My Ideal Blog : Globalartisticfusion.blogspot.com di Patrizio De Santis Patrizio De Santis è titol

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Questo blog è nato come se fosse un'isola felice dove sperimentare una scrittura personale e condividere le mie passioni con qualsiasi internauta interessato alla bellezza. La sua dinamo propulsiva è la passione e l'amore per l'Arte. Ho realizzato uno spazio libero e autogestito, impostando tale contenitore come se fosse un potenziale Magazine cartaceo di approfondimenti culturali e artistici. Global Artistic Fusion è una sintesi della mia ricerca popolare e culturale: un mondo che vi offro nel My Ideal Blog 2.0

lunedì 20 maggio 2019

Gianfranco Mingozzi - Un viaggio tra La Dolce Vita, il tarantismo, la mafia, Luciano Berio e Flavia, la terribile e inquietante storia della monaca musulmana e il Cinema della Memoria.

[ - Gianfranco Mingozzi - Un viaggio tra La Dolce Vita, il tarantismo, la mafia, il film inchiesta e il cinema della memoria in un filo conduttore che si muove tra la cultura popolare di Ernesto De Martino e l' avanguardia di Luciano Berio, nel segno della memoria collettiva. - ]

Oggi voglio ricordare la figura del poco celebrato regista Gianfranco Mingozzi, soffermandomi sulla sua fase iniziale di carriera che noi possiamo tracciare all' interno di uno scenario e un fermento artistico che va' dalla Dolce Vita felliniana al cinema di genere della prima metà degli anni settanta, con un mio personale Focus sulla controversa opera borderline " Flavia la monaca musulmana "  del 1974.  Gianfranco Mingozzi ha contribuito con la sua macchina da presa all' emancipazione culturale del cittadino medio, o di estrazione proletaria, utilizzando il cortometraggio, il documentario e il film inchiesta, sopratutto nelle decadi degli anni sessanta e settanta con un appendice negli anni ottanta e dei successivi ma circoscritti episodi. Per me è un opportunità di misurarmi con un argomento del tutto nuovo, almeno per My Ideal Blog e in secondo luogo ne approfitto per parlarvi di un' opera della sua filmografia più tosto controversa e poco nota, considerando che il regista ha offerto un contributo al cinema di genere in una forma del tutto trasversale e innovativa e che proprio Flavia sia stato un tentativo ulteriore di voler documentare una storia sepolta e insabbiata dalla nostra cultura cattolica.

Questo bravissimo e illuminato regista e sceneggiatore nasce a Molinella il 5 Aprile del 1932 e cresce in una frazione di quel territorio, San Pietro di Capofiume, in provincia di Bologna, di conseguenza appartiene all' Emilia più popolare e tradizionale; un  aspetto molto importante per comprendere il suo ruolo nel cinema della memoria e della formazione collettiva, anche perché lo sguardo attento di Gianfranco Mingozzi è stato sorprendentemente in grado di trasferire nel documentario tutti quei linguaggi e quegli elementi in grado di incuriosire la persona comune, il neofita.
Prima di approdare nel mondo della regia e della sceneggiatura e valorizzare la macchina da presa e della celluloide con il suo certosino e inventivo mestiere si laurea in legge all' Università di Bologna, archiviata la fase degli studi comprende di voler fare altro e giunge a Roma per frequentare con ottimi esiti Il Centro sperimentale di cinematografia della capitale, diplomandosi, e quasi contemporaneamente lavorare in veste di assistente alla regia di Federico Fellini nella celebre opera " La Dolce Vita " dove tra l'altro ha anche un ruolo d' attore, e siamo nel 1961.

[ - Gianfranco Mingozzi e i documentari sul fenomeno del tarantismo salentino : Taranta e Tarantula 1961/1962 - Il rituale della Pizzica nel morso della Taranta - ]

Con il cortometraggio " Taranta " e il documentario " Tarantula ", lavori che nascono in un segmento temporale di un anno, tra il 1961 e il 1962, Mingozzi inizia a immergersi nella cultura popolare e socio - antropologica del mondo contadino con  un' interessante analisi visiva sul fenomeno del tarantismo salentino attraverso il rituale della Pizzica in relazione allo struggimento emotivo e psichico cagionato dal morso della Taranta. Un ottimo pretesto per andare a trattare le credenze esoteriche e musicali del fenomeno più affascinante della Puglia, sicuramente attratto dai documenti di Alan Lomax e Diego Carpitella.

Sopratutto nel documentario vero e proprio,  " Tarantula ", dobbiamo segnalare un dato molto importante, perché insieme al corto si tratta del primo documento filmato sul tarantismo " ufficiale" di cui noi abbiamo memoria,  ed è realizzato sopratutto con una meticolosa cura delle parti musicali grazie al contributo di Diego Carpitella,  a questo si vanno ad aggiungere la fotografia di Ugo Piccione, le consulenze di Ernesto di Martino e un mirato ma prezioso intervento di Salvatore Quasimodo. Mingozzi vive il tema dei suoi documentari con una capacità di interiorizzare storie e luoghi, umori e suoni, sentimento e emozione pressoché uniche, e la capacità di creare un team di lavoro funzionale come se fosse un gabinetto sperimentale mobile, aperto a voci esterne, dimostra una grande onestà  intellettuale e serietà professionale verso il pubblico che richiede un educazione alla conoscenza più che limpida.

- Nel mondo del documentario il nostro trova tutti gli stimoli necessari per crescere e nel 1966 arrivano dei riconoscimenti di grande pregio e rilevanza, quali il Leone D' Oro al Festival di Venezia, e la sezione Oscar per il documentario " Con il cuore fermo, Sicilia. -


[ - Il Film Inchiesta e la Mafia : La Violenza - Con il cuore fermo, Sicilia - La Terra dell' uomo - La controversa gestazione di un progetto d' approfondimento culturale in Italia.]

Il docufilm sulla Sicilia è un prezioso omaggio all' Italia, o meglio al popolo italiano, ma anche una concreta possibilità di offrire all' estero uno spaccato popolare simile ad un blues perché si tratta di una storia vissuta con gli occhi del sociologo e poeta Danilo Dolci, un grandissimo uomo che una volta trasferitosi dal Nord a Palermo ha scelto di battersi contro lo strapotere della Mafia.

Questo lavoro nato sopratutto da un' idea di Paolo Zavattini che coinvolge il giovane Gianfranco non ha avuto una gestazione facilissima perché il progetto nasce nel 1961 ma per il tema trattato si aliena i contributi economici di Dino De Lurentis che teme di avere delle ripercussioni, a tal punto da boicottarlo con tutti i mezzi possibili facendo fallire la casa di produzione. Soltanto intorno al 1964 Gianfranco Mingozzi riesce a concretizzare il progetto di Paolo Zavattini, nato come "La Violenza " e poi riscritto e ripensato ex novo come film inchiesta " Con il cuore fermo, Sicilia."  L' opera viene arricchita dal prezioso contributo dello scrittore Leonardo Sciascia.

Le parole di Gianfranco Mingozzi sono una preziosa testimonianza diretta al riguardo :

“L'idea di Zavattini era di fare un viaggio in Sicilia attraverso gli occhi di Dolci. Dolci era un pazzo, a pensare da solo di poter modificare gli uomini e il paese e però l'ha fatto, ci è riuscito, aveva volontà e coraggio ma aveva anche paura, era un uomo. Si sentiva protetto dagli abitanti del suo quartiere che lo amavano. Ma da chi non era intorno a lui la sua azione era vista come al di fuori di ogni logica”.

“Dopo tre settimane di ripresa De Laurentiis vide il materiale e bloccò subito il film. C'era del materiale scottante, come un‘intervista alla famiglia di un sindacalista ucciso, e De Laurentiis fece addirittura fallire la casa produttrice che doveva produrlo. Ciò bloccò legalmente il materiale che avevamo girato. Cercammo quindi di finanziarci da soli”.

“Sciascia mi sembrava assolutamente indispensabile come commentatore del film”.

