10
B3 Il Regno Dell'Eden 9:50

Società, ecc.

Distributed By – Dischi Ricordi S.p.A.
Recorded At – Regson Studio
Published By – Edizioni Musicali Bla Bla

Riconoscimenti

Art Direction – Ariel Soulè*
Bass Guitar – Gianni Mocchetti
Drums – Gianfranco D'adda
Engineer – Gianluigi Pezzera, Luciano Marioni, Paolo Bocchi
Guitar – Gianni Mocchetti, Mario Ellepi, Maurizio Petrò
Keyboards – Franco Battiato, Pino Massara
Lyrics By, Music By – Juri Camisasca
Percussion – Gianfranco D'adda, Lino "Capra" Vaccina*
Photography By – Roberto Masotti
Producer – Franco Battiato, Pino Massara
Synthesizer [VCS 3] – Franco Battiato
Violoncello – Marco Ravasio
Vocals – Antonella Conz, Rossella Conz
Vocals [Voce Solista], Guitar – Juri Camisasca


lunedì 17 giugno 2019

La Santa Maria Maddalena di Carlo Crivelli. la controversa rappresentazione del sacro attraverso la Gnosi cristiana.

[ - Il mio omaggio per la città di Ascoli Piceno, le Marche, Venezia e le mie radici culturali. - ]

Carlo Crivelli (Venezia, 1430 – Ascoli Piceno, 1495)

- Intro servizio -

Carlo Crivelli (Venezia, 1430 – Ascoli Piceno, 1495) è stato un pittore italiano che si formò inizialmente a Padova per poi entrare nella corrente rinascimentale nel sud delle Marche, nello specifico la zona ascolana, dove la sensibilità "inquieta"
della sua idea d'arte, inizialmente influenzata da Donatello,
divenne una prospettiva di innovazione del tutto originale e importante, cara all'adriatico per peculiarità e importanza.
L' arte del Crivelli restò sempre in bilico fra nuove prospettive e intenso espressionismo, contraddistinta dal disegno incisivo, teso, a tratti nervoso, forse anche per una continua ricerca mistica nel dipinto. Una mano sicuramente in grado di trascendere e proprio per questo motivo l'altra peculiarità delle sue opere consiste in un evidente aspetto di sontuoso decorativismo tardogotico dove il particolare viene esaltato in in ogni aspetto, sopratutto nel dettaglio.


- La Santa Maria Maddalena di Carlo Crivelli -

la controversa rappresentazione del sacro attraverso la Gnosi cristiana ( il capolavoro dell' autore)

La Santa Maria Maddalena di Carlo Crivelli è un opera del 1476 circa, conservata nel Rijksmuseum di Amsterdam, ed è un simbolo del Rinascimento ascolano; un dipinto che da solo è in grado di rappresentare il Piceno e l' Italia come eccellenza nel mondo. Ho scelto lei perché è un soggetto a me spiritualmente caro, ma è inutile dire che è tra le mie opere preferite per via del volto di donna altera, e in questo Crivelli era minuzioso fino a lambire l' ossessione maniacale. Come ho già scritto si tratta di un' artista inquieto, d'origine veneta, innamoratosi di Ascoli Piceno fino a desiderare d'esserne parte, ovviamente senza mai rinnegare le sue vere radici. Troviamo alcune opere nella pinacoteca di Ascoli e in quel di Camerino, cittadina piccola ma universitaria.
Tutto il mondo è paese è un detto che si concretizza solo con la massima espressione d' equilibrio e armonia dei popoli, e in virtù di ciò noi possiamo asserire che l' arte e la cultura sono entrambe utili per interiorizzare la tradizione con l' occhio lungimirante dell' innovazione, del resto sono la base per le fondamenta della civiltà. Il Crivelli comprese bene tutti questi aspetti, in quanto inizialmente ispirato dall' arte pittorica di Donatello, fece dell'arte rinascimentale un peculiare e originale modus operandi teso e nervoso, che si è poi tradotto in un " perenne movimento " introspettivo in grado di prefigurare l'impressionismo. Nel contempo possiamo asserire che l' artista con lo studio e la ricerca in atto, nel suo approfondire le potenzialità del dettaglio, abbia goduto sempre di massima credibilità, e che nella realizzazione della propria visione sia stato un talentuoso visionario.
Per non ripetermi troppo con la mia pregressa introduzione vorrei solo riprendere l' aspetto caratteristico della sontuosità decorativa tardogotica per far presente che l' autore, esasperando tale aspetto, IMPRIME VIGORE ALLO SGUARDO AUSTERO DELLA MARIA MADDALENA, a tal punto di inventarsi uno stile nello stile, superando eccellentemente la scuola, ma comunicando sopratutto una tensione emotiva interiore evidentemente presente nel suo personale rapporto con la fede.
Nel caso della Santa Maria Maddalena, ritenuta a ragione una delle migliori opere realizzate nel mondo, si possono individuare diversi particolari : l'acconciatura regale da vera principessa è ciò che cattura al primo dei nostri sguardi, ma se si analizza attentamente il dipinto si noterà la mano che tiene sollevata l'ampolla con gli unguenti, dettaglio essenziale perché simboleggia l' importanza storica della santa in tutti i vangeli, ufficiali, apocrifi o gnostici; non da meno è l'altra mano, dove con le punta delle dita Maria solleva il mantello verso una parte del basso ventre, e ciò trascende nella perfezione assoluta dando ampio slancio vitale al dipinto, anche perché ci offre svariate chiavi di lettura [...] la promessa di fedeltà al Cristo potrebbe simboleggiare addirittura il Santo Grall, la Gnosi, oppure nel più canonico dei casi la redenzione evangelica.