Queste parole dove il regista racconta di prima persona la gestazione del documentario sono degli estratti di un intervista contenuta fra le opzioni extra della riedizione in formato DVD di  "Con il cuore fermo, Sicilia."  Questo film è il primo documento ufficiale realizzato con l' intenzione e la consapevolezza di trattare una tematica scomoda e controversa come lo è la mafia e di conseguenza detiene un grande primato.  Diversi anni dopo Gianfranco Mingozzi ritorna sul tema attraverso un lavoro realizzato per la Tv con il film inchiesta " La Terra dell' uomo " in verità mai andato in onda e finito di completare soltanto nel 1988. In ogni caso il tentativo di portare a compimento la proiezione è stato vano perché andava a parlare a ritroso, a partire dal boicottaggio avvenuto nei confronti dello stesso progetto originario di Paolo Zavattini, La violenza.


[ - La Rai, Gianfranco Mingozzi e Luciano Berio in " C'è Musica & Musica " nel 1972 - Un format in 12 puntate sulle nuove strade della musica colta e popolare nella ricerca contemporanea internazionale.]



Gianfranco Mingozzi offre un altro contributo molto importante per la cultura italiana lavorando per la Rai a stretto contatto con Luciano Berio e nel 1972 va in onda la serie di docufilm  C'è Musica & Musica " complessivamente sono 12 puntate dove il maestro della musica contemporanea spiega al popolo italiano il legame che intercorre tra Monteverdi e i Beatles, passando per Bela Bartok, John Cage, Peter, Paul & Mary e Rosa Balistreli, il tutto sorretto dalla preziosa regia del nostro. Nei primi anni settanta accade il miracolo di un servizio pubblico che osa e in dodici puntate da 45 minuti ognuna, alle ore 21, gli italiani assistono in prima serata  a C'è Musica & Musica, dove Berio illustra  tutte le evoluzioni e i collegamenti della musica colta.

Un prodotto ancora oggi insuperato. L' Avanguardia viene spiegata in un modo molto competente e serio tuttavia simpatico, perfino ironico, e il pubblico della Tv di Stato gode della compagnia d' un barbuto professore compositore confidenziale e rassicurante; difatti Berio si approccia con fare socio pedagogico, quasi come se fosse l' orso buono della musica Contemporanea.  Nel corso del format Luciano Berio parla e intervista Karlheinz Stockhausen, John Cage, Pierre Boulez, Gyorgy Ligeti, Iannis Xennakis, Cornelius Cardew ,Goffredo Pedrassi, Bruno Maderna, Luigi Nono, ma si sofferma anche sulle musiche del folclore popolare e sul
lavoro degli etno musicologi che Gianfranco Mingozzi aveva incontrato agli esordi, ai tempi di " Taranta " e " Tarantula " Alan Lomax e Roberto Leydi, inoltre si parla anche dell' istituto Ernesto De Martino e de " Il Nuovo Canzoniere Popolare Italiano ". Questi sono solo pochi nomi, tuttavia possono rendere l'idea del menù offerto dal programma televisivo che resta un esperimento divulgativo ancora oggi interessante e fresco, sfortunatamente mai più ripetuto, anche se in tempi di calcoli auditel attualmente è impensabile poter sperimentare una soluzione analoga. Esiste un Dvd + libro della serie Feltrinelli - Rai Cinema STORICO E NECESSARIO


[ - La Rai, Gianfranco Mingozzi Claudio Barbati, Annabella Rossi in " Sud e Magia " del 1978 -]

Un altro contributo interessante che Gianfranco Mingozzi offre alla Rai è il documentario  " Sud e Magia " del 1978, dove si parla ancora del Sud Italia, in particolare della Lucania, ma che viene concepito sopratutto per ricordare la figura di Ernesto De Martino.

Sud e Magia è un programma di quattro puntate concepito da un ottimo team di professionisti che vede Claudio Barbati, Annabella Rossi e Gianfranco Mingozzi ritornare in quei luoghi della memoria che sono impietosamente attraversati da una modernità fredda e industrializzata per riscoprire e documentare il paradosso della superstizione, della magia rituale e del paganesimo che si veste di cultura cattolica.  Mi vengono in mente due film storici come " Il Demonio " di Brunello Rondi realizzato nel 1963, e l' inquietante e scottante " Non si sevizia un paperino " di Lucio Fulci, un' opera del 1973 dove è  l' infanzia ad essere brutalmente al centro della scena. In questo format si ripercorre il passaggio di un mondo contadino povero che giunge immutato nell' epoca moderna del boom economico e delle lotte politiche degli anni settanta.  In questo passaggio temporale si sviscera a fondo le contraddizioni dei tempi ma si esaltano anche i valori della povera gente  per esempio nell' attenzione che viene data alla morte, perché al contrario della modernità  non viene rimossa nella coscienza collettiva ma al contrario è vissuta come un passaggio importante della vita delle comunità. La tradizione Lucana, la figura di uno studioso e di un  ricercatore storico della cultura popolare quale era Ernesto De Martino, a cui dobbiamo la memoria di questi luoghi, ci viene restituita con un prodotto all' altezza della situazione. Il mio rammarico è la poca considerazione che la Rai di oggi nutre per il suo stesso archivio storico perché queste perle andrebbero diffuse in una programmazione diurna e non notturna, e salvo Rai Storia, restano  tutte confinate in un limbo


IL FILM CULTO  [ - Flavia la monaca musulmana. Paese di produzione Italia, Francia. Anno 1974 - Gianfranco Mingozzi nel film più audace e controverso della cinematografia di genere italiana Sex & Violence - Tonaca Movie. Un dramma erotico con la struttura del docufilm storico.- ]

[ L' aspetto cinematografico prende vita sempre nella decade degli anni sessanta, con diversi film a soggetto tra cui vale la pena di menzionare " Trio 2 del 1967 e " Sequestro di Persona " del 1968, tuttavia è negli anni settanta che il regista offre forse il contributo più sperimentale e azzardato al mondo della " Settima Arte " andando a sperimentare nel cinema di genere, e nei territori più arditi ed estremi del fenomeno borderline " Sex & Violence " in un " Tonaca Movie " disturbatissimo ma paradossalmente popolare nei mercati di tutto il mondo che lo hanno riconosciuto come un Cult Movie. Il mio focus è incentrato proprio sul racconto di questa opera. ]

Gianfranco Mingozzi è noto sopratutto per essere un documentarista che in alcuni casi ha travalicato il genere cinematografico e va subito detto che Flavia la monaca musulmana è un prodotto di confine tra il cinema d' autore e quello di genere ma  più prossimo all' esperienza di tipo borderline. Flavia la monaca musulmana è un film assai crudo e forse eccessivo ma ispirato da un fatto storico realmente accaduto, la violentissima "Battaglia di Otranto" (fine sec XV) che portò alla beatificazione di 800 martiri cristiani. Si tratta di un' opera di culto ma a torto confusa con il fenomeno dei Tonaca Movie , un filone commerciale dove il sadismo erotico la faceva da padrone senza offrire un prodotto che alla lunga non risultasse banale e con il solo protesto, come nei sotterranei e dimenticati Nazi Eros, di lambire il confine labile fra erotismo e pornografia.

Nel film si narra di Flavia Gaetani  una donna costretta alla clausura per via di un padre padrone, quest' ultima nell' invasione dei saraceni vede una possibilità di brutale e iraconda vendetta verso l'uomo. Nella prima parte del film tutto è incentrato sull'ammirazione che Flavia nutre per sorella Agata le cui ispirazioni giovanili furono addirittura di papessa, e difatti  fra le due vi è un accumulo di odio verso quel mondo maschile che da sempre le ha schiacciate e umiliate da sfociare in una complicità psicologica che rivela tutto il tracciato portante della tematica a carattere storico che Mingozzi intende sviscerare, spostando l' attenzione dal punto di vista della donna che subisce lo strapotere religioso e politico dell' egemonia maschile di stampo cattolico - patriarcale.  Questo controverso e teso rapporto tra donne è la parte più visionaria e interessante del film, a tal punto che fra la novizia e la vecchia più che una fede vi è l'ambizione di un mondo nuovo strutturato quasi in una concezione politica matriarcale di proto femminismo larvato.

[ Agata , la cui giovinezza nascondeva un passato rivoluzionario dispensa queste parole a Flavia "... o diventiamo suore, o mogli, o puttane" ]

Il film però si concentra sopratutto nell' eccesso visivo di tutto ciò che ai tempi poteva essere la norma in ambito della tortura di guerra e di religione, infatti il regista Gianfranco Mingozzi in questo si avvicina agli eccessi Pasoliniani del film " Le 120 Giornate di Salò ", anzi, in alcuni casi il suo crudo realismo infonde un disagio maggiore, e sicuramente io stesso consiglierei il film solo se si è ben predisposti al genere. Gianfranco Mingozzi non fa che che dare vita attraverso le immagini  a ciò che concretamente accadde durante le terribile e funesti invasioni saracene, il tutto sorretto da una documentazione storica certosina e meticolosa, studiata proprio per la realizzazione di questo oscuro e seminale film di genere. Altro aspetto interessante è la libertà sessuale sfrenata di cui godranno alcuni cristiani dissidenti dopo le invasioni dei saraceni, sopratutto nell' atto delle torture e degli stupri, fra cui la stessa Flavia, come a voler mettere il luce una causa effetto di una sessualità repressa cagionata per volontà religioso patriarcale, in ogni caso poi corrotta dal sadismo e dai risvolti terribili e disumani della rabbia di genere. E' un film strano, forse molto complesso in quanto suddiviso in atti e quindi il cinema di Mingozzi, almeno in questo caso è debitore sopratutto al teatro, e questo è l'elemento che gioca a suo favore, oltre alla certosina documentazione storica che non confonde la pellicola in un vuoto trionfo di sterile Sex & Violence commerciale come andava tanto di moda in quei primi anni settanta italiani. Questa è un opera ferocemente anti religiosa e ad alcuni potrà dare fastidio, e quindi io di solito consiglio di guardarlo con un distacco critico valutandone i pregi del contenuto storico

Flavia, la monaca musulmana
Paese di produzione Italia, Francia
Anno 1974
Durata 100 min
Genere drammatico, erotico
Regia Gianfranco Mingozzi
Soggetto Raniero Di Giovanbattista, Sergio Tau, Francesco
Sceneggiatura Gianfranco Mingozzi, Fabrizio Onofri, Sergio Tau
Fotografia Alfio Contini
Montaggio Ruggero Mastroianni
Musiche Nicola Piovani
Scenografia Guido Josia
Interpreti e personaggi

Florinda Bolkan: Flavia Gaetani
María Casarès: sorella Agata
Anthony Higgins: Ahmed
Claudio Cassinelli: Abraham
Spiros Focás
Luigi Antonio Guerra
Ciro Ippolito
Guido Celano

Doppiatori originali

Vittoria Febbi: Flavia Gaetani
Lydia Simoneschi: sorella Agata

[ - Coda  del servizio con argomento Extra : E-Book - Il Cinema della Memoria - Ferrara nei film di Gianfranco Mingozzi - ]

Ci sarebbe tanto altro da scrivere sulla figura di Gianfranco Mingozzi ma sopratutto è molto riduttivo concentrare tutto il suo percorso in un servizio, ed è chiaro che io abbia voluto circoscrivere una storia per focalizzarmi sugli aspetti a me più cari e vicini per quel che concerne il lavoro svolto da questo grande uomo della cultura italiana, tuttavia voglio segnalare una possibilità di ulteriore approfondimento parlando di un E - Book meritevole di lettura che si chiama " Il Cinema della Memoria - Ferrara nei film di Gianfranco Mingozzi "di Andrea Masacci, collana " Ferrara e il cinema "
Gianfranco Mingozi è nato a  a Molinella, di San Pietro di Capofiume, che del bolognese resta il paese più vicino a Ferrara dove il nostro instaura un legame molto forte fin dall' infanzia. Questo uomo di cultura che ci ha fatto dono dei migliori corti e documentari concepiti negli anni del boom economico non ha mai nascosto al pubblico il profondo amore per la città di Ferrara. Andrea Masacci ci parla esattamente di questo rapporto andando ad indagare nel cinema di Mingozzi, e lo fa' a partire dal seminale docufilm del 1962 " La Via dei Piopponi " per giungere al 1966 del documentario " Michelangelo Antonioni " dove omaggia un altro grande della storia del cinema per poi  riprendere il filo successivamente con il suo ultimo e grande film documentaristico  " La Vela Incantata " nel 1982, a cui seguirà una sua appendice nel 1993, " La Grande Magia " ( un documentario nel documentario, perché parla del prodotto realizzato nei primi anni ottanta, ripercorrendo però a ritroso tutto il filo comune che lo lega alla città anche rievocando le altre opere !)


In conclusione ...

In questo servizio ho volutamente estromesso il cinema, e la scelta di recensire soltanto " Flavia la monaca musulmana " è stata indotta dalla particolare e audace struttura del plot con le reminiscenze del documentario a film inchiesta ed infine la forma teatro in tre atti. Non ho voluto allargare ulteriormente la mia trattazione per cercare di esporre un Focus sul tema del film della memoria, un aspetto che in Mingozzi prevale sicuramente anche nel cinema, vedere l' impianto narrativo nei celebri erotici " L' Iniziazione " del 1987 e nel successivo " L' Appassionata " del 1988. Gianfranco Mingozzi è stato un attento testimone del novecento e il suo contributo è stato indubbiamente importante, in quanto ricettore di tutte le culture popolari.

L' Avanguardia del Cinema di allora, nel lavoro della regia e del soggetto di questa mente illuminata, sono state messe al servizio dell' umile spettatore perché questo artista della macchina da presa è stato un intellettuale del popolo non diverso da P.P. Pasolini, e io ho voluto rendere un grato omaggio al suo lascito. Devo molto a questa scuola e spero di essermi posto con umile rispetto.

Gianfranco Mingozzi muore a Roma in data 7 Ottobre del 2009, lasciando parte del suo archivio cinematografico alla Cineteca di Bologna, che gli dedica un fondo : Fondo Gianfranco Mingozzi -
Cineteca di Bologna. Per chi volesse approfondire ( www.cinetecadibologna.it)



giovedì 9 maggio 2019

Il Pierrot Lunaire di Arnold Schönberg : Teatro, musica e poesia nella rivoluzione dodecafonica del 1912.



PIERROT LUNAIRE 1912 : TEATRO, MUSICA E POESIA NELLA RIVOLUZIONE DODECAFONICA DI ARNOLD SCHONBERG


[ - Se è arte non può essere popolare e se è popolare non può essere arte - Arnold Franz Walter Schönberg ]

Arnold Schönberg nasce il 13 Settembre del 1874 a Vienna e viene a mancare a Los Angeles il 13. Luglio 1951. Arnold Franz Walter Schönberg è stato un compositore austriaco naturalizzato statunitense ( ... Non sono tedesco né europeo, forse neppure un essere umano, ma un ebreo) ma sopratutto è stato uno tra i primi, nel XX secolo, a scrivere musica completamente al di fuori dalle regole del sistema tonale, difatti è noto per essere un fautore degli applicatori del metodo dodecafonico, basato su una sequenza comprendente tutte le dodici note della scala musicale cromatica temperata. 
Il Pierrot Lunaire è il manifesto per eccellenza della nuova rivoluzione della musica dodecafonica, anche perché questa opera si è manifestata attraverso diverse discipline, quali il teatro, il balletto, il cinema e tutto ciò che rappresenta l'estetica del bello nell' arte. 
Tale opera oltre a rappresentare la nascita ufficiale della musica moderna resta un manifesto imprescindibile per tutti coloro che hanno affrontato e approcciato il mestiere del fare arte e da cui discende tutto ciò che artisticamente ha influenzato la ricerca e la sperimentazione in ogni ambito contemporaneo del 1900, compreso il rituale del rock attraverso le contaminazioni con il teatro, il mimo, la danza, la regia, la scenografia. 
Il Pierrot Lunaire è un' opera necessaria, sicuramente la più POPolare tra tutte le pagine della ricerca sperimentale in ambito colto e accademico, in quanto permane ancora oggi come un esperienza totale del maestro Arnold Schonberg, memore sia del lascito popolare di Giacomo Puccini che con una profonda ammirazione per ( il quasi coevo) George Gershwin :

Diversi musicisti non considerano George Gershwin un compositore "serio". Non vogliono capire che "serio" o no è un compositore – vale a dire, un uomo che vive dentro la musica ed esprime tutto, "serio" o meno, profondo o superficiale che sia, per mezzo di essa, perché è la sua lingua materna

Mi sembra che Gershwin sia stato indubbiamente un innovatore. Ciò che ha creato con il ritmo, con l'armonia e la melodia non è esclusivamente un fatto stilistico.