Conclusioni di Patrizio De Santis

E' un peccato che molti giovani marchigiani siano cosi poco interessati al grande patrimonio artistico culturale collettivo, a tal punto da perdere molte consapevolezze. Nella mancanza di prospettiva del territorio, privi come siamo della memoria storica, non si è in grado di svolgere un lavoro di cultura e approfondimento nel contesto post moderno, volendo anche nell' utilizzo delle innovazioni tecnologiche e nelle avanguardie. Con My Ideal Blog mi sono posto esattamente tale problema, perciò ho cercato di svolgere una trattazione intelligente e approfondita ma senza dimenticare la scuola e la formazione, per me fondamentali.


Ciò che mai più non si sedimenta lo si perde, e non interiorizzando tale lascito come background territoriale, si ha un vissuto da albero sradicato soggetto alla perdita di identità ma sopratutto ci si priva di strumenti essenziali per esser parte del presente in maniera costruttiva, perché senza una consapevolezza storica si è soggetti ai condizionamenti dei modelli diseducativi della storia tardo-occidentale, protesa verso l'americanizzazione stessa degli stati europei. Per ora è sufficiente parlare di Carlo Crivelli !



domenica 16 giugno 2019

Pier Paolo Pasolini : "La mia indipendenza, che è la mia forza, implica la solitudine, che è la mia debolezza"


Pier Paolo Pasolini :  "La mia indipendenza, che è la mia forza, implica la solitudine, che è la mia debolezza" / Il mio omaggio per Pier Paolo Pasolini è una profonda riflessione sulla solitudine. 

Ripropongo uno scritto di Pasolini apparentemente  disilluso e solitario ma che nella sua forma più essenziale resta un prezioso lascito per tutti noi uomini contemporanei del terzo millennio. La solitudine di questo controverso intellettuale ha fruttato un patrimonio artistico e culturale di notevole importanza storica. Questo patrimonio andrebbe rivisto con occhi diversi: in primis sarebbe opportuno spogliarlo di mitologia, per poi favorire una rilettura corale e popolare - per essere offerta e ridistribuita ai figli del popolo - come pane quotidiano. Pier Paolo Pasolini nella sua drammatica vicenda umana, ha percorso  la strada di un uomo in lotta contro un'intero sistema - mosso però da  una propensione più poetica ed esistenziale  - che politico idealista.  Pasolini non ha scelto di farsi martire - forse è accaduto  in maniera inconsapevole - perché il suo socialismo oggi ci appare come un surrogato moderno del cristianesimo.
E' stato anche un antirivoluzionario - vedere le posizioni sul 1968 - quando si  schierò dalla parte dei poliziotti durante le manifestazioni studentesche - contrapponendosi alla nuova onda rossa  borghese - motivando le sue ragioni - in quanto le forze dell'ordine erano figlie della povertà dei braccianti e dei contadini del Sud. 

La Solitudine come Croce: Pasolini l'Unto. Non sarebbe potuto essere diversamente, se per un attimo ci soffermiamo nell'analisi  critica di un'opera come "Il Vangelo secondo Matteo."  Tale mente non è un  paradosso esistenziale. Ci ha fornito dei preziosi strumenti e delle un'opportunità morali per comprendere  l'interezza e la pienezza della vita, perché come tutti gli uomini, egli è stato un santo e un peccatore alla ricerca di un senso definitivo da poter dare allo stato delle cose.  

" Nessun prete mi ha mai parlato, come te, di Gesù Cristo e di san Francesco. Una volta mi hai parlato anche di sant’Agostino, del peccato e della salvezza come li vedeva sant’Agostino. È stato quando mi hai recitato a memoria il paragrafo in cui sant’Agostino racconta di sua madre che si ubriaca. Ho compreso, in quell’occasione, che cercavi il peccato per cercare la salvezza, certo che la salvezza può venire solo dal peccato, e tanto più profondo è il peccato tanto più liberatrice è la salvezza. Però ciò che mi dicesti su Gesù e su san Francesco, mentre Maria sonnecchiava dinanzi al mare di Copacabana, mi è rimasto come una cicatrice. Perché era un inno all’amore cantato da un uomo che non crede alla vita. Non a caso l’ho usato nel libro che non hai voluto leggere. L’ho messo in bocca al bambino quando interviene al processo contro la sua mamma: “Non è vero che non credi all’amore, mamma. Ci credi tanto da straziarti perché ne vedi così poco, e perché quello che vedi non è mai perfetto. Tu sei fatta d’amore. Ma è sufficiente credere all’amore se non si crede alla vita?”. 

Oriana Fallaci a P.P. Pasolini).