Arnold Schönberg a proposito di George Gershwin

Il Pierrot Lunaire è senza dubbio una sorta di manifesto dell'espressionismo musicale ma anche una tabula rasa, uno spartiacque tra il prima e il dopo concepito come un manifesto " dodecafonico " modernista figurativo, basato su un ciclo di Lieder estratti da una raccolta di poesie del simbolista Albert Giraud , per la precisione ventuno su cinquanta, tradotte poi da Otto Erich Hertleben, suddivise in tre gruppi di sette. La composizione è catalogata come l'opera 21 del maestro, ed è eseguita per voce femminile recitante, pianoforte, flauto, ottavino, clarinetto, violino, viola e violoncello.
La trama vede per protagonista il poeta Pierrot, un eroe malinconico e triste dalla personalità ambigua e decadente raccontato in un immagine romantica ma deformata attraverso vere e proprie scomposte smorfie, che sono il frutto di una crescente inquietudine interiore che si proietta in scenari grotteschi e allucinanti. Pierrot, il poeta triste decanta la luna, sua massima musa ispiratrice, nel contempo vive di un' angoscia così profonda da immaginarsi assassino, infine dopo tanto tormento e autolesionismo ed esasperato cinismo sceglie la strada del ritorno nella natia Bergamo. Nel suo ultimo canto il Pierrot invoca il ritorno dell' antico profumo delle fiabe. Un vero capolavoro indispensabile per comprendere tutto il fermento artistico culturale che ha poi attraversato il Novecento.

" Detesto che mi si definisca rivoluzionario... sin dai miei esordi sono stato sensibilissimo alla forma e ho avversato con tutta l'anima le esagerazioni. "

 " Un artista è come un melo: quando è giunta stagione comincia a sbocciare e poi a produrre mele... Il genio impara solo da sé stesso, il talento soprattutto dagli altri "

Info e curiosità tipicamente Italiane ?

L'opera ispira un trio di Progressive Rock atipico non canonico, i Pierrot Lunaire , una band laziale capitanata dai compositori Arturo Stalteri e Gaio Chiocchio che incise due interessanti lp  tra cui Gudrun, la loro seconda prova, forse la più debitrice al mondo di Arnold Schönberg . Arturo Stalteri è un ottimo compositore di minimal classic music, ma sopratutto un conduttore e divulgatore culturale della radio di stato.
In ambito Rock Wave è la band fiorentina dei Litfiba ad ereditarne alcune fascinazione poetico iconografiche, almeno in un ambizioso doppio lp che per il sottoscritto resta il capolavoro del Rock made in Italy, 17 Re del 1987. Piero Pelù ha raccontato il poeta triste e pazzo Pierrot Lunaire con il brano Pierrot e La Luna. "  

( Patrizio De Santis)




giovedì 25 aprile 2019

LIBERTANGO : TANGO E RIVOLUZIONE NEL NOME DI MARIA DE BUENOS AIRES



LIBERTANGO : TANGO E RIVOLUZIONE

- Astor Pantaleón Piazzolla (Mar del Plata, 11 marzo 1921 – Buenos Aires, 4 luglio 1992) è stato un musicista, compositore e arrangiatore argentino ( da Wikipedia ) -

[ My Ideal Blog oggi ospita un mio vecchio servizio realizzato per una pagina del Social Network
più popolare degli ultimi anni, Facebook, perché la spinta verso il mondo dei Blogger è avvenuta esattamente in quel contesto, contro ogni mia reticenza e insicurezza. Se non avessi ascoltato e accolto l' apprezzamento di molti utenti io non avrei mai preso in considerazione l' idea di realizzare un blog di così ampia narrazione, eterogeneo e vario negli argomenti trattati ma con una grande coerenza stilistica. Qui devo essere molto onesto e trasparente, rispettoso del ruolo che mi sono ritagliato per approcciare tali tematiche nobili. La scrittura da social consente qualche libertà formale, è confidenziale, quindi in questo copia e incolla c'è l' ingenuità dei primi tentativi, tuttavia penso che il servizio sia nato da uno spunto così felice da essere ora parte del Blog. La mia premessa era però  doverosa. E' mia intenzione di tanto andare a recuperare il meglio da me realizzato in contesti social, oppure riscriverli in una forma rivisitata, rivista e corretta. Patrizio De Santis. ]


Se c'è un musicista che posso definire essenziale per la mia vita è Astor Piazzolla che con il suo magico strumento a mantice , il bandoneon , ha reso incantevole l'ascolto della musica soprattutto nelle ore notturne. Il tramite è stato il violinista Gidon Kremer perché il Tango Nuevo di Astor è diverso dalla grande poetica popolare di Carlos Gardel ; nelle composizioni di Piazzolla oltre all' intensità vive un linguaggio profondamente colto mutuato dai seminari europei con Nadia Boulanger e forse per questo mi ha profondamente sconvolto fino al turbamento, un po come per Gato Barbieri nel film Ultimo Tango a Parigi, dove il sassofono sfiorava la stessa intensità di questo maestro. Il ballo poi mi ha sempre lasciato senza fiato, una tristissima lotta fra due anime in fiamme, una maschile, l'altra femminile. Questa triste condizione dell'anima e della carnalità, giunge nella mia vita intorno al 1998 ma solo qualche anno più tardi prendo consapevolezza dei fermenti politici insiti in questo spettacolo dell' arte chiamato Tango.
Nasce per mano di immigrati Italiani, si eseguiva a coppie di due uomini perché alle donne era vietato, in quanto in Argentina non era possibile, almeno fino a quando gli operai non raggiunsero i bordelli. Le puttane infatti venivano comprate più che altro per alimentare il fuoco di questa disperata danza senza passato e futuro, e solo allora, giorno dopo giorno il Tango riuscì a crescere fino a giungere al fatidico punto cruciale del 1968, l' anno di Maria de Buenos Aires, un' opera che è l' apoteosi politica, a tratti anche blasfema, ma simbolo di un popolo che ribolle di socialismo anarchico. Astor Piazzolla porterà il Tango Nuevo nei più prestigiosi conservatori, nelle sale da concerto e nei teatri di tutto il mondo. Gidon Kremer nelle sue riletture colte non è che la conferma di un conclamato successo avvenuto nella contemporaneità del mondo che conta, quello dell' accademia della musica classica, ma anche il più aperto gabinetto sperimentale delle avanguardie e della ricerca  dei nuovi linguaggi e delle forme sonore delle musiche di confine. Maria de Buenos Aires è ispirato a Milva, seppur interpretato dalla divina Amelita Baltar. Un cerchio che si chiude con Astor che raggiunge l' Italia negli anni settanta, incidendo Libertango , magico lp del 1974 destinato alla storia. Le Edizioni musicali Pagani, in Lombardia sono il simbolo del Tango che fa ritorno in Italia, e di cui dobbiamo essere orgogliosi; grazie a loro noi abbiamo un catalogo e un patrimonio culturale immenso.. Questo è il mio omaggio al Tango

- La mia musica è triste perché il tango è triste. Il tango ha radici tristi e drammatiche, a volte sensuali, conserva un po’ tutto… anche radici religiose. Il tango è triste e drammatico ma mai pessimista. (Astor Piazzolla) -

MARIA DE BUENOS AIRES

[ - Maria, il simbolo della nuova danza e del nuovo canto dell' Argentina, il Tango Nuevo, ovvero l'avanguardia in seno al Tango, nato come ballo ma che muterà poi pelle attraverso un triumvirato storico : Astor Piazzolla, Horacio Ferrer e Amelita Baltar , nello specifico un colto musicista con trascorsi sia accademici che Jazz, un poeta politicizzato ed una cantante folk destinata ad essere altro, attraverso Maria De Buenos Aires, la prima e unica Opera Tanghera. - ] 

[ - Siamo nel 1968 di Hair e di Tommy, nasce anche la prima stesura di Jesus Cristh Superstar con Ian Gillan nelle vesti di Gesù. Il 1968 è decisamente l'anno delle Rock Opera, a tal punto che la stessa Italia si distingue in tal ambito, basterebbe citare Orfeo 9, che vede la luce solo nei settanta. Ci sono però piacevoli anomalie, in ambito Jazz ricordiamo Escalator Over the Hill, realizzata da Carla Bley con il libretto di Paul Hines , mentre in Argentina il precedente clamoroso spetta a Maria De Buenos Aires, concepita da Astor Piazzolla come massimo manifesto del Tango Nuevo, e vanta il poetico e ideologizzato libretto di Horacio Ferrer e l'iconica voce di Amelita Baltar. - ]

Maria de Buenos Aires è una opera surreale divisa in due tempi, la vita di una prostituta nella capitale Argentina costituisce la parte introduttiva , a cui segue un interessante e originale Post Mortem. I personaggi principali quindi sono due, Maria e L' Ombra, poi un Payador ( ovvero un cantante dell'omonimo genere poetico ) vari membri del sobborgo di Buenos Aires, il folletto dalla voce narrante, e le marionette che egli controlla, infine gli psicanalisti. Nel libretto però alcuni elementi ci inducono a confondere Maria con la Madonna, addirittura lo stesso Gesù, una trasposizione se vogliamo Marxista.  La musica si discosta dal Tango tradizionale di Hannibal Troillo e Carlos Gardel e adotta il linguaggio ricercato e colto del Tango Nuevo, l'opera è ispirata a Milva ( e con dedica !)
L'organico è composto da due cantanti più voce recitante, un orchestra da camera inusuale per via del Bandoneon di Astor Piazzolla, autore delle musiche, ed una chitarra elettrica. Ovviamente la danza è fondamentale e con tutti i suoi ballerini, gli arrangiamenti e le coreografie che però sono state molteplici e l'opera si è rinnovata di decade in decade fino a giungere nel nuovo millennio, senza apparire desueta, stanca, anacronistica. la prima Maria e L'Ombra, sono note per essere per l'appunto interpretate dalla cantante Amelita Baltar. La prima rappresentazione avviene nel Maggio del 1968 , Plane Theatre

+ link musicali audiovisivi caricati da you tube

Astor Piazzolla - Libertango (full album)
(https://www.youtube.com/watch?v=k_pLL278zoM)

Astor Piazzolla ‎– Libertango
Etichetta:
Polydor ‎– 2473 042
Formato:
Vinyl, LP, Album
Paese:
France
Uscita:
1974
Genere:
Jazz, Latin, Funk / Soul
Stile:
Contemporary Jazz, Tango

Elenco tracce
A1 Libertango 2:45
A2 Meditango 5:36
A3 Undertango 4:07
A4 Adios Nonino 5:35
B1 Violentango 3:31
B2 Novitango 3:31
B3 Amelitango 4:00
B4 Tristango 6:58

Società, ecc.
Printed By – S.I.A.T.
Riconoscimenti
Acoustic Guitar, Electric Guitar – Filippo Daccò
Bandoneon, Arranged By, Conductor – Astor Piazzolla
Cello – Paolo Salvi
Drums, Percussion – Tullio De Piscopo
Electric Bass – Pino Presti
Flute – Gianni Bedori, Hugo Heredia, Marlaena Kessick
Organ, Marimba – Gianni Zilioli
Piano, Organ – Felice Da Vià
Producer – Aldo Pagani
Timpani, Percussion – Andrea Poggi
Viola – Elsa Parravicini
Violin – Umberto Benedetti Michelangeli

+

María de Buenos Aires – Astor Piazzolla & Horacio
(https://www.youtube.com/watch?v=bDgCtYDZlX0)

Astor Piazzolla And Horacio Ferrer ‎– Maria De Buenos Aires
( edizione brasiliana !)

Etichetta:
Elenco ‎– SE 1008 9
Formato:
2 × Vinyl, LP, Album
Paese:
Brazil
Uscita:
1972
Genere:
Latin, Stage & Screen
Stile:
Tango

Elenco tracce
A1 Alevare
A2 Tema De Maria
A3 Balada Para Un Organito Loco
B1 Milonga Carrieguera
B2 Fuga Y Misterio
B3 Poema Valseado
B4 Tocata Rea
B5 Miserere Canyengue
C1 Contramilonga A La Funerala
C2 Tangata Del Alba
C3 Carta A Los Arboles Y A Las Chimeneas
C4 Aria De Los Analistas
D1 Romanza Del Duende
D2 Allegro Tangabile
D3 Milonga De La Anunciacion
D4 Tangus Dei

Riconoscimenti
Lyrics By – Horacio Ferrer
Music By – Astor Piazzolla
Vocals – Amelita Baltar, Hector De Rosas*
Note
Interpretada por:
Astor Piazzolla - Bandoneon
Horacio Ferrer - Recitado
Amelita Baltar - Canto
Hector De Rosas - Canto

Original recording "Trova"






domenica 24 marzo 2019

La Stanza della Musica. La rubrica di approfondimento e recensioni musicali di My Ideal Blog : Enten Eller - Minotaurus ( Music Studio / autoproduzione 2018)




La Stanza della Musica è una rubrica relativamente nuova all' interno di My Ideal Blog, l' intento che mi sono prefisso è quello di raccontare un ascolto musicale per ogni mese dell' anno, cercando di " fermare " con le parole un flusso di suoni del presente, quindi legato alla nostra contemporaneità. Non si tratta assolutamente di recensire uno dei tanti e nuovi prodotti licenziati dall'indistinto oceano 
dell'attuale mercato discografico, infatti non mi sono imposto regole di uscita e pubblicazione dei supporti fonografici, ma più tosto di "pescare", con attenzione e passione nei "mari" del nuovo millennio, viaggiando nel globo terracqueo grazie a tutti quei suoni e quelle musiche ricche di significato e linfa vitale, e humus. Non sto utilizzando l' elemento dell' acqua per casualità, o per licenza poetica nella sua forma e maniera più pacchiana, visto che io con questa rubrica ho la necessità di scrivere di musiche e suoni che siano il più possibile liberi, senza confini e geografie ma con una forte identità, esattamente funzionali per essere parte di una cultura globale. Tutto può essere più chiaro con un esempio concreto e mirato, ascoltando e scrivendo di un disco come Minotaurus degli Enten Eller, che è nato come performance concettuale per uno spettacolo molto originale : un progetto per quattro musicisti e quattro danzatrici, il tutto dal vivo.  

Prima di sviscerare la trama di questo intrigante progetto in una forma esaustiva e chiara, vorrei ritornare all' elemento dell' acqua, e sopratutto spiegare il motivo perché ho scelto di associarlo proprio alla musica del nuovo millennio prendendo come esempio questa storica formazione di Ivrea. Abbiamo già detto che una musica è realmente necessaria qualora sia in grado di raccontare in modo evocativo il nostro attuale presente, per favorire un tema, un contenuto concretamente figlio dei nostri tempi, spesso culturalmente drammatici. In virtù di ciò l' ensemble Enten Eller si è posto di decade in decade come un' isola felice dell' avanguardia italiana, tenendo conto anche della tradizione e sopratutto di secoli e secoli di storia della musica, come anche della filosofia, della letteratura e della cultura, e nell' insieme tutti questi aspetti non fanno da contorno ma al contrario nell' insieme sono un buon collante per un idea di arte e  umanesimo globale del suono, che è un corpo sonoro fluido e fluttuante in trascendenza.
Enten Eller, all'interno del panorama musicale del Jazz italiano sono la formazione che più è stata, e continua ad essere rispettosa della natura afroamericana e politica del genere in questione, in quanto hanno appreso la più grande lezione culturale della nota " Blue" : l' essere parte di una cultura del popolo che sia universale, collettiva e inclusiva, con il sentimento e l' anima ma in continua trasformazione, come se le improvvisazioni e le composizioni fossero un lungo viaggio ma evitando accuratamente di scimmiottare i musicisti fondatori e la "negritudine" in senso deleterio, in sintesi cristallizzandosi in un estetica di superficie e di cliché.  Il collettivo di Ivrea ha attinto molto 
dall'Europa, ma sopratutto da tutti i mari che bagnano l' Italia, e ha sintetizzato il tutto in un suono che è la narrazione contemporanea della memoria storica.