Ogni uomo abbraccia il proprio destino. C'è colui che: inquieto, vuole attingere alla fonte della verità, e c'è chi si isola tra le persone, vivendo nella superficie della società -  per non riconoscersi mai nel dubbio -  e morire in un'abbondanza destinata a disperdersi, erosa attraverso lo stallo del tempo. In Pasolini, anche per via dei propri mezzi creativi ( cinema, teatro, e scrittura poetica) regna la Pietas. La solitudine non è altro che la conseguenza di una sacrale necessità espressiva di tradizione umanistica.

La Solitudine, di P.P. Pasolini.

Bisogna essere molto forti
per amare la solitudine; bisogna avere buone gambe
e una resistenza fuori dal comune; non si deve rischiare
raffreddore, influenza e mal di gola; non si devono temere
rapinatori o assassini; se tocca camminare
per tutto il pomeriggio o magari per tutta la sera
bisogna saperlo fare senza accorgersene; da sedersi non c’è;
specie d’inverno; col vento che tira sull’erba bagnata,
e coi pietroni tra l’immondizia umidi e fangosi;
non c’è proprio nessun conforto, su ciò non c’è dubbio,
oltre a quello di avere davanti tutto un giorno e una notte
senza doveri o limiti di qualsiasi genere.
Il sesso è un pretesto. Per quanti siano gli incontri
- e anche d’inverno, per le strade abbandonate al vento,
tra le distese d’immondizia contro i palazzi lontani,
essi sono molti – non sono che momenti della solitudine;
più caldo e vivo è il corpo gentile
che unge di seme e se ne va,
più freddo e mortale è intorno il diletto deserto;
è esso che riempie di gioia, come un vento miracoloso,
non il sorriso innocente, o la torbida prepotenza
di chi poi se ne va; egli si porta dietro una giovinezza
enormemente giovane; e in questo è disumano,
perché non lascia tracce, o meglio, lascia solo una traccia
che è sempre la stessa in tutte le stagioni.
Un ragazzo ai suoi primi amori
altro non è che la fecondità del mondo.
E’ il mondo così arriva con lui; appare e scompare,
come una forma che muta. Restano intatte tutte le cose,
e tu potrai percorrere mezza città, non lo ritroverai più;
l’atto è compiuto, la sua ripetizione è un rito. Dunque
la solitudine è ancora più grande se una folla intera
attende il suo turno: cresce infatti il numero delle sparizioni –
l’andarsene è fuggire – e il seguente incombe sul presente
come un dovere, un sacrificio da compiere alla voglia di morte.
Invecchiando, però, la stanchezza comincia a farsi sentire,
specie nel momento in cui è appena passata l’ora di cena,
e per te non è mutato niente: allora per un soffio non urli o piangi;
e ciò sarebbe enorme se non fosse appunto solo stanchezza,
e forse un po’ di fame. Enorme, perché vorrebbe dire
che il tuo desiderio di solitudine non potrebbe essere più soddisfatto
e allora cosa ti aspetta, se ciò che non è considerato solitudine
è la solitudine vera, quella che non puoi accettare?
Non c’é cena o pranzo o soddisfazione del mondo,
che valga una camminata senza fine per le strade povere
dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.  





+ Link  di  Franco Confessore

Un pezzo di "esplorazione attraverso ombre, riflessi e proiezioni...


consapevoli e inconsapevoli"


lunedì 20 maggio 2019

Gianfranco Mingozzi - Un viaggio tra La Dolce Vita, il tarantismo, la mafia, Luciano Berio e Flavia, la terribile e inquietante storia della monaca musulmana e il Cinema della Memoria.

[ - Gianfranco Mingozzi - Un viaggio tra La Dolce Vita, il tarantismo, la mafia, il film inchiesta e il cinema della memoria in un filo conduttore che si muove tra la cultura popolare di Ernesto De Martino e l' avanguardia di Luciano Berio, nel segno della memoria collettiva. - ]

Oggi voglio ricordare la figura del poco celebrato regista Gianfranco Mingozzi, soffermandomi sulla sua fase iniziale di carriera che noi possiamo tracciare all' interno di uno scenario e un fermento artistico che va' dalla Dolce Vita felliniana al cinema di genere della prima metà degli anni settanta, con un mio personale Focus sulla controversa opera borderline " Flavia la monaca musulmana "  del 1974.  Gianfranco Mingozzi ha contribuito con la sua macchina da presa all' emancipazione culturale del cittadino medio, o di estrazione proletaria, utilizzando il cortometraggio, il documentario e il film inchiesta, sopratutto nelle decadi degli anni sessanta e settanta con un appendice negli anni ottanta e dei successivi ma circoscritti episodi. Per me è un opportunità di misurarmi con un argomento del tutto nuovo, almeno per My Ideal Blog e in secondo luogo ne approfitto per parlarvi di un' opera della sua filmografia più tosto controversa e poco nota, considerando che il regista ha offerto un contributo al cinema di genere in una forma del tutto trasversale e innovativa e che proprio Flavia sia stato un tentativo ulteriore di voler documentare una storia sepolta e insabbiata dalla nostra cultura cattolica.