[ - Minotaurus, il disco, la performance, il pensiero e il suono degli Enten Eller - ]

Minotaurus è un lavoro particolare e singolare, tra i più originali e innovativi che sia stato concepito in Italia dagli Enten Eller, ensemble fondato dal batterista Massimo Barbiero, che è l'ideatore e il pensatore, insieme al chitarrista Maurizio Brunod. Questo progetto artistico-musicale nato in quel di Ivrea nella seconda metà degli anni ottanta, che di decade in decade ha spesso mutato pelle con grande coerenza stilistica e umana, da gruppo "aperto" si è stabilizzato a quartetto con l' ingresso di Alberto Mandarini alla tromba e Giovanni Maier al contrabbasso.  Con tale riassetto dell' organico la storia degli Eller è giunta alla consacrazione di un percorso che ha visto fiorire nuove idee e risultati, attraverso molti riconoscimenti di settore, addirittura internazionali, senza nulla tagliere però lustro alle precedenti prove : Streghe, del 1987, Cassandra, del 1989, Antigone e Medea, rispettivamente 1991, 1996, più l' eccellente disco dal vivo che segna tale passaggio di consegna, Train d' Union, del 1998 ; tutti licenziati dalla Splasc(h).
Tale metamorfosi in quartetto non ha affatto escluso l' originale impostazione collaborativa voluta dal maestro e teorico Massimo Barbiero, al contrario ha permesso concretamente di affrontare progetti di largo respiro concettuale : i dittici con il sassofonista americano Tim Berne ( Melquiades, Auto da Fé) i dittici con il sassofonista e flautista argentino Javier Girotto ( Ecuba, Pietas) ma sopratutto il lavoro orchestrale E(X)stinsione, licenziato come Enten Eller Orkestra ( String Orchestra " B. Bruni" di Cuneo), aperto anche ai contributi dei grandi dell' improvvisazione italiana, da Carlos Actis Dato e le sue ance "militanti ", al più colto polistrumentismo di Giancarlo Schiaffini, memore di Luciano Berio, Luigi Nono, Franco Evangelisti e gli improvvisatori radicali europei, infine le narrazioni descrittive dell' arpa di Marcello Carbone, la voce popolare di Laura Conti, la scrittura letteraria di Franco Bergoglio, le immagini e la fotografia di Luca D' Agostino.  E(X)stinsione, doppio cd con corposo libretto è stato ovviamente progettato per una rappresentazione live, sound & vision nel 2012, ed è stato accolto dalle riviste americane come il " The Wall " del Jazz per le tematiche trattate, di cui in maniera indiretta ho scritto io stesso nella lunga introduzione di questo servizio.
Un altro grande momento culturale è lo spettacolo concettuale del " Settimo Sigillo " , progetto per musica danza e fotografia, ispirato al film eponimo di Ingmar Bergmam, con l' inclusione di Achille Succi alle ance, Lauro Rossi al trombone, la coreografia e la danza di Cristina Ruberto e Erika Martino, ma sopratutto della fotografia di Luca d' Agostino, ormai fotografo di fiducia. Chi ha buona memoria nel seguire My Ideal Blog : global artistic fusion 2.0 sa che ho sviscerato il tema di questa opera circa un anno fa, recensendo un dvd in relazione al cinema del regista svedese, ma saprà anche che  gli Enten Eller sono già di casa per via dei dischi Pietas ed Ecuba, perciò è con enorme piacere, da parte mia, ritornare sull' argomento, sperando sempre di avere ancora altre occasioni nell' immediato futuro. 


[ Minotaurus - La performance al Museo Garda, Ivrea, 17-03- 2018 - Open Jazz  Festival - ]


Minotaurus è una vera e propria opera concepita in concomitanza di una performance live audiovisiva all' interno delle sale del prestigioso Museo Garda, in data 17 Marzo del 2018, Ivrea. Minotaurus è un lavoro veramente interessante perché dal punto di vista concettuale ci permette di sviscerare molti spunti di riflessione e di conseguenza di essere vissuto al di fuori della sua rappresentazione live dove si è cercato di rendere contemporaneo, attraverso la performance multimediale, il linguaggio della musica e della danza con il mito di Arianna, Teseo, Minosse e del Minotauro in una narrazione descrittivo - sonora e visuale della metafora del labirinto, vista come una condizione inevitabile della vita che è anche una costante dell' umanità. Un mito forse più attuale di quanto si possa pensare, sopratutto ora che la rivoluzione tecnologica ha assorbito in maniera invasiva ogni campo della comunicazione, dal privato al professionale, "digitalizzando" la nostra esistenza, non ultimo la volontà di pensiero e di potere della scelta.  

Questo ultimo cd degli Enten Eller documenta, sempre per quel che concerna la sua parte audio, la performance integrale, ma forse è il caso di fare un tentativo nel descrivere il lavoro nella sua forma unitaria e complessiva, e quindi provare a raccontare che cosa sia accaduto al Museo Garda, il 17- 03- 2018 nell' ambito del trentottesimo Open Jazz Festival.


L' ensemble suonava questa articolata opera musicale in una stanza, mentre in altre sale del museo si muovevano tre danzatrici, e un danzatore, e ognuno di loro avevano il compito di relazionarsi, senza alcun contatto visivo, ma seguendo il tracciato sonoro dei quattro musicisti, il tutto mentre il pubblico si spostava di stanza in stanza, e da un punto all' altro della prestigiosa struttura prendeva così forma la metafora dell' oscuro labirinto, che in termini di paragone nel nostro contemporaneo coincide sia con un aspetto esistenziale, come anche multimediale.  Ciò che si è realizzato in tempo reale non è che una trasposizione moderna, e attualissima dell' intricato " dedalo " cognitivo, ed il pubblico si è trovato di fronte ad una coinvolgente performance interattiva dove la danza e la musica, in 57 minuti e 4 secondi, hanno riportato nel presente, ma sopratutto in una nuova veste e luce, le gesta di Teseo, il filo di Arianna, e l' uccisione del temibile e oscuro Minotauro.


[ - Minotaurus, il suono vibrante e danzante degli Enten Eller rigorosamente dal vivo - ]


Per quel che riguarda il supporto fonografico ci troviamo di fronte ad un vero e proprio concept album strutturato come se fosse una suite di Jazz creativo e di musica totale, anche se i termini e le etichettare nel descrivere il suono degli Enten Eller restano un tentativo inutile ma sopratutto fuorviante, come lo sarebbe per Igor Stravinsky, Iannis Xenakis, Art Ensemble of Chicago, Henry Cow, Company, Derek Bailey, Giorgio Gaslini, Andrea Centazzo, Keith Tippett, i King Crimson, Frank Zappa, Modern Jazz Quartet, John Cage.   
L' ensemble non è assolutamente derivativo, non pecca di esterofilia e tanto meno di mancanza di idea e di contenuto da sopperire con perizia e tecnica strumentale fredda e fine a se stessa, perché vive di tutto il patrimonio " popolare " dell' antico mestiere del fare e del comporre la musica, un concetto caro sia a Charles Mingus che a Duke Ellington, in maniera sicuramente viscerale e contrastante, ma anche rigorosamente mentale, cosi come lo è stato per Arnold Schoenberg.

Minotaurus è suddiviso in quattro "interludi" e  quattro "temi ", più un classico del repertorio, la storica " Per Emanuela ", perciò è sicuramente errato parlare di musica improvvisata, perché il lavoro si regge molto sulla composizione e vive del tracciato concettuale su cui poi si regge tutta la performance. E' un opera godibilissima anche come ascolto privato da casa con un buon impianto Hi-Fi perché c'è molta " fisicità " e anima, aspetto che si evince nel suono " live " ma sopratutto intercettando ogni singola vibrazione dell' inter-play, una caratteristica che negli Enten Eller ha raggiunto l' apice, e basterebbe ascoltare i precedenti cd : Euclide, Atlantide,Tiresia ( quest' ultimo, per il mio gusto personale è il loro capolavoro.)

Minotaurus è la seconda prova licenziata e venduta sul mercato attraverso l' autogestione,  insieme a Tiresia, rappresenta il nuovo corso di carriera ; tutto il resto della produzione è parte di un catalogo importante; stiamo parlando della Splasc(h), attualmente attiva sul mercato solo attraverso l' utilizzo delle piattaforme digitali, consultabile come ascolto digitalizzato in forma "liquida". Un vero peccato per noi cultori del disco e dell' alta fedeltà.
Io stesso ho acquistato tutta la discografia direttamente dal maestro Massimo Barbiero, che vi ricordo, artefice di tante altre esperienze e situazioni musicali interessanti, in solo, in duo, in trio, come fondatore degli Odwalla, nei Marmaduke, con Daniele di Bonaventura, e tanti altri grandi musicisti.

Il mio intento, più che di entrare nel dettaglio dell' intelaiatura sonora di questo eccellente cd, dove Massimo Barbiero, Maurizio Brunod, Giovanni Maier e Alberto Mandarini si confermano tra i migliori musicisti che l' Italia possa al momento offrire al mondo, resta quello di invitarvi all' approfondimento e alla conoscenza diretta  di tutto il loro percorso artistico, musicale e umano.  A breve sarà finalmente disponibile un supporto cartaceo " Il suono ruvido dell' innocenza", un tomo enciclopedico ed esaustivo scritto da Davide Ielmini, certosino per quel che concerne tutta la filosofia del suono e del pensiero filosofico Enten Eller, mutuato dall'opera " Aut Aut " di Soren Kierkegaard.  Soren è un filosofo danese illuminato di grazia propria, esattamente come Minotaurus e tante altre storie e gesta sonore, oppure se preferite, performance visuali e danzanti : Enten Eller è sopratutto una dimensione completa della musica, che non esclude assolutamente l' arte, la cultura, la politica, la filosofia, la spiritualità, 
l'umanesimo, e l'universalità di ogni disciplina manifestata come atto trascendentale della creatività. 




ODWALLA PERCUSSION
Pubblicato il 8 giu 2018


Minotaurus / Enten Eller - Clip  Progetto per quattro musicisti e quattro danzatori. La performance al Museo Garda, Ivrea, 17-03- 2018 - Open Jazz  Festival.


TESEO
danza:
Tommaso Serratore
chitarre: 
Maurizio Brunod

MINOTAURO

danza: 
Roberta Tirassa
percussioni: 
Massimo Barbiero

MINOSSE

danza: 
Sara Peters
tromba: 
Alberto Mandarini

ARIANNA

danza:
Giulia Ceolin
contrabbasso:
Giovanni Maier

Riprese video: 

Valentina Corrado

Montaggio video:

Valentina Corrado 
Rodolfo Colombara





venerdì 22 marzo 2019

Mataro da Vergato, cetaredo, cantore e pittore digitale, artista e performer multimediale.


[ - Mataro da Vergato, cetaredo, cantore e pittore digitale, artista e performer multimediale - ]

Introduzione al servizio, Mataro da Vergato. • a l t re c o n n e s s i o n i • Radio Città Fujiko ( aka Radiocittà Fujiko)

Mataro da Vergato è un artista di Bologna che ho conosciuto attraverso un interessante contenitore radiofonico impegnato nel promuovere 
l'arte dell'odierno panorama culturale post moderno, sto parlando di • a l t r e c o n n e s s i o n i • in onda in diretta streaming presso le frequenze di Radio Città Fujiko ( a volte Radiocittà Fujiko) nata nel lontano 1976 per merito dei fermenti della sinistra universitaria più libertaria, e per iniziativa di un gruppo di giornalisti bolognesi provenienti dalla redazione di un quotidiano locale, "Il Foglio" diretto da Luigi Pezzadri.   
Questa fascia radiofonica di circa un' ora, ogni lunedì si occupa di raccontare di tante situazioni e realtà artistico culturali che animano Bologna e dintorni, ed è strutturata a conduzioni aperte, come nel caso di " RadioKinodromo ", quando si affianca all' associazione Kinodromo, impegnata nella diffusione del cinema indipendente, i documentari, i cortometraggi e i Low budget.  
In • a l t r e c o n n e s s i o n i • le tematiche trattate vanno dalla musica al teatro, al viaggio, alla moda, fino alle realtà del web, come il mondo dei Social Network e dei Blogger.  

A questo piccolo ma interessante contenitore della radiofonia alternativa e universitaria, che si muove lontano dalle lusinghe commerciali del maistream, io devo un passaggio telefonico in diretta radio che mi ha permesso di parlare di cinema e musica, e letteratura, nel raccontare la figura di un musicista come Gato Barbieri in relazione con la nostra Italia, Bernardo Bertolucci e P.P. Pasolini, e di conseguenza ho avuto la possibilità di promuovere My Ideal Blog : global artistic fusion 2.0, ma sopratutto di sopperire ad alcune mie lacune di formazione con l' acquisizione di un background culturale moderno di cui ignoravo l' esistenza, tra cui l' artista di cui mi sto per occupare. 
Ricambio dunque la cortesia.

  Mataro da Vergato, cetaredo, cantore e pittore digitale, artista e performer multimediale 


  

Ho memoria e interesse per Mataro da Vergato relativamente da poco tempo, più o meno da circa due anni, entrando nel merito sono rimasto indubbiamente colpito per la completezza della sua proposta in quanto musicista, performer e videoperformer, attore di teatro, danzatore, coreografo ma sopratutto per il lavoro da lui svolto come Digital Painter, il cui immaginario rispecchia una tipologia di sensibilità che sento affine, e consiste nel partire dalla tradizione, e quindi dalle proprie radici culturali, per fare un discorso di innovazione fra il sacro e il profano,  trasmutato in una sorte di dissacrante "gnosi " artistico culturale e sincretica.  Nel compiere tale rivoluzione artistica, Mataro è in grado di utilizzare strumenti ancora vergini e di conseguenza inesplorati, come lo sono le nuove tecnologie digitali e lo stesso web, il tutto senza scadere nel sensazionalismo fine a se stesso e nella spersonalizzazione del background, acquisito attraverso lo studio e la pratica. 


In Mataro da Vergato percepisco la cultura greco-latina, cristiana, rinascimentale, illuminista, modernista, grosso modo tutto il DNA tipicamente Mediterraneo della nostra Italia, rivisto però attraverso un neoclassicismo ( Pop) d' avanguardia; volendo definire la sua mano, l' artista ha un approccio sicuramente trasversale, almeno nell' ambito delle arti contemporanee post moderne. 

La proposta di Mataro da Vergato è convincente, è radicata in questo nostro tempo presente, pur nell' attingere a piene mani dal passato.  La pittura digitale che da tempo propone non frana in un eccesso di radicalità neo modernista, ma non si fa nemmeno oscurare dalle briglia del conservatorismo accademico più prossimo al passatismo filo anacronistico ; oggi è raro incontrare un discorso come il suo. 

Nel raccontare questa storia voglio cercare di aprirmi a tutta la pluralità delle arti che l' artista bolognese ha studiato, rinnovato e promosso, che vi ricordo, includono la danza, la musica, il teatro, e la ricerca multimediale. Non solo Digital Painter ma anche cetaredo, ovvero il suonatore della cetra e della lira classica, di cui oltre a essere un professionale conoscitore, è anche un ottimo esecutore; basterebbe seguirlo nelle sue suggestive performance accompagnate dai canti evocativi, che ne rivelano il senso del teatro e della tragedia antica.  



Che dire? Quest'ultimo aspetto andrebbe sondato attraverso una fruizione diretta dello spettacolo live, dove l' elemento antico e popolare incontra il linguaggio della trasposizione moderna, attraverso la scenografia, la fotografia, 
l'assemblaggio delle luci nei teatri, come nelle gallerie d' arte, oppure tramite le installazioni e altre situazioni perfomative eterogenee nel contesto dell' arte contemporanea nazionale e internazionale, 2.0

  Mataro da Vergato, cetaredo, cantore e pittore digitale, artista e performer multimediale 



Stefano Armati si avvia al mondo della creatività artistica, diplomandosi all'Istituto d' Arte e successivamente frequentando l'Accademia delle belle Arti di Bologna, mentre il curioso nome Mataro da Vergato resta un collegamento con le proprie radici familiari, perché gli viene conferito dal nonno paterno, anche per un tributo al paese natio. L'incontro con il mondo  del Computer però avviene dopo aver vissuto un periodo di formazione in quel di New York,  come conseguenza di un fruttifero periodo di performer artistico internazionale; siamo nel 1990, e già il suo nome si è consolidato ma la gavetta richiede ancora un lungo tempo di attesa, e di studio : la rivoluzione digitale è dietro l' angolo. 