Questo bravissimo e illuminato regista e sceneggiatore nasce a Molinella il 5 Aprile del 1932 e cresce in una frazione di quel territorio, San Pietro di Capofiume, in provincia di Bologna, di conseguenza appartiene all' Emilia più popolare e tradizionale; un  aspetto molto importante per comprendere il suo ruolo nel cinema della memoria e della formazione collettiva, anche perché lo sguardo attento di Gianfranco Mingozzi è stato sorprendentemente in grado di trasferire nel documentario tutti quei linguaggi e quegli elementi in grado di incuriosire la persona comune, il neofita.
Prima di approdare nel mondo della regia e della sceneggiatura e valorizzare la macchina da presa e della celluloide con il suo certosino e inventivo mestiere si laurea in legge all' Università di Bologna, archiviata la fase degli studi comprende di voler fare altro e giunge a Roma per frequentare con ottimi esiti Il Centro sperimentale di cinematografia della capitale, diplomandosi, e quasi contemporaneamente lavorare in veste di assistente alla regia di Federico Fellini nella celebre opera " La Dolce Vita " dove tra l'altro ha anche un ruolo d' attore, e siamo nel 1961.

[ - Gianfranco Mingozzi e i documentari sul fenomeno del tarantismo salentino : Taranta e Tarantula 1961/1962 - Il rituale della Pizzica nel morso della Taranta - ]

Con il cortometraggio " Taranta " e il documentario " Tarantula ", lavori che nascono in un segmento temporale di un anno, tra il 1961 e il 1962, Mingozzi inizia a immergersi nella cultura popolare e socio - antropologica del mondo contadino con  un' interessante analisi visiva sul fenomeno del tarantismo salentino attraverso il rituale della Pizzica in relazione allo struggimento emotivo e psichico cagionato dal morso della Taranta. Un ottimo pretesto per andare a trattare le credenze esoteriche e musicali del fenomeno più affascinante della Puglia, sicuramente attratto dai documenti di Alan Lomax e Diego Carpitella.

Sopratutto nel documentario vero e proprio,  " Tarantula ", dobbiamo segnalare un dato molto importante, perché insieme al corto si tratta del primo documento filmato sul tarantismo " ufficiale" di cui noi abbiamo memoria,  ed è realizzato sopratutto con una meticolosa cura delle parti musicali grazie al contributo di Diego Carpitella,  a questo si vanno ad aggiungere la fotografia di Ugo Piccione, le consulenze di Ernesto di Martino e un mirato ma prezioso intervento di Salvatore Quasimodo. Mingozzi vive il tema dei suoi documentari con una capacità di interiorizzare storie e luoghi, umori e suoni, sentimento e emozione pressoché uniche, e la capacità di creare un team di lavoro funzionale come se fosse un gabinetto sperimentale mobile, aperto a voci esterne, dimostra una grande onestà  intellettuale e serietà professionale verso il pubblico che richiede un educazione alla conoscenza più che limpida.

- Nel mondo del documentario il nostro trova tutti gli stimoli necessari per crescere e nel 1966 arrivano dei riconoscimenti di grande pregio e rilevanza, quali il Leone D' Oro al Festival di Venezia, e la sezione Oscar per il documentario " Con il cuore fermo, Sicilia. -


[ - Il Film Inchiesta e la Mafia : La Violenza - Con il cuore fermo, Sicilia - La Terra dell' uomo - La controversa gestazione di un progetto d' approfondimento culturale in Italia.]

Il docufilm sulla Sicilia è un prezioso omaggio all' Italia, o meglio al popolo italiano, ma anche una concreta possibilità di offrire all' estero uno spaccato popolare simile ad un blues perché si tratta di una storia vissuta con gli occhi del sociologo e poeta Danilo Dolci, un grandissimo uomo che una volta trasferitosi dal Nord a Palermo ha scelto di battersi contro lo strapotere della Mafia.

Questo lavoro nato sopratutto da un' idea di Paolo Zavattini che coinvolge il giovane Gianfranco non ha avuto una gestazione facilissima perché il progetto nasce nel 1961 ma per il tema trattato si aliena i contributi economici di Dino De Lurentis che teme di avere delle ripercussioni, a tal punto da boicottarlo con tutti i mezzi possibili facendo fallire la casa di produzione. Soltanto intorno al 1964 Gianfranco Mingozzi riesce a concretizzare il progetto di Paolo Zavattini, nato come "La Violenza " e poi riscritto e ripensato ex novo come film inchiesta " Con il cuore fermo, Sicilia."  L' opera viene arricchita dal prezioso contributo dello scrittore Leonardo Sciascia.

Le parole di Gianfranco Mingozzi sono una preziosa testimonianza diretta al riguardo :

“L'idea di Zavattini era di fare un viaggio in Sicilia attraverso gli occhi di Dolci. Dolci era un pazzo, a pensare da solo di poter modificare gli uomini e il paese e però l'ha fatto, ci è riuscito, aveva volontà e coraggio ma aveva anche paura, era un uomo. Si sentiva protetto dagli abitanti del suo quartiere che lo amavano. Ma da chi non era intorno a lui la sua azione era vista come al di fuori di ogni logica”.