Mataro da Vergato inizia ha studiare 
l'interconnessione tra la fotografia e tutte le risorse grafiche offerte dal computer, e  questo periodo è riconosciuto nella biografia come la fase " grafico digitale " ( 1990, 1996) a cui fa seguito la sua concreta evoluzione artistica, la fase della " pittura digitale ", sviluppatasi dal 1996 fino al nuovo millennio, per giungere ad oggi, era e anno corrente 2019.

In un estratto estrapolato dalla pagina Facebook, Mataro da Vergato - Digital Painter , la pittura digitale di Stefano Armati viene riassunta e sintetizzata in maniera più tosta chiara ed esaustiva : 

 " La Pittura Digitale nasce come termine e come definizione dalla poetica artistica e di ricerca svolta dal 1992 da Mataro da Vergato. Tale ricerca ha portato a trovare, attraverso l'uso dei nuovi mezzi tecnologici, quella stessa fascinazione artistica che la pittura classica otteneva attraverso il disegno e/o la tavolozza dei colori. Mataro ha sostituito il gesto romantico del segno grafico, come documentazione della realtà ottenuto con lo scatto fotografico, unendolo all'infinita gamma di colori e di possibilità creative del computer. L'equazione quindi è: la foto sta al disegno come il computer sta alla tavolozza dei colori. Il risultato, che l'artista ne ricava, può ricordare nella forma la pittura classica ma nel contenuto la sua opera è priva di materia fisica perché fatte di pixels e di sequenze numeriche. "


Mataro da Vergato ha continuato anche a svolgere il dipinto su tela, per commissione, nel contempo si è ritagliato degli spazi culturali di prestigio per dei ruoli di insegnamento e workshop sul canto, la danza, la regia, la recitazione ; ha lavorato nel teatro ( Giulietta e Romeo, La fabula di Bacco, Lago dei cigni, L' Iliade di Omero, Amleto ecc ecc) ed è apparso anche in televisione, per la Rai, in " Tutto il mondo è teatro " di Vittorio Gasman, Il Commissario Sarti di V. Questi, ma anche nel film di Alessandro Benvenuti, " I miei più cari amici ".  


Numerose sono le performance a cui Mataro ha preso parte a cavallo della fine degli anni settanta e per tutto il corso degli anni ottanta,  e che poi, complessivamente sono rimaste negli annali della neo avanguardia artistica bolognese : Improvvisations, Ciakra, Callas in Disco ( Bologna 1977/80) Il Sonnambulo Meraviglioso,  Contemporanea, Biennale d' Arte di Bologna, nel 1986, l'Orfeo da Poliziano, Giardini del Guasto, Bologna 1986. 

Tra le tante iniziative va menzionata la proficua collaborazione con la poetessa Patrizia Vacinelli, attraverso una serie di performance portate in scena nei teatri, e nei circuiti alternativi nazionali nel corso della seconda metà degli anni ottanta : Ca + Ca : poema sonoro in due giorni, Teatro dell' Arte di Milano, 1987; Musiké : Danzatori, Teatro Trianon, Roma, 1987; Il Fido Giardiniere, Villa Medici, Pratolino ( Fi), 1987; Piazza Verdi , Bussetto ( Pr) 1988; Poesie Danzate, Piazza Margana, Roma, 1989.



Ritornando nel mondo della pittura digitale ciò che io trovo interessante sottolineare è sicuramente l' aspetto dissacrante che permea tra il sacro e il profano, sia nella sua rappresentazione più trasgressiva che in quella paradossale; una metamorfosi culturale che avviene nel rileggere il classicismo della tradizione in una lente sperimentale di antiaccademia creativa, come nel caso dell' esaltazione di certi significati  "gnostici"  traslati in alcune trasposizioni post moderne delle raffigurazioni del vecchio e del nuovo testamento nella serie " L' altro Adamo " e " L' altra Eva" ma anche le figure di Salomé, il Giovan Battista, la Maddalena, la Madonna e il Cristo. La pittura digitale di questo artista gode di una fascinazione concettuale di indubbia pregnanza erotica, e nel contempo eretico - dissacratoria, come lo è stato il processo di " sacralizzazione " del sesso che è avvenuto a cavallo di due mostre portate in esposizione presso lo Spazio Testoni - Galleria d' Arte Contemporanea di Bologna : " Holy Eros " del 2008 e  " Royal Eros " nel 2018.


“Composto da venticinque opere realizzate con la tecnica della pittura digitale, questo progetto ha richiesto tempi di elaborazione molto lunghi – dal 2008 al 2018 – e il recupero di una meticolosa artigianalità in dialogo con l’innovazione della tecnica. Con Royal Eros Mataro da Vergato prosegue la sua ricerca sul corpo inteso come scultura, come architettura, come Arte. Dopo la sua “sacralizzazione” in Holy Eros, in questa mostra il corpo-performativo, catturato dalla fotografia per rientrare all'interno dello spazio bidimensionale del quadro, è nuovamente utilizzato come elemento costruttivo: un bio-tassello dal naturalismo analitico ad altissima definizione, reiterato per creare motivi geometrici e decorativi, che compongono gioielli preziosi dalla grande forza icastica e di straordinaria qualità…”   Isabella Falbo (dal testo in catalogo Royal Eros)

Tuttavia l' opera di pittore digitale di Mataro da Vergato non si può chiaramente ridurre e circoscrivere in un unico solco monotematico ed espressivo, perché il background dell' artista è molto ricco, ed è palese che io mi stia concentrando sull'aspetto che di più mi ha attratto. Basterebbe un accurata e attenta indagine dell' opera omnia per trovare tantissimi riferimenti e temi di carattere " ludico ", tra cui l' omosessualità e la transessualità, dove è la giocondità dell' erotismo il fulcro del dipinto digitale, ma anche le tante modelle con la cetra e la lira, una visione che nell'insieme va a riassumere tutto il percorso dell' artista : la performance, la poesia, il teatro, la danza, la musica, la fotografia, la pittura su tela. 

Mataro da Vergato ha esposto le sue opere in ambiti e contesti nazionali e internazionali; possiamo menzionare la Biennale Internazionale d' Arte di Venezia, nel 2011, e il Leslie Lohman Museum di New York, dl 2012. 


Non si contano le prestigiose collaborazioni

conseguite con successo  in ogni ambito artistico, di alcune ne ho già fatto menzione,  e visto che lo spazio che ho a disposizione è per sua natura riduttivo, non mi è possibile un ulteriore approfondimento certosino e completo, mi limito dunque a menzionare il lavoro condiviso con alcuni artisti, o curatori  d' arte, tra i quali Enrico Baji, Luigi Ontani, Nino Migliori, Peter Weiermair, Vittorio Sgarbi e Philippe Daverio


My Ideal Blog : global artistic fusion 2.0, attraverso la mia scrittura, si è limitata a raccontare solo una parte di questa storia, soffermandosi su di alcune suggestioni, più tosto che su di altre, aiutandosi anche con i siti ufficiali del maestro Mataro da Vergato, e della galleria d' arte contemporanea Spazio Testoni di Bologna.  

Questo special nasce per il neofita, ed è stato scritto e pensato esattamente da un neofita con il piacevole " vizio " della curiosità. L' approccio che mi sono posto verso l' arte del maestro è di massima umiltà. Il mio intento è stato di rendere condivisibile ai più una piccola parte di un indagine privata. Indagare la bellezza, condividendola con gli animi più sensibili e ricettivi nei confronti dell' arte, e della cultura.

Il mio consiglio è di approfondire in presa diretta, cercando di vivere di prima persona l' affascinante e meraviglioso mondo dell' arte del maestro Mataro da Vergato.

 ( Patrizio De Santis













Storie di Jazz e dintorni presenta: Alessio Obino - Un ritratto di donna in Jazz dalle radici all'afrofuturismo.

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