“Dopo tre settimane di ripresa De Laurentiis vide il materiale e bloccò subito il film. C'era del materiale scottante, come un‘intervista alla famiglia di un sindacalista ucciso, e De Laurentiis fece addirittura fallire la casa produttrice che doveva produrlo. Ciò bloccò legalmente il materiale che avevamo girato. Cercammo quindi di finanziarci da soli”.

“Sciascia mi sembrava assolutamente indispensabile come commentatore del film”.

Queste parole dove il regista racconta di prima persona la gestazione del documentario sono degli estratti di un intervista contenuta fra le opzioni extra della riedizione in formato DVD di  "Con il cuore fermo, Sicilia."  Questo film è il primo documento ufficiale realizzato con l' intenzione e la consapevolezza di trattare una tematica scomoda e controversa come lo è la mafia e di conseguenza detiene un grande primato.  Diversi anni dopo Gianfranco Mingozzi ritorna sul tema attraverso un lavoro realizzato per la Tv con il film inchiesta " La Terra dell' uomo " in verità mai andato in onda e finito di completare soltanto nel 1988. In ogni caso il tentativo di portare a compimento la proiezione è stato vano perché andava a parlare a ritroso, a partire dal boicottaggio avvenuto nei confronti dello stesso progetto originario di Paolo Zavattini, La violenza.


[ - La Rai, Gianfranco Mingozzi e Luciano Berio in " C'è Musica & Musica " nel 1972 - Un format in 12 puntate sulle nuove strade della musica colta e popolare nella ricerca contemporanea internazionale.]



Gianfranco Mingozzi offre un altro contributo molto importante per la cultura italiana lavorando per la Rai a stretto contatto con Luciano Berio e nel 1972 va in onda la serie di docufilm  C'è Musica & Musica " complessivamente sono 12 puntate dove il maestro della musica contemporanea spiega al popolo italiano il legame che intercorre tra Monteverdi e i Beatles, passando per Bela Bartok, John Cage, Peter, Paul & Mary e Rosa Balistreli, il tutto sorretto dalla preziosa regia del nostro. Nei primi anni settanta accade il miracolo di un servizio pubblico che osa e in dodici puntate da 45 minuti ognuna, alle ore 21, gli italiani assistono in prima serata  a C'è Musica & Musica, dove Berio illustra  tutte le evoluzioni e i collegamenti della musica colta.

Un prodotto ancora oggi insuperato. L' Avanguardia viene spiegata in un modo molto competente e serio tuttavia simpatico, perfino ironico, e il pubblico della Tv di Stato gode della compagnia d' un barbuto professore compositore confidenziale e rassicurante; difatti Berio si approccia con fare socio pedagogico, quasi come se fosse l' orso buono della musica Contemporanea.  Nel corso del format Luciano Berio parla e intervista Karlheinz Stockhausen, John Cage, Pierre Boulez, Gyorgy Ligeti, Iannis Xennakis, Cornelius Cardew ,Goffredo Pedrassi, Bruno Maderna, Luigi Nono, ma si sofferma anche sulle musiche del folclore popolare e sul
lavoro degli etno musicologi che Gianfranco Mingozzi aveva incontrato agli esordi, ai tempi di " Taranta " e " Tarantula " Alan Lomax e Roberto Leydi, inoltre si parla anche dell' istituto Ernesto De Martino e de " Il Nuovo Canzoniere Popolare Italiano ". Questi sono solo pochi nomi, tuttavia possono rendere l'idea del menù offerto dal programma televisivo che resta un esperimento divulgativo ancora oggi interessante e fresco, sfortunatamente mai più ripetuto, anche se in tempi di calcoli auditel attualmente è impensabile poter sperimentare una soluzione analoga. Esiste un Dvd + libro della serie Feltrinelli - Rai Cinema STORICO E NECESSARIO


[ - La Rai, Gianfranco Mingozzi Claudio Barbati, Annabella Rossi in " Sud e Magia " del 1978 -]

Un altro contributo interessante che Gianfranco Mingozzi offre alla Rai è il documentario  " Sud e Magia " del 1978, dove si parla ancora del Sud Italia, in particolare della Lucania, ma che viene concepito sopratutto per ricordare la figura di Ernesto De Martino.

Sud e Magia è un programma di quattro puntate concepito da un ottimo team di professionisti che vede Claudio Barbati, Annabella Rossi e Gianfranco Mingozzi ritornare in quei luoghi della memoria che sono impietosamente attraversati da una modernità fredda e industrializzata per riscoprire e documentare il paradosso della superstizione, della magia rituale e del paganesimo che si veste di cultura cattolica.  Mi vengono in mente due film storici come " Il Demonio " di Brunello Rondi realizzato nel 1963, e l' inquietante e scottante " Non si sevizia un paperino " di Lucio Fulci, un' opera del 1973 dove è  l' infanzia ad essere brutalmente al centro della scena. In questo format si ripercorre il passaggio di un mondo contadino povero che giunge immutato nell' epoca moderna del boom economico e delle lotte politiche degli anni settanta.  In questo passaggio temporale si sviscera a fondo le contraddizioni dei tempi ma si esaltano anche i valori della povera gente  per esempio nell' attenzione che viene data alla morte, perché al contrario della modernità  non viene rimossa nella coscienza collettiva ma al contrario è vissuta come un passaggio importante della vita delle comunità. La tradizione Lucana, la figura di uno studioso e di un  ricercatore storico della cultura popolare quale era Ernesto De Martino, a cui dobbiamo la memoria di questi luoghi, ci viene restituita con un prodotto all' altezza della situazione. Il mio rammarico è la poca considerazione che la Rai di oggi nutre per il suo stesso archivio storico perché queste perle andrebbero diffuse in una programmazione diurna e non notturna, e salvo Rai Storia, restano  tutte confinate in un limbo


IL FILM CULTO  [ - Flavia la monaca musulmana. Paese di produzione Italia, Francia. Anno 1974 - Gianfranco Mingozzi nel film più audace e controverso della cinematografia di genere italiana Sex & Violence - Tonaca Movie. Un dramma erotico con la struttura del docufilm storico.- ]

[ L' aspetto cinematografico prende vita sempre nella decade degli anni sessanta, con diversi film a soggetto tra cui vale la pena di menzionare " Trio 2 del 1967 e " Sequestro di Persona " del 1968, tuttavia è negli anni settanta che il regista offre forse il contributo più sperimentale e azzardato al mondo della " Settima Arte " andando a sperimentare nel cinema di genere, e nei territori più arditi ed estremi del fenomeno borderline " Sex & Violence " in un " Tonaca Movie " disturbatissimo ma paradossalmente popolare nei mercati di tutto il mondo che lo hanno riconosciuto come un Cult Movie. Il mio focus è incentrato proprio sul racconto di questa opera. ]

Gianfranco Mingozzi è noto sopratutto per essere un documentarista che in alcuni casi ha travalicato il genere cinematografico e va subito detto che Flavia la monaca musulmana è un prodotto di confine tra il cinema d' autore e quello di genere ma  più prossimo all' esperienza di tipo borderline. Flavia la monaca musulmana è un film assai crudo e forse eccessivo ma ispirato da un fatto storico realmente accaduto, la violentissima "Battaglia di Otranto" (fine sec XV) che portò alla beatificazione di 800 martiri cristiani. Si tratta di un' opera di culto ma a torto confusa con il fenomeno dei Tonaca Movie , un filone commerciale dove il sadismo erotico la faceva da padrone senza offrire un prodotto che alla lunga non risultasse banale e con il solo protesto, come nei sotterranei e dimenticati Nazi Eros, di lambire il confine labile fra erotismo e pornografia.

Nel film si narra di Flavia Gaetani  una donna costretta alla clausura per via di un padre padrone, quest' ultima nell' invasione dei saraceni vede una possibilità di brutale e iraconda vendetta verso l'uomo. Nella prima parte del film tutto è incentrato sull'ammirazione che Flavia nutre per sorella Agata le cui ispirazioni giovanili furono addirittura di papessa, e difatti  fra le due vi è un accumulo di odio verso quel mondo maschile che da sempre le ha schiacciate e umiliate da sfociare in una complicità psicologica che rivela tutto il tracciato portante della tematica a carattere storico che Mingozzi intende sviscerare, spostando l' attenzione dal punto di vista della donna che subisce lo strapotere religioso e politico dell' egemonia maschile di stampo cattolico - patriarcale.  Questo controverso e teso rapporto tra donne è la parte più visionaria e interessante del film, a tal punto che fra la novizia e la vecchia più che una fede vi è l'ambizione di un mondo nuovo strutturato quasi in una concezione politica matriarcale di proto femminismo larvato.

[ Agata , la cui giovinezza nascondeva un passato rivoluzionario dispensa queste parole a Flavia "... o diventiamo suore, o mogli, o puttane" ]

Il film però si concentra sopratutto nell' eccesso visivo di tutto ciò che ai tempi poteva essere la norma in ambito della tortura di guerra e di religione, infatti il regista Gianfranco Mingozzi in questo si avvicina agli eccessi Pasoliniani del film " Le 120 Giornate di Salò ", anzi, in alcuni casi il suo crudo realismo infonde un disagio maggiore, e sicuramente io stesso consiglierei il film solo se si è ben predisposti al genere. Gianfranco Mingozzi non fa che che dare vita attraverso le immagini  a ciò che concretamente accadde durante le terribile e funesti invasioni saracene, il tutto sorretto da una documentazione storica certosina e meticolosa, studiata proprio per la realizzazione di questo oscuro e seminale film di genere. Altro aspetto interessante è la libertà sessuale sfrenata di cui godranno alcuni cristiani dissidenti dopo le invasioni dei saraceni, sopratutto nell' atto delle torture e degli stupri, fra cui la stessa Flavia, come a voler mettere il luce una causa effetto di una sessualità repressa cagionata per volontà religioso patriarcale, in ogni caso poi corrotta dal sadismo e dai risvolti terribili e disumani della rabbia di genere. E' un film strano, forse molto complesso in quanto suddiviso in atti e quindi il cinema di Mingozzi, almeno in questo caso è debitore sopratutto al teatro, e questo è l'elemento che gioca a suo favore, oltre alla certosina documentazione storica che non confonde la pellicola in un vuoto trionfo di sterile Sex & Violence commerciale come andava tanto di moda in quei primi anni settanta italiani. Questa è un opera ferocemente anti religiosa e ad alcuni potrà dare fastidio, e quindi io di solito consiglio di guardarlo con un distacco critico valutandone i pregi del contenuto storico

Flavia, la monaca musulmana
Paese di produzione Italia, Francia
Anno 1974
Durata 100 min
Genere drammatico, erotico
Regia Gianfranco Mingozzi
Soggetto Raniero Di Giovanbattista, Sergio Tau, Francesco
Sceneggiatura Gianfranco Mingozzi, Fabrizio Onofri, Sergio Tau
Fotografia Alfio Contini
Montaggio Ruggero Mastroianni
Musiche Nicola Piovani
Scenografia Guido Josia
Interpreti e personaggi

Florinda Bolkan: Flavia Gaetani
María Casarès: sorella Agata
Anthony Higgins: Ahmed
Claudio Cassinelli: Abraham
Spiros Focás
Luigi Antonio Guerra
Ciro Ippolito
Guido Celano

Doppiatori originali

Vittoria Febbi: Flavia Gaetani
Lydia Simoneschi: sorella Agata

[ - Coda  del servizio con argomento Extra : E-Book - Il Cinema della Memoria - Ferrara nei film di Gianfranco Mingozzi - ]

Ci sarebbe tanto altro da scrivere sulla figura di Gianfranco Mingozzi ma sopratutto è molto riduttivo concentrare tutto il suo percorso in un servizio, ed è chiaro che io abbia voluto circoscrivere una storia per focalizzarmi sugli aspetti a me più cari e vicini per quel che concerne il lavoro svolto da questo grande uomo della cultura italiana, tuttavia voglio segnalare una possibilità di ulteriore approfondimento parlando di un E - Book meritevole di lettura che si chiama " Il Cinema della Memoria - Ferrara nei film di Gianfranco Mingozzi "di Andrea Masacci, collana " Ferrara e il cinema "
Gianfranco Mingozi è nato a  a Molinella, di San Pietro di Capofiume, che del bolognese resta il paese più vicino a Ferrara dove il nostro instaura un legame molto forte fin dall' infanzia. Questo uomo di cultura che ci ha fatto dono dei migliori corti e documentari concepiti negli anni del boom economico non ha mai nascosto al pubblico il profondo amore per la città di Ferrara. Andrea Masacci ci parla esattamente di questo rapporto andando ad indagare nel cinema di Mingozzi, e lo fa' a partire dal seminale docufilm del 1962 " La Via dei Piopponi " per giungere al 1966 del documentario " Michelangelo Antonioni " dove omaggia un altro grande della storia del cinema per poi  riprendere il filo successivamente con il suo ultimo e grande film documentaristico  " La Vela Incantata " nel 1982, a cui seguirà una sua appendice nel 1993, " La Grande Magia " ( un documentario nel documentario, perché parla del prodotto realizzato nei primi anni ottanta, ripercorrendo però a ritroso tutto il filo comune che lo lega alla città anche rievocando le altre opere !)


In conclusione ...

In questo servizio ho volutamente estromesso il cinema, e la scelta di recensire soltanto " Flavia la monaca musulmana " è stata indotta dalla particolare e audace struttura del plot con le reminiscenze del documentario a film inchiesta ed infine la forma teatro in tre atti. Non ho voluto allargare ulteriormente la mia trattazione per cercare di esporre un Focus sul tema del film della memoria, un aspetto che in Mingozzi prevale sicuramente anche nel cinema, vedere l' impianto narrativo nei celebri erotici " L' Iniziazione " del 1987 e nel successivo " L' Appassionata " del 1988. Gianfranco Mingozzi è stato un attento testimone del novecento e il suo contributo è stato indubbiamente importante, in quanto ricettore di tutte le culture popolari.

L' Avanguardia del Cinema di allora, nel lavoro della regia e del soggetto di questa mente illuminata, sono state messe al servizio dell' umile spettatore perché questo artista della macchina da presa è stato un intellettuale del popolo non diverso da P.P. Pasolini, e io ho voluto rendere un grato omaggio al suo lascito. Devo molto a questa scuola e spero di essermi posto con umile rispetto.

Gianfranco Mingozzi muore a Roma in data 7 Ottobre del 2009, lasciando parte del suo archivio cinematografico alla Cineteca di Bologna, che gli dedica un fondo : Fondo Gianfranco Mingozzi -
Cineteca di Bologna. Per chi volesse approfondire ( www.cinetecadibologna.it)



giovedì 9 maggio 2019

Il Pierrot Lunaire di Arnold Schönberg : Teatro, musica e poesia nella rivoluzione dodecafonica del 1912.



PIERROT LUNAIRE 1912 : TEATRO, MUSICA E POESIA NELLA RIVOLUZIONE DODECAFONICA DI ARNOLD SCHONBERG


[ - Se è arte non può essere popolare e se è popolare non può essere arte - Arnold Franz Walter Schönberg ]

Arnold Schönberg nasce il 13 Settembre del 1874 a Vienna e viene a mancare a Los Angeles il 13. Luglio 1951. Arnold Franz Walter Schönberg è stato un compositore austriaco naturalizzato statunitense ( ... Non sono tedesco né europeo, forse neppure un essere umano, ma un ebreo) ma sopratutto è stato uno tra i primi, nel XX secolo, a scrivere musica completamente al di fuori dalle regole del sistema tonale, difatti è noto per essere un fautore degli applicatori del metodo dodecafonico, basato su una sequenza comprendente tutte le dodici note della scala musicale cromatica temperata. 
Il Pierrot Lunaire è il manifesto per eccellenza della nuova rivoluzione della musica dodecafonica, anche perché questa opera si è manifestata attraverso diverse discipline, quali il teatro, il balletto, il cinema e tutto ciò che rappresenta l'estetica del bello nell' arte. 
Tale opera oltre a rappresentare la nascita ufficiale della musica moderna resta un manifesto imprescindibile per tutti coloro che hanno affrontato e approcciato il mestiere del fare arte e da cui discende tutto ciò che artisticamente ha influenzato la ricerca e la sperimentazione in ogni ambito contemporaneo del 1900, compreso il rituale del rock attraverso le contaminazioni con il teatro, il mimo, la danza, la regia, la scenografia. 
Il Pierrot Lunaire è un' opera necessaria, sicuramente la più POPolare tra tutte le pagine della ricerca sperimentale in ambito colto e accademico, in quanto permane ancora oggi come un esperienza totale del maestro Arnold Schonberg, memore sia del lascito popolare di Giacomo Puccini che con una profonda ammirazione per ( il quasi coevo) George Gershwin :

Diversi musicisti non considerano George Gershwin un compositore "serio". Non vogliono capire che "serio" o no è un compositore – vale a dire, un uomo che vive dentro la musica ed esprime tutto, "serio" o meno, profondo o superficiale che sia, per mezzo di essa, perché è la sua lingua materna

Mi sembra che Gershwin sia stato indubbiamente un innovatore. Ciò che ha creato con il ritmo, con l'armonia e la melodia non è esclusivamente un fatto stilistico.

Arnold Schönberg a proposito di George Gershwin

Il Pierrot Lunaire è senza dubbio una sorta di manifesto dell'espressionismo musicale ma anche una tabula rasa, uno spartiacque tra il prima e il dopo concepito come un manifesto " dodecafonico " modernista figurativo, basato su un ciclo di Lieder estratti da una raccolta di poesie del simbolista Albert Giraud , per la precisione ventuno su cinquanta, tradotte poi da Otto Erich Hertleben, suddivise in tre gruppi di sette. La composizione è catalogata come l'opera 21 del maestro, ed è eseguita per voce femminile recitante, pianoforte, flauto, ottavino, clarinetto, violino, viola e violoncello.
La trama vede per protagonista il poeta Pierrot, un eroe malinconico e triste dalla personalità ambigua e decadente raccontato in un immagine romantica ma deformata attraverso vere e proprie scomposte smorfie, che sono il frutto di una crescente inquietudine interiore che si proietta in scenari grotteschi e allucinanti. Pierrot, il poeta triste decanta la luna, sua massima musa ispiratrice, nel contempo vive di un' angoscia così profonda da immaginarsi assassino, infine dopo tanto tormento e autolesionismo ed esasperato cinismo sceglie la strada del ritorno nella natia Bergamo. Nel suo ultimo canto il Pierrot invoca il ritorno dell' antico profumo delle fiabe. Un vero capolavoro indispensabile per comprendere tutto il fermento artistico culturale che ha poi attraversato il Novecento.

" Detesto che mi si definisca rivoluzionario... sin dai miei esordi sono stato sensibilissimo alla forma e ho avversato con tutta l'anima le esagerazioni. "

 " Un artista è come un melo: quando è giunta stagione comincia a sbocciare e poi a produrre mele... Il genio impara solo da sé stesso, il talento soprattutto dagli altri "

Info e curiosità tipicamente Italiane ?

L'opera ispira un trio di Progressive Rock atipico non canonico, i Pierrot Lunaire , una band laziale capitanata dai compositori Arturo Stalteri e Gaio Chiocchio che incise due interessanti lp  tra cui Gudrun, la loro seconda prova, forse la più debitrice al mondo di Arnold Schönberg . Arturo Stalteri è un ottimo compositore di minimal classic music, ma sopratutto un conduttore e divulgatore culturale della radio di stato.
In ambito Rock Wave è la band fiorentina dei Litfiba ad ereditarne alcune fascinazione poetico iconografiche, almeno in un ambizioso doppio lp che per il sottoscritto resta il capolavoro del Rock made in Italy, 17 Re del 1987. Piero Pelù ha raccontato il poeta triste e pazzo Pierrot Lunaire con il brano Pierrot e La Luna. "  

( Patrizio De Santis)




Storie di Jazz e dintorni presenta: Alessio Obino - Un ritratto di donna in Jazz dalle radici all'afrofuturismo.

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